Vita da enotecaro. Vendere vino in una delle capitali enologiche d’Italia: missione quasi impossibile

inserito il 17 Febbraio 2010

Che cosa vuole dire gestire un’enoteca  nel centro di una delle capitali italiane del vino? Lo abbiamo chiesto a Mario Boero, enotecaro ad Asti.Sembra impossibile, ma vendere vino ad Asti, patria di Alfieri, Paolo Conte. Giorgio Faletti, del Palio ippico più vecchio d’Italia e anche sede di consorzi enologici (Asti, Moscato e Barbera) e blasonate manifestazioni dedicate a Bacco, Douja d’Or in testa, non è facile come sembra.

Racconta a Sdp Mario Boero, al timone dell’omonima enoteca fondata nel 1949 dal padre: «Oggi tutti si sentono intenditori di vino. La supponenza di sapere tutto, di conoscere tutto, che basti seguire qualche trasmissione tv o alla radio per diventare esperti di una cosa tanto complessa come il vino, ha trasformato l’approccio all’enologia, soprattutto da parte delle nuove generazioni che preferiscono aggirarsi tra gli scaffali della grande distribuzione, affrontare ambienti spersonalizzati, piuttosto che confrontarsi con chi opera da anni nel settore. D’altra parte è più facile e comodo così».

Boero è un fiume in piena. Dopo tanti anni di battaglie enologiche, dalla sua enoteca di piazza Astesano, ha un luogo ideale di osservazione sul mercato del vino della città che dà il nome allo spumante dolce italiano più venduto al mondo, l’Asti Spumante.

Dice: «Oggi lavorare in enoteca è diventato molto difficile. Gli enti pubblici non seguono le imprese, ci sono scarse idee e progetti, spesso i flussi turistici sono incanalati in direzioni preconfenzionate e, come non bastasse, le infrastrutture di un territorio periferico, com’è quello astigiano, non aiuta. Ma sapete voi di Sdp quanti turisti arrivano nella mia enoteca nel cuore di Asti e poi mi chiedono dove sono le vigne di moscato o barbera? Vagli a spiegare che bisogna andare a Canelli o Nizza Monferrato che sono ad una trentina di chilometri più a Sud».

E gli affari? «Non si sciala – ammette -. C’è la crisi e la gente tende a non spendere. Anche il mercato del vino ne risente. Ormai sono quasi crollate le vendite del vino quotidiano, delle casse destinate al consumo giornaliero. Oggi si va in enoteca per acquistare la bottiglia pregiata, quella da regalare. Siamo diventati una sorta di boutique dove, però, si va sono per occasioni particolari. Logico che gli affari ne risentano»

Vita dura, quindi quella dell’enotecaro, stretto tra colossi del gusto che ormai hanno portato la cultura della buona tavola a dimensioni di supermercato mutuando le stesse logiche di marketing e commerciali privilegiando etichette di scuderia, e una progressiva omologazione che porta il consumatore a confondere grandi multinazionali del fast food con baluardi della tipicità italiana.

Come la discussa operazione Mac Italy, il panino Mc Donald’s farcito da prodotto italiani che ha ottenuto il patrocinio gratuito del Ministro delle Politiche agricole, ma anche le feroci critiche.

Però Boero qualche suggerimento ce l’ha: «Parlo per Asti, naturalmente – avverte -. Qui manca il collegamento tra città e vino, tra cultura urbana, artistica. storica e civiltà enoica. Abbiamo tante bellissime piazze, come in altre città piemontesi, perché non allestire eventi vinicoli i queste piazze? Perché continuare a gettizzare il vino in palazzi con alti muri che tengono lontana la gente? Ecco, quello che non mi va giù è l’assordante bla bla che si fa attorno al vino e la scarsità di idee e di progetti concreti. Non le grandi iniziative, quelle che costano centinaia di migliaia di euro, si badi bene, ma anche quelle piccole, direi quotidiane, magari da portare avanti in collaborazione tra enti pubblici e operatori del settore. Se non si farà così il futuro sarà un unico grande scaffale dove si potrà acquistare il vino che altri hanno scelto per noi».

Sdp

2 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 19 Febbraio 2010 at 15:16 -

    Quello che dici, caro Gily, è tristemente vero. Ci sono stati imprenditori abili che hanno saputo coinvolgere i sonnolenti enti pubblici piemontesi. Di solito gente con un pacco di soldi. Uno di questi è piccolo di statura, più o meno calvo, con un enorme ego, è schierato in politica e dice e fa scrivere che lui è alto, bello e ha sempre ragione (e non è il Berlusca!). Questione di potere contrattuale, credo (spero).

  2. maurizio 19 Febbraio 2010 at 14:38 -

    Boero ha ragione sulle piccole iniziative. Ci sono due poblemi: primo che per fare delle inziative ci vuole qualcuno che abbia iniziativa e in Piemonte oggi l’articolo scarseggia; secondo, che in genere le piccole inziative non interessano i grandi sponsor pubblici perché costano troppo poco. A buon intenditor…

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