La Barbera piemontese si rinnova. Ancora. Dopo le sottozone (quelli del Barolo, più elegantemente, le chiamano “menzioni”) tra cui il Nizza che sta veleggiando verso una propria denominazione, ecco il progetto di rilancio della doc Piemonte Barbera proposto da Cia (coltivatori), Consorzio di Tutela e dalla cantina sociale di Vinchio & Vaglio, enopolio astigiano tra i più attivi nel panorama della regione.
Ma perché c’è l’esigenza di rilanciare il Piemonte Barbera? Lo hanno spiegato bene Filippo Mobrici, presidente del Consorzio, e Lorenzo Giordano, al timone della cantina che ospito il progetto. «Il Piemonte sta perdendo vigne di barbera. La superficie coltivata nell’Astigiano è diminuita negli ultimi dieci anni: dai 18 mila ettari a 15 mila, a scapito soprattutto della Barbera» ha detto Mobrici. Giordano, da parte sua, ha annunciato per marzo 2016 l’immissione sul mercato di circa 15 mila bottiglie di un rinnovato Piemonte Barbera. «Un rosso giovane, semplice, fresco, fruttato e per i giovani» lo ha definito l’enologo Giuliano Noè, che ha ideato il progetto di rilancio, realizzato in collaborazione con la Cia di Asti (presidente Alessandro Durando). Ha aggiunto Mobrici: «Il fatto che più della metà del quantitativo di uve che sono rivendicate a Barbera d’Asti siano, in un secondo tempo, declassate a Piemonte Barbera, è una cosa che dobbiamo fare in modo non si ripeta con la frequenza e i volumi di oggi. Parlo di milioni di bottiglie che cambiano tipologia».
Tra i relatori anche il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, astigiano anche lui e vignaiolo che ha richiamato tutti all’esigenza di rompere i monopoli del vino e affrontare le sfide dei mercati con promozione e valorizzazione delle proprie eno-eccellenze. Durando ha segnalato l’esigenza di una nuova immagine anche in considerazione del reddito agricolo che ne deriva. «Per questo – ha annunciato Giordano – noi della cantina di Vinchio & Vaglio abbiamo garantito lo stesso reddito a chi produce uve atte a Barbera d’Asti o a Piemonte Barbera».
Lo scopo, dunque, del progetto, è di garantire una migliore e più riconoscibile identità alla denominazione Piemonte Barbera, favorendo quel collegamento prezioso e strategico tra territorio, vitigno e vino. Il Piemonte Barbera “rinnovato” al centro dell’iniziativa firmata da Cia, Consorzio e Vinchio&Vaglio ha l’ambizione di essere interpretato come un vino di pronta beva, semplice, di uso quotidiano, in grado di essere compreso da tutti i consumatore, anche da coloro che si accostano sporadicamente al mondo del vino. Insomma un vino che vuole diventare una sorta di prêt-à-boire (pronto da bere) dell’enologia piemontese. «Come era una volta, tra gli anni Sessanta e Settanta – ha ricordato l’enologo Giuliano Noè – quando per le famiglie italiane il vino sulla tavola era una presenza quotidiana». Con consumi lontano da abusi e visioni distorte del vino, come hanno ricordato Massim Fiorio, parlamentare astigiano vicepresidente della Commissione agricoltura della Camera tra i firmatari di molte iniziative pro vino italiano; e Giulio Porzio, presidente della Vignaioli Piemontesi, la grande e potente associazione di Cantine sociali e vignaioli. Ora la domanda sorge spontanea: riuscirà il rinnovato Piemonte Barbera a risollevare le sorti del vino rosso piemontese più conosciuto al mondo, ma nello stesso tempo più imitato e commercialmente strattonato nonostante i proclami di chi sostiene sia venduto anche a 3 euro la bottiglia (ma ci sono anche bottiglie a 1,5 euro)? C’è da augurarselo, magari con un po’ di ottimismo e senza i soliti mugugni alla piemontese come sembrano sottolineare le interviste di SdP proprio a Mobrici e Fiorio il quale tra le altre cose annuncia il progetto parlamentare di far diventare i vigneti italiani patrimonio nazionale. Incredibile! Noi pensavamo lo fossero già.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Le interviste