Vino e leggi. In Italia controlli zelanti fino all’assurdo. In Francia stretta fiscale e “salutista”. E se i vignerons scendessero in piazza?

inserito il 28 Settembre 2013
franncesi incazzati 2

(dal sito: http://www.cequivavraimentsaoulerlesfrancais.fr/)

I due paesi più vinicoli del mondo alle prese con pratiche auto-masochistiche che rischiano di deprimere il mercato del vino. È quanto emerge dalle voci e delle proteste che già si stanno facendo sentire dentro e fuori dal web.

Cominciamo dai cugini d’Oltralpe. Alcuni siti e giornali francesi hanno dato la notizia di disposizioni anti-vino che sarebbero al vaglio del Governo Holland. Più tasse, annunci salutisti da stampare in etichetta (del tipo: “bere alcol nuoce alla salute”) e divieto (e se fosse vero questa sarebbe la più assurda)  di scrivere di vino sui socialnetwork e sui media. Roma da eno-oscurantismo.

Come si può immaginare, conoscendo lo spirito tutt’altro che supino dei vignerons francesi, la rivolta è già scattata. I media ne stanno già dando conto riportando attacchi diretti e “a muso duro” verso il Governo e lo stesso presidente Holland. Leggete qui, qui e qui. I toni sono forti, addirittura aspri.

E in Italia? Qui accade di peggio. Nel senso che da tempo i Governi che si sono succeduti alla guida del Paese spesso, per far quadrare conti che non quadrano mai, non trova di meglio da fare che tassare i consumi, vino compreso. Il tema è attuale. In questi giorni si parla di un ulteriore aumento dell’Iva di un punto, da 21 a 22%. «L’effetto – dice sconsolato a SdP un produttore vinicolo astigiano – è facilmente prevedibile: aumento del prezzo delle bottiglie e diminuzione delle vendite». Un bel colpo per il sistema Italia che, secondo qualche ottimista al Governo dovrebbe trovare nuova linfa per un rilancio che non arriva mai.

Ma non è finita. Come non bastasse in questo periodo di vendemmia i controlli di vari enti pubblici (chi produce vino in Italia ha più di 23 organismi di controllo, in Francia sembra siano 3) si sono intensificati e le storie riferite a SdP da vignaioli e produttori di vino raccontano di verifiche che sanno un po’ di vessazione.

La prima vicenda è la più lieve. Colline attorno a Canelli. Primo giorno di vendemmia del moscato. In un’azienda vinicola 8 operai vendemmiatori entrano nei filari. Ma sono bloccati da ispettori che devono controllare se sono tutti assunti regolarmente. Ci mettono tre ore. E nel frattempo nessuno può lavorare. Risulta tutto regolare, ma mezza giornata è stata persa. Chi la pagherà? Il titolare dell’azienda, ovviamente.

Le altre vicende sono di ordinaria follia burocratica. Un produttore di vino biologico indica in tre etichette il suo vino come “naturale”. Ma la legge lo vieta. Cioè vieta di dire che un prodotto spremuto dall’uva è naturale, perché potrebbe ingenerare confusione. Mah. Risultato multa di 4 mila (quattromila!) euro ad etichetta.

Ma, secondo voci che SdP non ha potuto controllare, c’è anche chi sarebbe stato multato per avere indicato sul suo sito Internet o in etichetta il luogo dove ha vigne di proprietà. Un produttore dell’Albese avrebbe indicato vigne di dolcetto in quel di Barolo, l’altro, astigiano, avrebbe posto la dicitura Piemonte come luogo dove ha vigneti. Ebbene, sia in un caso che nell’altro, gli ispettori avrebbero contestato le indicazioni geografiche in quanto denominazioni di vini. E alla domanda: «Come indico Barolo?» avrebbero risposto «un paese del Nord Ovest», mentre invece di Piemonte, sempre secondo gli eno-burocrati, si sarebbe dovuto scrivere “una regione tra Val d’Aosta e Liguria”. Insomma se tutto questo risultasse vero saremmo davvero al delirio.

E non è solo il Piemonte ha subire l’operato degli ispettori ultra-zelanti. Il quotidiano L’Adige riferisce di una vera retata tra i filari compiuta dall’Inps in piena vendemmia. Leggete qui.

Epperò gli italiani non sono i francesi. Questi ultimi non solo hanno criticato l’operato anti-vino del Governo Hallande, ma hanno minacciato manifestazioni di piazza e promosso una petizione per presentare  un disegno di legge che metta d’accordo le esigenze salutiste con quelle della filiera vinicola senza danneggiare quella che viene definita la seconda voce economica di Francia.

In Italia, invece, tutto tace. Tranne qualche agro-sindacalista che alza la voce in perfetta solitudine, la massa silente tende a subire supina qualsiasi vessazione. Ma fino a quando?

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

 

 

 

 

7 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. Attilio Borroni 1 Ottobre 2013 at 11:53 -

    La prima frase è ancora sbagliata. La riscrivo di nuovo: Sono d’accordo che ci sono Paesi dove sul vino si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto. Tra questi però c’è anche il nostro.

  2. Attilio Borroni 1 Ottobre 2013 at 11:51 -

    La prima frase è sbagliata. La riscrivo: Sono d’accordo che ci sono sono Paesi dove sul vino si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto. Tra questi però c’è anche il nostro.

  3. Attilio Borroni 1 Ottobre 2013 at 11:50 -

    Sono d’accordo dove sono Paesi dove sul vino si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto. Tra questi però c’è anche il nostro.
    Cito un caso molto recente.
    Lo scorso luglio il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin si è appellata al Commissario europeo per la Salute, Tonio Borg, contro l’etichettatura a semaforo introdotta dagli inglesi.
    Il sistema inglese, che pretende di classificare gli alimenti in base alle quantità contenute di grassi saturi, zuccheri e sale, rischia di mettere in cattiva luce e discriminare gli alimenti tipici della nostra tradizione. Primi fra tutti i formaggi.
    Il sistema di codici cromatici è inaccettabile non solo per questioni di merito, ha sottolineato la Lorenzin, ma anche perché è chiaramente in contrasto con la disciplina europea sulle etichette alimentari.
    Ma si può invocare il rispetto delle regole e nello stesso tempo tollerare, senza che alcun organo dello Stato intervenga, che Oscar Farinetti faccia pubblicità su molto quotidiani al cosiddetto vino “libero”, quando è noto che in Europa non è consentito il commercio di vino che presenti aggettivi – nelle confezioni, negli imballaggi o nelle etichette – riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati?
    Soltanto l’Unione europea, non un singolo o un gruppo di produttori, può stabilire quali indicazioni e designazioni possono essere riportate in etichetta e fissare le regole riguardanti l’etichettatura dei vini, ma gli Italiani prima hanno inventato il vino “naturale” ed ora il vino “libero”, autodisciplinati e non collegati ad alcun sistema di certficazione.
    Ce la prendiamo tanto con il danno al fatturato del made in Italy agroalimentare causato dai cosiddetti cibi Italian sounding, ma il vino “libero” non è forse “biosounding” ?
    Non ho nessuna simpatia per i vini biologici, ma almeno i produttori di vino biologico si sono preoccupati di ottenere l’”autorizzazione” da parte della Ue

  4. filippo 1 Ottobre 2013 at 09:46 -

    hai ragione, Attilio, ma il concetto di “punirne uno per educarne cento” non mi trova d’accordo… diamoci regole ferree ma logiche e ragionevoli… sinceramente multare un tizio perché ha scritto Barbera un millimetro di troppo (è successo) non è essere troppo fiscali è fare una cagata pazzesca senza considerare il danno che si fa ad una intera filiera… se poi, a proposito di produttori che racconta balle, ci mettiamo il fatto che ci sono Paesi dove sul vino si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto (Usa in prima fila… con i loro Californian Champagne) beh, allora si capisce perché italiani e francesi ne hanno le scatole piene di lacci e lacciuoli assurdi…

  5. Attilio Borroni 1 Ottobre 2013 at 09:10 -

    La burocrazia è eccessiva. Gli enti che controllano sono troppi, ma la normativa sulle etichette è chiara. Basta informarsi e rispettarla, I controllori spesso sono troppo fiscali, ma talvolta anche i produttori contano delle …balle.

  6. filippo 1 Ottobre 2013 at 07:43 -

    Il nostro post non era anti-regole o anti-controlli… ci mancherebbe. Le regole vanno rispettate, anche quelle più assurde. Come quella del produttore vinicolo astigiano multato di 4 mila euro perché in etichetta ha scritto Piemonte Dolcetto invece di Dolcetto Piemonte (o viceversa?)… riesce difficile comprendere di quale frode si è macchiato. Tuttavia 23 (ventitré!) livelli di controlli per chi produce vino in Italia appaiono davvero troppi. La questione del vino naturale, Ue permettendo, sembra davvero davvero di lana caprina… poi di furbetti ce ne sono ovunque, anche nel giornalismo. Detto questo il fatto che in Italia si faccia di tutto per deprimere imprese e consumi, anche attraverso una burocrazia che è autoreferenziale e che incide per oltre il 35% dei costi di produzione di settori strategici com’è quello del vino, beh grida vendetta. E il fatto che il nostro Governo, o quello che ne rimane oggi, non sia in grado di difendere e tutelare queste imprese, spesso in balìa di burocrati ottusi, è una vergogna. Punto.

  7. Attilio Borroni 30 Settembre 2013 at 21:39 -

    Un vino potrà essere messo in commercio con la dizione “naturale” solo se e quando la Unione Europea ne definirà in modo preciso i limiti e le caratteristiche e lo collegherà a sistemi di certificazione, così come è avvenuto per il vino “biologico”.

    E’ infatti l’Unione europea che fissa le regole comuni riguardanti l’etichettatura dei vini e stabilisce quali indicazioni e designazioni possono essere riportate in etichetta.

    Piaccia o non piaccia, se si vuole stare in Europa, le regole vanno rispettate . Si può chiedere o addirittura pretendere che vengano cambiate, ma non si possono disattendere. Altrimenti andiamocene dall’Europa.

    E’ inoltre interesse degli stessi produttori che ci siano delle regole precise. L’attenzione nei confronti dei vini naturali, negli ultimi tempi, ha fatto sì che molti produttori improvvisati siano saltati sul carro del vincitore, sfruttando il momento, ma producendo vini difettosi, per non dire imbevibili.

    .

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