La vendemmia 2010 in Piemonte sarà a cinque stelle e anche se tra i filari serpeggia la crisi bisogna evitare il terrorismo e fare buon viso a cattivo gioco. Parola di Coldiretti Piemonte.Sembra essere questo il senso della nota diffusa dalla sezione regionale del più grande sindacato rurale italiano, dopo l’editoriale pubblicato da Sdp, in vista della imminente raccolta delle uve. Titolo eloquente: Vendemmia 2010: eccellente, ma occorre un forte progetto economico.
Eh già, perché Coldiretti informa che, sulla base delle rilevazioni dei suoi tecnici, quest’anno l’annata sarà «sicuramente a cinque stelle con qualità delle uve elevata e stagione ottima sia per le temperature diurne che per quelle notturne, «consentendo una maturazione eccezionale dei grappoli». Ma avverte anche che «dal lato economico qualche apprensione la si raccoglie tra i produttori».
Ma và?! È da mesi che, nel settore del Moscato e della Barbera, i due vini più strategici per l’economia enologica piemontese, viticoltori e industrie si stanno scagliando a vicenda anatemi e maledizioni.
Ebbene ora Coldiretti ne prende coscienza (meglio tardi… ecc. ecc..) e dichiara: «Alcune realtà hanno in questi giorni evidenziato eccedenze, mentre altri soggetti hanno ipotizzato azioni dimostrative che Coldiretti ritiene, in questa fase, eccessive rispetto alla situazione reale di mercato».
Affermazione che sembra una critica diretta a cantine sociali e consorzi che giorni fa hanno firmato una lettera aperta contro i politici piemontesi del centrodestra, ritenuti colpevoli di non aver agito in soccorso del settore dei vini rossi, Barbera in testa.
E infatti Coldiretti Piemonte, a pochi gironi dalla manifestazione annunciata per il 2 settembre ad Asti, dichiara «pur riscontrando, in alcune province della nostra regione, situazioni molto delicate, occorre evitare di incrementare ulteriormente allarmismi e forme di terrorismo psicologico che potrebbero penalizzare i produttori che hanno lavorato bene e intendono continuare a produrre vini di grande qualità».
Tradotto: «ragazzi state attenti che si tira troppo la corda ci rimane in mano il cerino».
Del resto indiscrezioni parlano di una solenne arrabbiatura del Governatore Cota il quale non avrebbe gradito, a pochi mesi dalla sua elezione, di essere stato preso di mira, insieme a parlamentari di Lega e Pdl, da un settore “amico” come quello dei viticoltori
E allora il più grande sindacato rurale avverte che: «Al settore serve un progetto vero che contenga strategie di mercato che partano dalla vigna per arrivare fino al consumatore, passando per il tramite della cantina di trasformazione. Se è vero che qualche pesantezza di mercato è reale, occorre evitare il crollo psicologico del quale si avvantaggiano soprattutto gli speculatori».
A questo punto, però, uno vorrebbe sapere che fine ha fatto il progetto da 40 milioni di euro (17 già spesi) per il rilancio dell’Asti; e se ci sono stati risultati dopo la minicampagna da 400 mila euro riservata alla Barbera d’Asti docg.
Ma in Italia un tavolo di discussione, un’unità di crisi non si nega a nessuno. e così Coldiretti Piemonte si dichiara disponibile a «costituire al più presto una proposta operativa e progettuale per il settore, aperta a tutti gli operatori che credono come noi nel futuro del vitivinicolo piemontese». Affermazioni attribuite a Maurizio Soave, dirigente con delega al settore da parte del presidente Paolo Rovellotti, e Bruno Rivarossa, direttore di Coldiretti Piemonte. I quali concludono la nota ricordando i successi dei vini piemontesi in Italia e nel mondo.
Che dire? Coldiretti Piemonte prova a fare il pompiere e tenta di spegnere le fiamme che potrebbero divampare il 2 settembre, magari contagiando anche altri settori agricoli piemontesi, come il riso e il grano, la carne o il latte.
Del resto troppe promesse andate a vuoto, troppe risorse buttate via. Il mondo del vino piemontese, ad esempio, ha bisogno di una rifondazione drastica. Ha bisogno di uomini che lavorino in questo senso, privilegiando non solo una comunicazione mirata e unitaria, magri con testimonial del territorio, ma anche una presa di coscienza che riporti l’orgoglio di essere produttori di vino in Piemonte.
È una strada difficile, lunga e impopolare che fino ad oggi nessuno, meno che meno i politici, intende percorrere.
Filippo Larganà (Filippo.largana@libero.it)