Ad un giorno dal Vinitaly delle crisi italiane (economica e politica) il mondo del vino piemontese sembra non rinnovarsi e andare verso l’involuzione. E i “migliori” sono sempre gli stessi. Senza novità. Qualche esempio? Luca Gardini ha quasi 32 anni, li compirà a settembre, tempo di vendemmia. È un sommelier famoso che per l’ultima edizione del settimanale Panorama, quella del 3 aprile, si è esibito in uno sport pericolosissimo: stilare una classifica dei 100 migliori vini al mondo.

Nella sua introduzione ha spiegato che la sua classifica serve a scoprire il mondo del vino e a sognare… beh, il ragazzo prodigio deve aver mangiato pesante, perché di sogni, di innovazioni, di colpi d’ala, almeno per quanto riguarda la produzione italiana nella sua lista non ce ne sono. Tra i migliori ci sono sempre e solo i soliti: i Barolo di griffe (10), qualche Barbaresco (3) per grazia ricevuta, i Brunello (3) of course… un paio di Amarone… seguono etichette risapute Sassicaia, Masseto e una sparuta pattuglia di bianchi e rossi sparsi per l’Italia… isole comprese.
Cosa manca? Molto. Per esempio una Barbera piemontese, sempre più spesso all’altezza di molti consueti “grandi rossi”. Forse sarebbe stato meglio scalare qualche Barolo e fare spazio a certi vini bio italiani che sono celebrati dai media mondiali e in Italia arrancano. Chissà perché.
Ed è sconsolante il commento di un grande produttore di Barbera d’Asti: «Ma tanto si sa i migliori sono loro, Brunello, Barolo, Barbaresco. Poi la colpa è di voi giornalisti che parlate solo di loro». Gli abbiamo dato ragione a metà. Certo molti colleghi “culi di pietra” che comunicano il vino vanno dietro mode guidaiole, tuttavia questa “sudditanza” di grandi zone vinicole, tradizionali o emergenti, ci dà fastidio. Come l’atteggiamento, che riteniamo antistorico, di un giovane sommelier che va sul sicuro e celebra i soliti.
Che ci voglia un M5S anche nel mondo del vino? Lo chiameremmo M5G, Movimento Cinque Grappoli, o, come ha suggerito un amico, M5B (bottiglie o bicchieri); slogan: quando bevete un vino insieme al palato aprite anche il cervello.
E che dire poi, sulla stessa edizione del patinato magazine, della citazione dell’Asti docg La Selvatica della Caudrina di Romano Dogliotti da Castiglione Tinella? Che chi ha scritto le venti righe striminzite ha inanellato diversi eno-errori/orrori. Il più grave è quello di non aver detto che il vino in questione è un Asti docg, lo spumante dolce italiano a denominazione d’origine controllata e garantita più venduto al mondo (85 milioni di bottiglie) con un giro d’affari attorno ai 300 milioni di euro e un Consorzio di Tutela che ne garantisce nome e qualità. È come se si parlasse del vino spumante della Dom Perignon senza dire che è uno Champagne, per dire…

Per fortuna il mondo del Moscato riserva sorprese positive. Come quella capitata il giorno di Pasqua quando a fine pranzo ci siamo accorti di essere rimasti senza Moscato d’Asti. In cantina erano rimaste solo un paio di bottiglie coperte di polvere. Saranno state lì, dimenticate, per un periodo che abbiamo stimato a memoria tra gli 8 e i 10 anni. Brutto segno per un vino che va bevuto entro un anno dalla vendemmia. Ma non ci siamo persi d’animo. Avvertiti i nostri commensali li abbiamo preparati ad un esperimento: scoprire se quel Moscato era un highlander, un vino immortale capace di sopportare l’onta degli anni.

Così abbiamo stappato queto Moscato d’Asti Borgo Sanbui di Loazzolo (Giovanni Satragno), cod. Fascetta AAA 00960074, LOTTO 50192… anno presunto 2002/2004… E si è rivelato spettacolare! Profumi e sapore intatti di moscato freschissimo, perlage persistente e di ottima grana, gusto floreale e fruttato, appena velato di un sentore lontanissimo, quasi inavvertibile, di ossidato. Insomma un vino di Pasqua eccezionale. Viva il Moscato d’Asti.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Sono totalmente d’accordo con te Filippo. Non prenderei sul serio, perché non lo é, questa classifica, ed il personaggio ormai ridotto a prezzemolino (lo si trova dappertutto) che ha firmato questa sorte di Gotha del vino.
Ma cosa aspettarsi di diverso da Luca Gardini?
Sai, Filippo, che quest’articolo mi ha fatto sorridere? Questo perché mi ricorda un m ex insegnante che considerava così indicativo il primo voto assegnato ad un alunno da nn discostarsene per tutto il resto dell’anno. Per cui se ti eri beccato un bel 3 potevi aspirare a raggiungere un 5 o al max un 6. Mentre un bel voto veniva facilmente confermato anche senza darsi un gran daffare. Ci furono delle eccezioni ma chi volle risalire la china dovette veramente rimboccarsi le maniche per intaccare la posizione arrocata del menzionato insegnante il quale, una volta resosi conto del cambiamento, guardava con espressione sorpresa e un pò spaesata l’autore del miracolo.
Io ci trovo una bella analogia con questi pomposi sputa-sentenze che continuano a ri-macinare opinioni vecchie di 10 anni senza darsi pena di valutare se intanto qualcosa è cambiato. L’unica differenza è che il m prof lo ricordo con simpatia perché, a modo suo, ha dato un valore aggiunto alla mia formazione mentre, questi qua, riempiono pag di giornali con eno-obrobri…e la gente li segue con religiosa convinzione!!!!
Sarebbe stato strano che non si fosse conservato. Borgo Sambui come hai scritto è di Giovanni Satragno presidente della Produttori Moscato d’Asti Associati. Se non si conserva il suo Moscato d’Asti…lui che dal 2000 è presidente della Produttori e lo è ancora dopo ben 13 anni…ed è ancora combattivo come quando fu eletto sulla spinta dei Cobas.
Buon Moscato d’Asti…dei Sorì
Quella di Borgo Sambui? Ti crediamo sulla parola… Alessandro, a noi il sito dell’Asti non ha dato riscontro perché indica l’azienda non iscritta al Consorzio… comunque sia un Moscato che si conserva così a più di 6 anni dall’imbottigliamento è sempre un bel traguardo…
la bottiglia in questione è annata 2006 imbottigliata a novembre-dicembre 2006
Grazie Fabio, anche da parte di Vittorio…
Bravo Filippo, ottimo pezzo (come sempre) e ottimo restyling del sito. MI PIACE MOLTO. Complimenti anche a Vittorio!!!
Adriano grazie dei complimenti… che giro al nostro fondatore/editore/webmaster/fotoreporter/filmmaker Vittorio Ubertone…
Il Moscato se è vinificato come si deve e in certe zone d’elezione come quella citata, è molto longevo e se conservato in modo idoneo (come qualsiasi vino, intendiamoci, compreso il Barolo) può riservare molte soprese piacevoli come in questo caso…Ne approfitto per complimentarmi con la nuova veste del blog.