Quando uno ha nel DNA il moscato, quello dolce, quello che da secoli serve a fare vini dolci come il Moscato e l’Asti docg, fa fatica ad accettare che con la stessa uva si possa fare un vino secco. Roberto Sarotto, enologo e vignaiolo in quel di Neviglie, ha quel DNA e ammette le proprie perplessità davanti al progetto Asti Secco.
Poi, però, da produttore di vini che si vendono in tutto il mondo beh, ammette che quell’Asti Secco ha ottime possibilità di diventare un best seller.
Sarotto, però, si spinge oltre e dice una cosa che per anni è stata un tabù. Esorta i suoi colleghi a osare a non considerare l’Asti Secco come esclusivo campo dell’industria. «Chiedo ai miei colleghi “piccoli” di tentare quella strada» dice. È forse un nuovo modo di intendere la filiera del moscato? È un modo di richiamare alla consapevolezza i vignaioli e tutti gli latri attori del comparto che non siano le multinazionali o grandi marchi che si comportano come tali? Beh, come dice il poeta, lo scopriremo solo vivendo.
Ecco, intanto, la nostra video intervista a Roberto Sarotto