È l’anno delle sorprese: l’Italia di Lippi eliminata al primo turno ai Mondiali del Sudafrica e i vini in cartone che vincono la sfida con quelli in bottiglia. Sia chiaro che non c’è nessuna intenzione di paragonare gli azzurri a dei cartoni, anche se qualche quotidiano, dopo la figuraccia con la Slovacchia, li ha chiamati bidoni.
Più semplicemente Sdp ha organizzato un singolare, e per noi anche inedito, confronto di gusto tra vini in cartone e vini in bottiglia. Niente di serioso, come è nello stile del blog, ma comunque qualcosa di cui tenere conto, anche in forza di risultati che, in qualche modo, hanno sorpreso.
La procedura, dunque, è stata quella classica della degustazione alla cieca.
La location è stata la saletta privata di un albergo situato a Canelli, in provincia di Asti, nel cuore di una delle zone vinicole più di pregio del Piemonte.
La giuria è stata composta da cinque giudici, tra esperti e appassionati di vino.
Tutti hanno deciso di non rivelare la propria identità e di restare anonimi – per questo nelle foto e nel filmato che Sdp pubblica li vedete con il volto coperto in stile zorresco – «Per non dare adito a commenti errati e inopportuni» è stata la motivazione.
Sono stati presi in esame sette vini rossi e quattro bianchi, tutti commercializzati in tetrapak, tranne due scelti tra vini standard confezionati nella bottiglia, un vino piemontese e un uvaggio veneto.
I prezzi dei brik sono tra lo 0,69 e l’euro e 40 per confezioni da un litro. Decisamente più alti i costi dei due vini in bottiglia: tra i 5 e i 7 euro per 75 cl.
Nessun grande vino è stato comparato ai vini in cartone che, per loro stessa caratteristica, sono prodotto destinati ad un consumo facile e quotidiano, roba diversa dal fenomeno in crescita del bag-in-box che si sta accreditando come contenitore anche di vini con origine e indicazione certificata.
Nessun vini in brik, invece, indica la composizione del contenuto che, genericamente, è sempre indicato come bianco o rosso da tavola, con segnalazioni di fantasia e puramente pubblicitarie.
Per farla breve, dopo circa un’ora di assaggi, il responso ha consegnato al primo posto, sia dei rossi che dei bianchi, vini venduti in brik. Al secondo posto sono arrivati i vini in bottiglia.
Secondo il parere dei tester-zorro il rosso in cartone vincitore è un vino completo, armonico, con profumo e sapore equilibrati, colori appropriati e un gusto accattivante. Insomma un buon prodotto. Analogo il giudizio sul bianco in brik giunto al primo posto. E nessuno dei vini in cartone assaggiati era ossidato o “passato”, segnale di tecniche enologiche assodate. Qualche “puzza” invece è stata riscontrata, così come carenze nel gusto e nell’aroma.
In generale, tuttavia, la giuria di Sdp ha rilevato tra i vini in tetrapak una qualità medio-bassa, ma che è in crescita. Analisi confermata dai volumi di un comparto che fa registrare performance interessanti con cui, prima o poi, il mondo del vino dovrà fare i conti (e in parte già li sta facendo).
Diamo qualche numero: secondo una recente inchiesta il 32% del vino venduto nella gdo, la grande distribuzione organizzata, cioè il supermercati, è in brik. Si tratta di decine di milioni di pezzo commercializzati a prezzi bassi e, perciò, accessibili ad un pubblico ampio. Per questo molte eno-cooperative che producono vini in cartone stanno facendo segnare crescite economiche da capogiro, sia sul mercato nazionale che all’estero. L’esempio di Cavino, colosso vinicolo del Tavernello, è significativo: nel 2008 la cooperativa romagnola è cresciuta del 26% nell’export, con un giro d’affari complessivo di 283 milioni di euro, utili a 1,6 milioni di euro e un margine operativo lordo al 5,3%.
Meditate gente, meditate.
Filippo Larganà (Filippo.largana@libero.it)
un vecchio contest che ha avuto molto successo e ha sorpreso nei risultati. Grazie del commento
Preferisco il Vino in bottiglia
E noi inizieremo dalle scuole. in questi giorni il CTM ha concluso un accordo con il Centro Pavesiano museo casa natale (CEPAM) per promuovere presso le scuole del territorio quella intelligente manifestazione che si svolge ogni anno l’8 Dicembre denominata “Il Moscato d’Asti nuovo in festa” Abbiamo scritto a 22 scuole elementari e a 9 scuole medie con l’augurio che ci invitino a tenere dei corsi sulle tradizioni e sulla storia del moscato.E’ tutta una questione di cultura e noi ce la mettermo tutta affinchè questa zona continui ad essere un piccolo paradiso e poter dire un giorno con Cesare Pavese ” la nostra vita è valsa qualcosa di più di un semplice giro di stagioni” cari saluti e buon Moscato d’Asti
Ok Giovanni, anch’io mi commuovo guardando un tramonto. Ma ci sono anche quelli a cui non frega nulla del tramonto. Sbagliano? Forse sì. Né delle tradizioni. Sbagliano? Forse sì. Però a questi non diamo il vino? Ce lo beviamo tutto noi “puristi”, difensori delle tradizioni? Non può essere. Io credo che in parte, come sostieni tu, bisogna garantire la memoria del passato e far rivivere le tradizioni di un tempo. Però bisogna anche sapere guardare avanti e nel mondo del vino italiano questo accade poco, troppo poco. Poi, però, tutti sono liberi di coltivare il proprio eno-romanticismo, ci mancherebbe! Un abbraccio e grazie del commento puntuale e prezioso.
Io sono ancora per la bottiglia. Vuoi mettere tutto il rito per stappare la bottiglia.Quelle tradizioni tramandate dal nonno: il cavatappi, mettere la bottiglia fra le ginocchia, ascoltare il suono della stappatura, annusarne il profumo, buttare nel lavandino alcune gocce e poi versare nel bicchiere
quel nettare dentro al quale si nasconde il lavoro di gente forte, gente contadina. Non toglietemi il sogno… Sarò un romantico, ma a piace così
Essì che fanno pensare. È vero Val, dovevi esserci anche tu, poi la cosa è stata organizzata da altre persone perché io ero impegnato su un altro fronte. Comunque non ci sarà modo di rimediare, tanto Sdp ha in mente altre cosette eno-interessanti….
questi risultati devono farci molto pensare………
ma non dovevo esserci anche io??
p.s. scopro ora, con colpevole ritardo, l’interessante post di Jacopo Cossater su Intravino (http://www.intravino.com/assaggi/tavernello-non-e-il-male-e-noi-forse-siamo-fuori-dal-mondo/) dove si parla del Tavernello. La degustazione in solitario di Cossater sembra dare ragione alla nostra assaggio-orgia. Gulp! Che si sia colto nel segno?
Caro Adriano, francamente non credo ci sia il pericolo di bissare la tragedia dell’86. Del resto, come ha ricordato l’amico Berta, oggi il vino buono costa talmente poco all’ingrosso che ci si può permettere di non fare schifezze… a meno di non essere un criminale. Per il resto sono d’accordo anche se resto convinto che il comparto del vino abbia la convenienza di avviare ricerche e sperimentazioni verso nuovi modi di proporre i propri prodotti. Lo spiego banalizzando: i comportamenti sociali riguardo al consumo dei drink di massa stanno cambiando. Si verso praticità di trasporto e di utilizzo. tappo e cavatappi restano simboli di un rito che a chi vive in Piemonte (e neppure a tutti) o Toscana o Veneto, è caro. In altre regioni del mondo, però, le cose vanno diversamemente. Non dico che è meglio o peggio, dico che bisogna discuterne… altrimenti si resta al palo e altri arrivano prima e meglio.
i degustatori io li ho riconosciuti…..eh eh, ma il gioco è stato simpatico e giusta la scelta di non enfatizzare troppo la questione e fare i nomi dei produttori di bottiglie. “L’è bon el vin an carton,,,,” recitava la pubblicità tristanzuola di qualche anno fa, con l’alpino mutuato ad esempio di consumatore da grandi numeri (per non dire ubriacone) all’epoca, diciamo la verità, sono stati gli stessi della Caviro a darsi la zappa sui piedi da soli sul piano dell’immagine. Che colossi del genere siano in grado di produrre con le tecnologie più all’avanguardia…
(ora fanno vedere cantine simili ad una centrale nucleare), vini corretti fatti d’uva da tonnellaggio sul piano organolettico è fuori discussione, che poi abbiano profumi e gusti vicini allo zero è altro discorso, evidentemente le bottiglie contevevano vino ancor peggio ed è possibilissimo…sia chiaro! Dei gusti meglio non discutere troppo, ma piuttosto che bere roba insipida del genere, preferisco una bibita dichiarata come tale….Quanto agli “imbottigliatori” in vetro c’è di tutto e di più, questa crisi ha però un pericolo già non più dietro l’angolo: la gara al ribasso dei prezzi che diventa pericolosissima per i consumatori sprovveduti (mozzarella docet) e spero proprio che non debba mai ripetersi quello che successe nell’86 quando c’erano già moltissimi poveracci che si avvelenarono inseguendo pintoni a prezzi stracciati…..
E per l’ennesima volta le degustazione alla cieca riserva sorprese, una piccola considerazione, basta andare a sentire sul ” mercato ” del vino quanto vale oggi un litro di prodotto ( Barbera Asti a 45 centesimi di euro al litro in cisterna ) per capire quanto guadagnano i famosi “brikkettari” mettendo del vino buono. E’ triste questa mia considerazione ma purtroppo è la verita, cocente o no. P.S : complimenti per le mascherine.
Caro Poli,
Prima di tutto grazie per la fiducia, i complimenti e la simpatia che contraccambio insieme allo staff di Sdp. Per il resto concordo su quasi tutto e preciso che:
1) l’approccio dei nostri esperti è stato volutamente il più possibile scevro da impostazioni professionistiche e posizioni preconcette. Che comunque, a mio avviso, trattandosi di vino in cartone sono inevitabili per tutta una serie di condizionamenti territoriali e culturali. Ancora oggi il vino in cartone, senza nascondersi dietro al dito, è considerato un prodotto, nella migliore delle ipotesi, per inesperti e eno-ignoranti, nella peggiore, per avvinazzati. Detto questo la giuria era ben conscia del valore delle aziende, in molti casi veri colossi commerciali, che stanno dietro al fenomeno brik. Per quanto riguarda il know how enologico ebbè lo abbiamo riconosciuto quando abbiamo scritto che i vini erano tutti non ossidati e stabilizzati. E ci macherebbe non vogliamo mica che dopo la mozzarella blu arrivi il vino verde…
2) La scelta di mostrare i brik, senza tuttavia indicare i marchi che sono arrivati primi, e di non mostrare le due bottiglie tradizionali è stata determinata dalla direzione di Sdp (che in questi casi è sovrana e inappellabile) che non ha ritenuto di esporre a critiche due aziende che sono state scelte tra migliaia e del tutto arbitrariamente. Sarebbe stato, a nostro parere, un inutile gogna mediatica (di cui il vino, e non solo, non sente il bisogno). Inoltre il fatto di non indicare i produttori del vino in bottiglia, a nostro avviso, dovrebbe far riflettere tutto il mondo dei produttori vinicolo, per così dire, tradizionali, senza zone franche. Di temi ce ne sarebbero a iosa: dalla troppa puzza sotto il naso quando si parla di vino in cartone (è questo caso) alla mancata ricerca, parlo per il Piemonte e a parte pochissime eccezioni, di altre tipologie di contenitori e chiusure: dal tappo a vite al bag-in-box, dal brik all’alluminio. Mica per Baroli, Barbareschi o altri nobili vini, ma magri per le grandissime quote di Barbera quotidiano (o Cortese o Moscato don doc e docg) che restano in balìa di speculatori e eno-furbetti.
Ancora ringraziamenti per il commento
Filippo Larganà
Caro Larganà,
ottimo servizio, non conosco il panel di esperti ma mi fido di quanto è stato rilevato alla fine dei lavori pur ricordando che non esiste nulla di più soggettivo dell’assaggio del vino.
Al di la delle simpatiche provocazioni vorrei però commentare alcune cose:
1) dietro ai colossi della cooperazione che producono alcuni dei marchi di brik che si vedono nell’ultima foto, ci sono tecnologie e know how di avanguardia mondiale. Inoltre, non dimentichiamolo, migliaia di ettari di vigneto. Che si trovino vini genuini, puliti, piacevoli e beverini in questo segmento di mercato e tipologia di packaging non deve quindi sorprendere nessuno.
2) Per correttezza…. visto che avete mostrato i vincitori del vostro personale contest mostrate anche coloro che hanno fatto fare una così misera figura al vino in bottiglia. Va bene la provocazione ma siccome ci saranno un bel po’ di sapienti che non capiranno la provocazione e si sentiranno “offesi” da un simile tasting, vediamo anche chi è stato a far uscire con le ossa rotte il vino in bottiglia.
Con simpatia
Carlo Poli