Scoppia la guerra del riso con la querelle Carnaroli-Karnak. Ennesimo attacco alle varietà tipiche o strumento necessario per i nuovi mercati? Intanto il consumatore va in confusione

inserito il 14 Dicembre 2009
Chicchi di riso Carnaroli (da Internet)

Infuria la battaglia del riso. Da una parte le industrie e le loro lobby che vorrebbero imporre scelte di omologazione in nome della produzione e del business; dall’altra piccole e grandi realtà artigianali difendono le varietà d’eccellenza del riso italiano. Chi non è d’accordo con i grandi gruppi rischia l’espulsione dai comitati industriali che contano. È accaduto a Guido Sodano, direttore di Saiagricola che controlla Cascina Veneria, nel Vercellese, la riseria dove nel 1949 si girò il famoso film “Riso amaro”, con Silvana Mangano. Dopo essersi espresso contro la legge, in discussione in questi giorni al Senato, che consentirebbe la vendita di riso Carnaroli miscelato alla varietà, meno pregiata, Karnak, Sodano, è stato radiato dall’Airi, l’associazione che raggruppa gli industriali del riso. Una ritorsione palese.

Lui, Sodano, intervistato da Sdp smorza i toni: «Non la farei troppo lunga sul cartellino rosso. Me ne farò una ragione. La cosa, a mio modo di vedere, più grave, è aprire la porta a commistioni commerciali che danneggiano il riso italiano». Perché miscelare riso Carnaroli, una delle più vendute e apprezzate varietà di riso italiano, al Karnak, che ha rese in campo più alte ma minore qualità, è una furbata a breve termine. Sostiene il manager di Saiagricola: «le industrie guardano al business a breve termine. Del resto già ora sono tollerate percentuali anche alte della varietà Volano insieme al pregiato Arborio. Ho il timore che per il Carnaroli si voglia fare la stessa cosa. Sarebbe – spiega ancora Sodano, astigiano doc, nipote del cardinale Angelo Sodano, ex segretario di Stato Vaticano – come se si consentisse di produrre Barolo con uve da tavola».

La proposta di legge, già approvata alla Camera, difesa e portata avanti dall’Airi, che non esita a definirla una difesa delle produzioni italiane, prevede in sostanza la dicitura “Carnaroli Speciale” per il Carnaroli in purezza e “Carnaroli Grezzo” per lotti misti Karnak-Carnaroli. C’è da capire, se la legge, come si teme, passerà, in che modo si potrà spiegare ai consumatori la differenza tra Speciale e Grezzo. Tra le proposte mediatrici al vaglio di Palazzo Madama, ci sarebbe quella di salvare le denominazioni pregiate – Carnaroli, Arborio, Vialone – lasciando libere commistioni per altre varietà di riso. Sembra, tuttavia, che questa ipotesi non goda dell’appoggio dell’Airi e dell’Ente Risi, a cui i grandi marchi della risicoltura avrebbero chiesto sulla querelle Carnaroli-Karnak una posizione neutrale e silente.

Ma se si vuole veramente salvare le varietà italiane e tutelare il consumatore non sarebbe stato meglio lasciare tutto come prima, cioè vendere Carnaroli per il Carnaroli e Karnak per il Karnak?Sembra evidente che gli interessi delle grandi industrie non prevedono la difesa delle tipicità italiane, apprezzate e riconosciute in tutto il mondo, ma anche avversate a tutti i livelli. Come conferma lo stesso Sodano, che dice: «Figuratevi che l’Ue vorrebbe varare le denominazioni mondiali “riso A” e “riso B”, individuando così le due sottospecie di riso: la Indica (chicco lungo) e la Japonica (panciuto), con buona pace di tutte le varietà nazionali. Un’omologazione contro ogni tipicità e che, secondo me, ancora una volta danneggerebbe l’Italia».

Insomma in un momento in cui il business del cibo si sposta verso le eccellenze, le biodiversità e le tipicità, di cui il Belpaese è culla privilegiata, ecco che le industrie del cibo virano in direzione dell’omologazione. Una bella combinazione. E chi non è d’accordo lo sbattono fuori. Non resta che affidarsi alle etichette e ai disciplinari che ancora resistono all’onda delle multinazionali e del mercato globale, scegliendo solo prodotti di qualità.

Il resto rimanga pure sugli scaffali.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

3 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 2 Gennaio 2010 at 21:07 -

    Non ho capito Zac, vuoi dire che fino ad oggi è stato messo in vendita riso definito Carnaroli e invece era Karnac, Arborio e invece era Volano, Sant’Andrea e invece era Loto. Perchè se è così promuovo subito una class action!
    p.s.: Perchè sulla scatola di riso di famose aziende non trovo da nessuna parte (ma proprio da nessuna) la varietà di riso?
    Ho la sensazione che il mondo di voi risico(cu)ltori sia ancora più incasinato di quello del vino (che lo è già tantissimo)

  2. Carlo Zaccaria 2 Gennaio 2010 at 12:26 -

    Di fatto lasciare tutto come prima significherebbe consentire la commercializzazione ad esempio del Volano come Arborio, del Karnak come Carnaroli, del Galileo come Baldo e del Loto cone Sant’Andrea. Una nuova regolamentazione è indispensabile, in gioco c’è la storia della risicoltura italiana e delle sue peculiarità. Volano, Karnak e Galileo sono una preziosa risorsa che la ricerca ci ha dato e sono certamente tra i risi migliori al mondo ma per quanto simili hanno caratteristiche diverse dai risi storici in cui si vorrebbe raggrupparli.

  3. maurizio 17 Dicembre 2009 at 18:36 -

    Una certa industria alimentare dimostra per l’ennesima volta tutto il suo disprezzo per il consumatore. Una pecora da tosare e nulla più. Gli industriali facciano cosa vogliono, c’è la libertà di impresa, ma la smettano di chiedere leggi che li autorizzano a dichiarare il falso in etichetta.

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