Lunedì 4 marzo, con la terza e ultima giornata, si è concluso il Salone del Vino di Torino 2024.
Articolato tra il complesso industriale dell’OGR- Officine Grandi Riparazioni- e la splendida cornice regale ottocentesca che è il Museo del Risorgimento Italiano, l’evento ha permesso a produttori, cantine sociali e consorzi e associazioni di tutela, giunti da tutte le zone del Piemonte e non solo, vista la presenza di alcune aziende della Valle d’Aosta, di presentare i loro prodotti ai consumatori e appassionati.
Per i primi il Salone è stata un’occasione per promuovere novità e certezze della propria lista di vini del cuore, allargando la propria rete di contatti; per i secondi si è trattato di una piacevole esperienza di arricchimento culturale.
Vini, grappe e spiriti rappresentano, infatti, solo una piccola parte dell’enorme patrimonio culturale nazionale italiano, speso anche in ambito internazionale come quello strumento di divulgazione del “made in Italy” che in inglese viene definito col termine soft power. Un potere morbido, o gentile, che dir si voglia, in grado di attrarre tendenze di mercato e consensi e costruire, così, solide partnerships commerciali costanti, proficue e durature.
Per questo motivo, eventi come il Salone del Vino torinese, arrivato quest’anno alla seconda edizione, rappresentano importanti vetrine per mostrare il meglio della propria Cantina a un numero sempre maggiore di persone.
Dai dati raccolti dagli addetti ai lavori, infatti, tra l’anno scorso e quest’anno, risulta una crescente partecipazione del pubblico.
Noi, tra appassionati, neofiti e curiosi, abbiamo notato un’alta concentrazione giovanile, segno di un settore, quello vitivinicolo, assolutamente trasversale, in grado di catturare sempre di più l’attenzione di tutte le fasce d’età. Inoltre, in tema di produzioni, c’è da registrare la crescente scelta delle aziende di ampliare la gamma di vini e derivati seguendo le evoluzioni del mercato. E così molte Cantine hanno il loro Vermouth, la loro grappa o le loro bollicine (Alta Langa docg su tutti).
Il messaggio è chiaro: anche nel vino vige il motto “va dove ti porta il business” da seguire con misura, cognizione di causa e responsabilità.
Altre cose che ci sono piaciute: la disponibilità di oltre 500 aziende, piccole, medie e grandi, di mettersi in gioco in uno spazio condiviso, perseguendo uno scopo collettivo comune: la promozione del territorio oltre che nei propri prodotti. Le numerose iniziative quali: degustazioni, masterclass, percorsi sensoriali, conferenze e cene, che hanno diversificato un’offerta già ampia, offrendo un’esplorazione a 360 gradi del Piemonte attraverso il suo vino e il racconto dei diversi terroir.
Cose che abbiamo apprezzato meno: la difficoltà logistica per muoversi tra due sedi così distanti (qualora ci fossero state navette non le abbiamo trovate) unita all’assenza di parcheggi comodi al visitatore automunito, una mancanza di segnalazioni chiare, soprattutto all’interno dello spazio del Museo del Risorgimento. Inoltre, nella giornata di lunedì 4 marzo quella riservata agli operatori, professionisti e alla stampa, abbiamo riscontrato qualche difficoltà a trovare un adeguato punto ristoro. Qualche panino in stile area di servizio non dà un presentazione all’altezza del Piemonte. Sempre lunedì non siamo riusciti a trovare, forse per nostra colpa, quei “percorsi di eccellenze culinarie del territorio torinese e della nostra regione” promossi dal sito della manifestazione. Perché, allora, non dare segnalazioni adeguate all’ingresso?
Criticità a parte, il bilancio generale del Salone del Vino 2024 di Torino è più che positivo. Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati, gli espositori, i quali hanno confermato l’ottimismo maturato in questi tre giorni di evento, seppur tra qualche difficoltà organizzativa che certamente sarà superata nelle prossime edizioni.
Enrico T. Larganà
Di seguito, alcuni scatti dei protagonisti del Salone del vino.