Leggiamo dall’Ansa che «Dopo i prodotti agricoli, arrivano anche i ristoranti a “chilometri zero”, con alimenti della campagna più vicina e di stagione. A promuovere il circuito, che nel 2009 dovrebbe comprendere 5-6 locali per arrivare ad averne una ventina, e’ l’associazione “Piemonte gusto cultura”». L’Italia è un paese bizzarro. Per decenni si sono fatte carte false per buttar già le ferrovie e sviluppare il trasporto su gomma perché si doveva supportare la produzione di auto nazionale (e chi ci ha guadagnato si sa). Ora si parla di cibo e ristoranti “a km zero”, neanche fossero una Fiat Panda, come panacea di tutti mali economici e gastronomici. Il sospetto è che alcuni ristoratori soffrano di scarsezza di idee e cavalchino slogan più utili per i giornali che veramente indirizzati ai clienti. Infatti se mi trovo a Torino e voglio mangiare del pesce fresco non posso perchè il mare è a un centinaio di km? E sempre in Piemonte non posso gustarmi una bella insalata di arance sicule (che nascono a 1500 km di distanza dalla città di Pietro Micca) o di lampascioni pugliesi (800 km)? Insomma una via di mezzo, anche quando si parla di stagionalità e territorio, sarebbe auspicabile. Altrimenti si rischia il flop mentale e del gusto.