Riso amaro. Al via inchiesta Ue per fermare importazioni a dazio zero dall’Asia. Intanto in Piemonte c’è Piemondina

inserito il 19 Marzo 2018

Un’inchiesta che faccia luce sulle importazioni di riso a dazio zero dai Paesi asiatici che hanno dato una mazzata alle produzioni nazionali. In un periodo in cui i dazi commerciali sono agitati come spauracchi e strumenti di ricatto (vedi gli Usa versione Trump) ecco che l’Italia e la Ue si svegliano e cercano di mettere un freno a quella che da molti viene considerata una concorrenza sleale al riso italiano che da anni è in sofferenza commerciale. Un comparto che ha tanto bisogno di rilancio che la Regione Piemonte ha ritenuto opportuno recentemente di avviare un piano di comunicazione e valorizzazione del riso piemontese sotto il marchio Piemondina (info qui)
Ora arriva anche l’inchiesta della Ue. La notizia è stata diffusa qualche giorno fa dalla Coldiretti piemontese.
Ecco la nota stampa che la illustra e commenta.

“Parte la procedura comunitaria per fermare le importazioni di riso a dazio zero dai Paesi asiatici EBA (“Tutto tranne le armi”) che nell’ultimo anno hanno dimezzato le quotazioni riconosciute agli agricoltori italiani su livelli insostenibili. Lo rende noto Coldiretti nel sottolineare che è stata pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 100/30 del 16 marzo l’avviso di apertura di una inchiesta di salvaguardia relativa alle importazioni di riso originario dalla Cambogia e dalla Birmania da dove, nell’ultimo anno, ne sono arrivati 22,5 milioni di chili in Italia.

Un passo importante ed urgente, sollecitato dalla nostra Organizzazione, per contrastare l’invasione di riso proveniente da Paesi come la Cambogia e la Birmania e raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya costretta a fuggire a causa della violenta repressione – sottolinea Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli e Biella con delega al settore risicolo – Nell’ultimo anno sono, infatti, triplicate le importazioni e i prezzi riconosciuti agli agricoltori italiani hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso che vanno dal -58 % per l’Arborio al -57 % per il Carnaroli, dal -41 % per il Roma al -37% per il Vialone Nano. Una situazione insostenibile per l’intera risicoltura del Piemonte, la regione italiana con i numeri maggiori a livello produttivo avendo 117 mila ettari, 8 milioni di quintali di produzione e quasi 1900 aziende. E’ indispensabile, oltretutto, arrivare ad avere una concreta tracciabilità – conclude Dellarole – del riso perché, purtroppo, viene spacciato per Made in Italy anche il riso straniero che in Italia viene esclusivamente lavorato e poi esportato, andando così ad incrementare in modo inveritiero i dati dell’export italiano”.

Non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire le importazioni, lo sfruttamento e la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale – affermano Roberto Cabiale vicepresidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – è invece necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità a tutela dell’ambiente e della salute. Auspichiamo, dunque, che in tempi rapidi – concludono Cabiale e Rivarossa – venga chiusa l’inchiesta e si attivi la clausola di salvaguardia per affrontare concretamente una crisi che già da troppo tempo compromette il futuro di migliaia di risicoltori”.

La procedura avviata dalla Commissione Europea prevede una inchiesta, aperta alle osservazioni di tutte le parti interessate, dalla durata massima di 12 mesi al termine della quale se saranno provate le “gravi difficoltà” con il “deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie” in termini di occupazione o redditi, ecc. la Commissione può proporre un atto di esecuzione che dopo l’accordo degli Stati membri, dovrà avere anche il via libera di Parlamento e Consiglio. Le misure di salvaguardia non possono durare più di tre anni anche se è possibile un proroga.

(immagine di copertina tratta da: http://www.piemonteagri.it/)

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