PESCHE DI BORGO D’ALE

i prodotti tipici del Piemonte

 

La coltura del pesco è praticata a Borgo d’Ale da centinaia di anni.
Tra le numerose varietà coltivate, si possono ricordare la “Bella di Borgo d’Ale”, una varietà tipica di pesca bianca, assai rara ed inconfondibile per i suoi aromi, la cultivar “Cervetto”, “Maria Bianca” e “Rosa del West”, anch’esse pesche a polpa bianca particolarmente aromatiche e apprezzate dai consumatori, che le identificano come le cosiddette “pesche della vigna”.
I sesti di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura e le lavorazioni colturali (epoca di potatura, diradamento dei frutti, irrigazione) sono concepiti in linea con una gestione integrata del frutteto, per raggiungere l’obiettivo primario della qualità.
Primaria è la necessità di ottenere produzioni qualitativamente apprezzabili ed è altresì vero che all’aumentare della densità di piantagione si verifichi uno scadimento qualitativo della produzione (minor pezzatura, minore colorazione e minore consistenza dei frutti).
La forma di allevamento adottata nell’area borgodalese è il “vaso basso”, forma di per sé inadatta ad effettuare impianti fitti, ma che consente una buona illuminazione e buon arieggiamento anche dei frutti dei rami interni o più bassi e si presta all’ottenimento di frutta di alta qualità. Essa consente, inoltre, di effettuare da terra tutte le operazioni colturali. Il sesto di impianto utilizzato è mediamente 5×4 m, con un numero di piante/ha variabile da 500 a 620.
Potatura e diradamento devono concorrere a migliorare gli aspetti qualitativi dei frutti.
La pratica della concimazione viene razionalizzata calcolando la quota di elementi nutritivi da apportare sulla base del tipo di terreno e degli asporti della coltura, a loro volta determinati dalla produzione media dell’appezzamento.
Prima di un nuovo impianto, si effettua un’analisi chimico-fisica del terreno in modo da poter meglio valutare l’opportuno apporto di nutritivi, ovviando ad eventuali eccessi o deficienze in micro e macro elementi.
La dose massima di azoto utilizzata è di 60 kg/ha per piante di vigoria elevata, 80 kg/ha per piante di vigoria media, e 120 kg/ha per piante di vigoria scarsa; non vengono effettuate concimazioni azotate all’inizio della fioritura e tali distribuzioni vanno sospese 45 giorni prima dell’inizio della raccolta (allegagione-indurimento del nocciolo) per evitare di alterare negativamente la qualità del prodotto.
La dose massima di fosforo (P2O5) utilizzato è di 50 kg/ha, mentre la dose massima di potassio (K2O) è di 150 kg/ha. È consigliato l’apporto di fertilizzanti organici, in particolare letame maturo, i cui apporti in unità fertilizzanti vanno incluse nelle dosi ammesse. L’irrigazione viene usualmente effettuata per scorrimento. In prossimità della raccolta, vengono effettuate solo irrigazioni di soccorso anche in base alle indicazioni fornite dal servizio tecnico del Consorzio.
La superficie complessiva è di circa 500 ettari con una produzione stimata di circa 95.000 quintali. Il prodotto si inserisce in un “circuito commerciale breve” che prevede la raccolta manuale dei frutti al giusto grado di maturazione (2-3 kg di durezza misurati con il penetrometro) e normalmente non si prolunga la raccolta oltre il terzo passaggio. In ogni caso la durata del periodo di raccolta viene attentamente programmata dal servizio tecnico del Consorzio di produzione in funzione dell’andamento stagionale e soprattutto della varietà.

Zona di produzione
L’area vocata per la coltura delle pesche è prevalentemente quella dei territori dei comuni di Borgo d’Ale e Maglione e di alcuni comuni limitrofi, quali Alice Castello, Cigliano, Moncrivello, Cossano Canavese, Viverone.
L’area è compresa tra le regioni agrarie “Morenica della Serra” e “ Pianura del Canale Cavour” ed è caratterizzata da terreni di origine fluvio-glaciale, ricchi di scheletro, a classificazione granulometrica compresa tra “sabbioso” e franco-sabbioso” che permettono un ottimo drenaggio ove il pesco trova un habitat particolarmente favorevole.

La storia
Nella cronologia storica borgodalese di fine ottocento, si trovano notizie riguardanti una consistente emigrazione verso la Francia e le Americhe.
Alcune fonti indicano proprio le Americhe come provenienza del materiale genetico che, in quegli anni, arrivò a Borgo d’Ale e dal quale si svilupparono le prime coltivazioni peschicole razionali che ebbero inizio nel 1900.
In questo periodo, la produzione aveva uno sbocco difficile: pochissimi erano gli acquirenti ed i produttori dovevano portare la frutta con il “biroc” nelle città vicine, dove, però, incontravano uno scarso favore e prezzi bassissimi.
Ai tempi duri, si aggiunsero attacchi di parassiti che, in assenza di trattamenti, portarono al deperimento degli alberi, obbligando così i pionieri della nostra frutticoltura ad estirpare le coltivazioni ed a reintrodurre le vecchie colture più sicure e redditizie.
Nel 1920, alcuni valenti agricoltori di Bordo d’Ale, sotto la guida dei tecnici della cattedra Ambulante di Agricoltura, ripresero la peschicoltura piantando i primi quattro appezzamenti di pescheti (in tutto venti stari) in regione via Areglio.
Da questa data in poi, fu un continuo crescendo arrivando, nel 1930, a trecento giornate di pescheti impiantati.nelle regioni limitrofe al centro abitato.
Se produrre sembrava facile, difficoltosa si presentava la vendita: le pesche raccolte al mattino presto, venivano portate dagli stessi produttori con i “biroc”, nei mercati di Crescentino, Cavaglià, Biella e Vercelli con costi e perdite di tempo eccessivi anche per i frutticoltori già attrezzati per questo tipo di trasporto.
Questa situazione, determinata da una produzione di pesche in espansione produsse i suoi effetti: il 21 luglio 1931, il Regio Podestà di Borgo d’Ale richiedeva al Consiglio Provinciale dell’Economia l’istituzione di un mercato stagionale di frutta e verdura che fu inaugurato il 3 maggio 1932. La frutticoltura iniziò a portare a Borgo d’Ale notevoli benefici economici: ne è prova una relazione podestarile del 17 luglio 1937 indirizzata al Prefetto dove si faceva presente la “necessità di stimolare la peschicoltura che ha dato e dà risultati economici importanti per tutto il territorio del comune”. Vi si annunciava anche per l’8 agosto 1937 l’inizio della “Prima Sagra del Pesco” comprendente manifestazioni varie tra le quali la Mostra delle Pesche. La relazione continuava informando l’autorità prefettizia che erano circa mille le giornate di pescheti di Borgo d’Ale e che al mercato affluivano già anche le produzioni di frutta e verdura di Alice Castello, Cossano e Maglione. Il Podestà faceva poi notare che la produzione settimanale era di circa 500 quintali di pesche, vendute ad un prezzo medio di 8-12 soldi al kg e che le contrattazioni non si svolgevano più tutte nell’area del mercato di Piazza Verdi con ore e regole fisse, ma vi era la presenza anomala di un mercato parallelo che si svolgeva durante tutta la settimana con vendite effettuate direttamente nei pescheti ed anche nella piazza centrale del paese.
La tendenza a disertare il mercato si accentuò negli anni che precedettero e seguirono il conflitto mondiale. La produzione stimata nell’epoca che va dal 1947 al 1950, secondo i dati dell’Archivio Comunale, si aggirava tra i 27.000 ed i 37.000 quintali annui e, per tentare uno sbocco diverso per la produzione peschicola, venne fondata la società ICAB con lo scopo di trasformare parte del prodotto in confettura.
Negli anni ’60, Borgo d’Ale venne riconosciuto come “Centro Piemontese delle pesche”. Nel 1965, la produzione era di 63.948 quintali di pesche vendute.
Nel 1967, venne inaugurato il nuovo Mercato Unico di Strà Bianzè.
Le pesche di Borgo d’Ale, prodotte in aziende diretto-coltivatrici di dimensioni medio piccole, vantano una tradizione colturale che permette loro di distinguersi dai normali standard qualitativi dei prodotti presenti sul mercato: in particolare la raccolta effettuata scalarmente in prossimità della maturazione fisiologica esalta le qualità organolettiche dei frutti, determinate dal contenuto in zuccheri, acidi ed aromi e dalla consistenza della polpa. La permanenza prolungata sulla pianta migliora anche colore e pezzatura dei frutti, che, più delicati, vengono confezionati manualmente e giungono freschissimi al consumatore.

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