BONET

i prodotti tipici del Piemonte

 

Il “Bonèt”, dolce al cucchiaio le cui origini risalgono, probabilmente, alla zona delle Langhe, è un dolce della tradizione piemontese.
Per preparare il “Bonèt” occorrono: 4 uova, 6 cucchiai di zucchero semolato, mezzo litro di latte, 50 grammi di amaretti semolati, 2 cucchiai di cacao amaro in polvere, 2 cucchiai di rhum.
Dopo aver sbattuto le uova in una terrina, si uniscono 4 cucchiai di zucchero, il cacao, gli amaretti finemente sbriciolati con le mani, il rhum ed il latte. Amalgamato il tutto con l’aiuto di una frusta, si prepara il caramello.
Si scaldano 2 cucchiai di zucchero in un pentolino fino a che divenga di colore biondo- nocciola, si spruzza un po’ d’acqua facendo diventare lo zucchero filante e si mescola girando il piccolo tegame sulla fiamma viva. Si versa il caramello così ottenuto in uno stampo, che è stato tenuto al caldo per facilitarne lo scorrimento, in modo che veli il fondo e le pareti.
Raffreddato il caramello, si versa il composto nello stampo e si cuoce nel forno, precedentemente riscaldato a 180°C, a bagnomaria per 45 minuti circa. Quando il composto è ben rappreso, si lascia raffreddare lo stampo e, poi, lo si pone, prima di servirlo capovolto in un piatto da portata, in frigorifero per 2/3 ore.
La ricetta può subire, a seconda delle zone del Piemonte, alcune variazioni; possono, infatti, essere aggiunte nocciole delle varietà “Tonda Gentile delle Langhe”, del caffè oppure, invece del rhum del cognac.

Zona di produzione
Il “Bonèt” è, oggi, prodotto sull’intero territorio del Piemonte.

Attrezzature utilizzate
I materiali utilizzati per la preparazione del “Bonèt” sono: terrina, frusta, stampo, pentolino e forno.

La storia
Sull’origine delle parola “Bonèt” si sono succedute, nel tempo, numerose versioni.
Il termine “Bonèt” in piemontese significa cappello/berretto e, secondo il dizionario Piemontese/Italiano di Vittorio Sant’Albino del 1859, tale dolce porta il nome di “Bonèt” perché questo è il nome che in piemontese è dato allo stampo di rame e di alluminio nel quale è cotto, che imita in realtà un cappello da cucina (bonet ’d cusin-a).
L’ipotesi più curiosa e più accreditata nelle Langhe, lascia intendere che il dolce sia stato chiamato così perché veniva servito alla fine del pasto, come cappello a tutto ciò che si era mangiato. Infatti, prima di uscire di casa o da un locale chiuso, dopo essersi vestiti, si indossava, come ultimo indumento, il bonèt e, quindi, per similitudine il dolce posto a chiosa del pasto prese questo nome.

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