
L’ex presidente dell’ente, Matteo Ascheri, non le manda a dire e, in una lunga intervista a Vittorio Ferla di Gambero Rosso (la versione integrale qui), “vuota il sacco” annunciando l’uscita della propria azienda dal Consorzio.
A causare “l’ira funesta” dell’ex i risultati della consultazione con cui vignaioli e produttori, sotto la presidenza Ascheri, erano stati chiamati a esprimersi su proposte di modifiche ai disciplinari su temi cari all’ex presidente, a cominciare dalla possibilità di impiantare vigneti di nebbiolo da Barolo e Barbaresco nei versanti esposti a Nord con la motivazione di contrastare la crisi climatica. Temi che avevano creato non poche discussioni e che poi sono stati bocciati dalla consultazione.
Sono seguiti tutta una serie di commenti. Germano aveva dichiarato a SdP che su quelle proposte andavano fatte riflessioni approfondite prima di essere proposte (leggi qui).
Ascheri non l’ha presa bene e ha deciso di rivelare al Gambero che proprio Germano avrebbe avuto, prima una posizione favorevole alla proposta Nord, e poi contraria alla modifica. Se è accaduto, perché?
Per pressioni e prese di posizione da parte di soggetti che con la filiera, a suo dire non dovrebbero avere voce in capitolo sostiene Ascheri. Che fa i nomi. Uno eccellente, quello di Carlo “Carlin” Petrini, il guru di Slow Food, liquidato con un «Petrini ha detto la sua sulla questione, ma è uno che non ha mai preso una zappa in mano». L’altro nome è allargato ai potentissimi cercatori di tartufi (in Piemonte si chiamano “trifulao”) a cui Ascheri dedica un ragionamento: «… hanno protestato temendo l’espianto dei boschi, ma senza sapere che i boschi storici sono già tutelati. E se i boschi non sono storici, vuol dire che prima non c’erano».
Altra proposta “ascheriana” bocciata dalla consultazione quella dell’intercambiabilità di imbottigliamento tra le zone del Barolo e del Barbaresco che secondo l’ex presidente avrebbe fatto risparmiare soldi alle aziende;
Poi c’è la “questione privata”, per citare, un famoso scrittore di Langa. «Quando ho deciso di uscire dal consorzio delle Langhe, nessuno mi ha chiamato» si sfoga Ascheri. «C’è una sorta di damnatio memoriae» denuncia e spiega: «La verità è che anche i viticoltori più giovani sono controllati dalla cooperazione e dalla Confindustria».
Da qui l’attacco a soggetti «come Terre del Barolo» che, per l’ex presidente cercherebbero di abbassare il prezzo di mercato delle uve «per evitare le lamentele dei propri conferitori le cui uve sono sottopagate. Purtroppo – sostiene Ascheri – il consorzio è stato conquistato da questi soggetti che hanno definito i nuovi vertici e possono controllarli». L’accusa alle cooperative (ma ce n’è anche per Confindustria) è quella di spuntare prezzi sempre più bassi con ripercussioni sul posizionamento del prodotto.
E il futuro? Ascheri lo prevede denso di nubi temporalesche, in tutti i sensi. E nell’intervista al Gambero dice che: «… andremo in sovrapproduzione per via del sistema autorizzativo. Inoltre, dobbiamo parlare del cambiamento climatico, dobbiamo essere laici e cercare di adattarci alle novità. Ecco perché il Nord poteva essere una soluzione». E chiude con un lapidario: «Non è che se non ne parli i problemi non ci sono».
SdP