Polemica da cortile. Alba gela Asti e Alessandria: «Unesco? Barolo e Barbaresco uniche zone degne»

inserito il 3 Luglio 2012

La guerra dell’Unesco parte dalle colline del Barolo e del Barbaresco. In barba a tutti gli appelli di unità e sinergie tra le aree viticole piemontesi su un progetto così importante come quello di candidare i paesaggi vitivinicoli del Piemonte a Patrimonio dell’Umanità. Le dichiarazioni, improvvide a nostro parere, sono del sindaco di Alba, l’avv. Maurizio Marello, in quale, commentando la decisione di una società consulente dell’Unesco, risaputa da più di un mesetto per la verità, di rimandare al prossimo anno la candidatura delle vigne piemontesi, una prassi abbastanza consueta in questi casi (le Dolomiti hanno presentato tre volte il dossier prima di essere ammesse nella lista dei patrimoni dell’Umanità), non ha trovato di meglio che dichiarare al quotidiano La Stampa, edizione del 3 luglio, quanto segue: «Bisogna puntare tutto sui paesaggi del Barolo e del Barbaresco. L’unicità, tra i ceppi autoctoni presi in considerazione tra i vari paesaggi vitivinicoli, può soltanto essere quella del Nebbiolo. Quindi, bisogna rivedere le “core zone” e poi lavorare sull’inserimento di luoghi storico-monumentali come i nostri castelli». E ha aggiunto: «Se si tiene presente la relazione Icomos, la candidatura non riguarda più la Regione e la Provincia, ma solo alcune zone. È su questo che bisogna lavorare, perché continuare sulla strada seguita finora ci espone a una sicura bocciatura. Non bisogna edulcorare le cose ma affrontarle per quello che sono». Dichiarazioni riprese anche qui

 

Insomma solo le zone di Barolo e Barbaresco sono degne, il resto non lo è. Non c’è che dire, una bella dimostrazione di unità che viene dal primo cittadino dei “primi della classe” cioè dagli albesi che, per la verità, in ambito vinicolo, non hanno mai sopportato granché, non tanto gli alessandrini, che evidentemente e nonostante le grandi produzioni enologiche, non reputano un eno-avversario temibile, quanto gli astigiani, in particolare i canellesi, che con il Moscato e l’Asti docg (nato più di un secolo e mezzo fa proprio a Canelli) hanno fatto e fanno faville commerciali riprese e ampliate anche da santostefanesi e cossanesi, conterranei degli albesi.

Ora, al netto di anacronistiche e controproducenti guerre di campanile, giova ricostruire la storia di questa candidatura. Che è partita più di dieci anni fa non dal Barolo o dal Barbaresco, ma da Canelli, dalle sue cattedrali sotterranee, dalle cantine storiche dove non si affinano i vini del vitigno nebbiolo, ma quelli che si ottengono dal moscato, Asti e Moscato d’Asti docg che nel mondo vendono qualcosa come 107 milioni di bottiglie, qualcuna in più dei pur blasonatissimi (e costosi) rossi albesi.

Ma perché allora l’avvocato sindaco ha voluto fare questi distinguo? Perché il rapporto della società consulente dell’Unesco (di cui Sdp è in possesso da un mese) espone una tesi quanto meno bizzarra, sostiene, cioè, che il nebbiolo sia vitigno autoctono, mentre il moscato sarebbe coltivato in tutto il bacino del mediterraneo. Una bestialità viticola senza pari.

I consulenti Unesco, infatti, dimostrano di ignorare che il vitigno moscato è coltivato da oltre mille anni nel Sud Piemonte è ha caratteristiche tanto particolari che in alcuni testi ampelografici è indicato come “moscato bianco di Canelli”. Più autoctono di così. Insomma uno svarione evidente, da tecnici non esperti.

Ma tanto è bastato a ringalluzzire lo spirito campanilistico dell’avv. sindaco che ha tirato una bella bordata al territorio astigiano-alessandrino stigmatizzandolo come “non dignus”.

E pensare che il Marello è stato eletto primo cittadino con l’appoggio di Pd e di liste democratiche. Anche se sull’Unesco le sue dichiarazioni sembrano più secessioniste.

E pensare che Roberto Cerrato, presidente dell’associazione Patrimonio paesaggi vitivinicoli, che raggruppa le province e i comuni (e le risorse) di Astigiano, Cuneese e Alessandrino coinvolti nel progetto, pur essendo conterraneo di Marello, ha sempre dimostrato di voler operare in sintonia con alessandrini e astigiani, prima fra tutti, l’assessore provinciale al progetto Unesco, Annalisa Conti, astigiana e canellese. la quale, interpellata da Sdp, commenta: «Trovo intempestive e dannose le dichiarazioni di esponenti di istituzioni che, non solo fanno parte del progetto Unesco, ma ne sono state anche cofondatrici. Io preferisco attendere il ritorno da San Pietroburgo dei tecnici del Ministero italiano e il summit che ci sarà a Torino. Parlare prima è dividere in un momento in cui ci vuole l’unità di intenti di un territorio che vince solo se si presenta compatto»

Com’è quindi possibile che il sindaco di Alba si faccia carico di queste dichiarazioni tanto inopportune?

La sensazione è che Cuneese, Astigiano e Alessandrino anche in questo caso si comportino come i capponi di Renzo, si beccano e si azzuffano tra loro senza rendersi conto che in padella ci finiranno insieme.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

8 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 4 Luglio 2012 at 15:25 -

    @Giovanni: io non la penso come te e ti assicuro che ti sbagli… perché ci sono retroscena che non possono essere scritti, in quanto non dimostrabili, che danno ragione a me: gli albesi ce stanno a provà, come dicono a Roma, e tutti lì a reggere la coda a gente che pensa solo ed esclusivamente agli affaracci loro.., adesso smettiamola e proviamo a lavorare tutti insieme… che è roba diversa dal volemose bene… lo sai vero Giovanni?

  2. giovanni bosco 4 Luglio 2012 at 14:58 -

    Mi dispiace, ma ribadisco che il progetto come è stato presentato è andato a p….. Sarà rivisto ma non sarà come prima. Del senno di poi….ma forse prima si doveva discutere meglio e togliere un po’ di politica, qualle politica del “vogliamoci bene” che ci ha portati al ….rimando. Io la penso così…..

    Buon Moscato d’Asti

  3. filippo 4 Luglio 2012 at 11:34 -

    @Giovanni, no guarda questa volta l’analisi al contrario non funziona… e poi il progetto non è andato a p… ma è rimandato al prossimo anno. Come ho già scritto le Dolomiti lo hanno presentato tre volte prima che l’Unesco lo approvasse. Quanto agli albesi il loro sembra davvero un colpo di mano, l’ennesimo compiuto da chi appare sempre più affetto dalla sindrome del primo della classe… e, bada bene, a me i primi della classe sono sempre piaciuto, per un po’ della mia carriera scolastica lo sono stato anche io… però quando si perde di vista l’insieme, quando dietro a certe dichiarazioni ci sono solo interessi di bottega, beh allora mi scappano le vacche. Questi di Barolo (dove a me hanno offerto un Prosecco di aperitivo!) e di Barbaresco tirano l’acqua al loro mulino. Punto. Infischiandosene bellamente del Piemonte vinicolo. Almeno questa è l’impressione che danno. Per il resto è una tristezza infinita… il Piemonte resterà sempre una regione di serie B, travolta dalle sue piccole guerre di campanile, senza una vera identità. Qualche mese fa, in un’intervista concessa a Sdp, Walter Massa, il padre del Timorasso, grande vino alessandrino, criticò aspramente la politica vinicola piemontese. L’assessore regionale Sacchetto lo chiamò per chiedergli un incontro. Non mi risulta che si siano ancora incontrati. E la politica vinicola piemontese resta quella di sempre: tutti contro tutti a difendere orticelli ben fortificati, magari spalando cacca sul vicino…

  4. giovanni bosco 4 Luglio 2012 at 09:59 -

    Mi vien spontanea una domanda: se il progetto Unesco è andato a p……sarà mica per il fatto che c’è stata troppa unità tra Alba, Asti e Alessandria? Forse se ci fosse stata un pò meno “vogliamoci bene” le cose sarebbero andate in altra maniera?…..

    Buon Moscato d’Asti

  5. filippo 4 Luglio 2012 at 08:29 -

    @Enrico: ho seguito bene la vicenda, anzi sono stato il primo a saperlo dalla persona, il funzionario comunale Sergio Bobbio, a cui venne in mente il progetto ben prima del 2004 (sindaco Oscar Bielli, vice Annalisa Conti). Il fatto è, paternità a parte, che Canelli e la Provincia di asti furono i primi enti a credere nell’iniziativa, tanto che l’ente provinciale (presidente era Roberto Marmo) stanziò le prime risorse quando alessandrini e cuneesi erano ancora lontani da capire di che diamini si stesse parlando. I primi non l’hanno capito neppure oggi, i secondi appena l’hanno capito hanno piazzato loro uomini nei posti chiave. Devo fare i nomi? Su tutti Roberto Cerrato, presidente dell’associazione che dirige il progetto di candidatura, uomo della Gancia, intesa come presidente della Provincia e Cuneo e compagna dell’ex ministro bossiano Calderoli. Vogliamo parlare dell’assessore regionale al Turismo, Alberto Cirio, anche lui albese? Del gruppo di pressione che barolisti e barberisti, specialmente i primi, stanno mettendo in atto (si chiamano lobby) per condizionare le politiche vinicole piemontesi a loro uso e consumo? Se a questo si aggiunge il fatto che i politici astigiani di Asti città hanno visto sempre con un’irritante e irresponsabile indifferenza il progetto, salvo poi rispolverarlo (neppure troippo, però) in campagna elettorale; che, nonostante gli sforzi dell’assessorato provinciale retto dalla canellese Conti, la Provincia di Asti non è riuscita ad avere peso specifico sulla questione Unesco; che a San Pietroburgo, chi era presente, evidentemente deve avere tirato la corda più per Alba che per tutto il territorio, allora si capisce come certi intoppi se li è andati a cercare ad arte. Di più. Il dialogo tra Astigiano e Cuneese, anche se sarebbe meglio dire albese perché il resto della Provincia Granda senza Alba e dintorni non vale granché in termini di reddito e immagine (volete mettere l’appeal di una toma con quello di un Barolo), c’è stato eccome, anche se per dialogare bisogna essere in due. Ricordo bene la presentazione “in anteprima” del primo filmato sul progetto Unesco, alle Cantine Contratto, fatto dalla Fondazione di Cerrato, realizzato con la fedeltà di un cellulare di fascia medio/bassa, con immagini di vigne incolte, tetti anni Settanta, aree industriali a gogò, con le delegazioni francese e svizzera in evidente imbarazzo. Gli astigiani, of course, non ne sapevano una beneamata mazza. Se questo è un esempio di dialogo io sono un calesse. Quindi, enrico, attenti a buttare il bambino con l’acqua sporca. Le dichiarazioni di Marello e di altri esponenti di istituzioni albesi sono certamente improvvide e controproducenti. E dimostrano, purtroppo, quanto il Piemonte debba ancora lavorare per trovare un’unità che, unica via, potrebbe renderlo davvero, e non solo a parole, la regione più avanzata d’Italia. Invece siamo qui a prenderci a schiaffi a vicenda… intanto i veneti, nel bene o nel male, hanno blindato il Prosecco facendone la loro miniera d’oro, lombardi, pugliesi e siciliani producono moscato a tonnellate e ci scippano fette di mercato mentre noi discutiamo se fare entrare o meno Asti città nella lista dei Comuni del moscato, litigando, anche qui, spedendo centinaia di migliaia di euro in parcelle di avvocati e bloccando i disciplinare. Insomma i piemontesi è meglio che si sveglino e la smettano di farsi la guerra tra loro perché i “turchi” sono alle porte ed è certo non faranno prigionieri…

  6. enrico 3 Luglio 2012 at 23:08 -

    la risposta più logica che evidenzia l’inoperosità degli altri territori basta fare un salto in quelle zone per capire quanto siano vere queste parole : Il progetto UNESCO è partito grazie a Oscar Bielli nel 2004 e riguardava solo Asti , non ci è voluto molto per capire che se volevamo raggiungere quel risultato occorreva dialogare con il cunese , dopo 8anni di inoperosità perchè nulla si è fatto Asti ha l’unica risposta che si poteva attendere

  7. Adriano Salvi 3 Luglio 2012 at 19:32 -

    Non conosco il sindaco di Alba, ma un paio di mesi fa nientemeno che Angelo Gaja, durante la sua affollata “lectio magistralis” all’Università di Asti aveva detto sostanzialmente la stessa cosa, ovvero che secondo lui solo le aree di Barbaresco e Barolo erano “degne” di entrare nel patrimonio Unesco. Aggiunse anche, parola più parola meno, che secondo lui a pochi importava di visitare le cantine di Canelli (dalle quali partì il progetto) essendo “sottoterra”. Per evitare polemiche quando si avvicinava il “verdetto” di San Pietroburgo non commentai questa parte del suo intervento e non mi risulta l’abbia fatto qualche altro cronista…per evidente referenza verso “le roi”. Gaja, la cui cantina per la cronaca non è aperta alle visite, in quell’occasione ribadì con orgoglio la sua matrice di “langhetto” elencando le glorie indubbie della sua terra e di alcuni imprenditori, ma con pochi e rapidi accenni ad altri personaggi che non fossero “targati CN”. Questo per dire che se un personaggio del carisma del produttore di Barbaresco la pensa così la vedo dura, anzi durissima, mettere assieme un discorso unitario che gioverebbe a tutti….ma vaglielo a spiegare a chi è ancorato a vecchie logiche campaniliste….mi auguro che Regione e Provincie (sempre che ci siano ancora) evitino queste autolesionistiche questioni….vedremo

  8. luca 3 Luglio 2012 at 18:46 -

    l’arroganza dimostrata dal sindaco marello è superata solo dalla sua ignoranza e superficialità…senza parole…

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