Ci sarà materia per gli esperti di eno-legislazione, tuttavia la notizia, uscita sui socialmedia, della nota ministeriale che consente di indicare il nome della Regione di provenienza di un vino doc anche questa sia esso stesso una denominazione, è una buona notizia.
SdP aveva raccontato l’ennesima storia all’italiana (leggi qui) con protagonista un produttore di Barolo perché aveva indicato il nome Piemonte, che è anche un doc, come origine del proprio vino. I burocrati non avevano sentito ragione: multa perché non si può inserire in etichetta il nome di un’altra doc. Un’assurdità di cui si erano fatti promotori gli 800 vignaioli della Fivi i quali, avevano minacciato di autodenunciarsi. Leggi qui
La nota ministeriale, come ha spiegato su Facebook Michele Antonio, docente universitario esperto di questioni legali legate all’etichettatura dei prodotti alimentari, «interpreta la norma alla luce di un criterio sistematico che metta al centro la voluntas legislatoris e non semplicemente un criterio letterale. Insomma, la differenza tra interpretazione e pedanteria, che finalmente vede prevalere la prima».
Leggi la circolare del Mipaaf qui: Vini_DOP_IGP_indicazione_nome_geografico_pi___ampio_31.12.2014
Restano irrisolte alcune questioni. Se sarà cancellata la sanzione (si parla di alcune migliaia di euro) al produttore di Barolo, ingiustamente multato; e se questa nuova interpretazione possa in qualche modo riaprire una discussione più pacata e meno litigiosa sull’annosa questione dell’Asti docg che, per questioni territoriali legate al rispetto del disciplinare, non può essere prodotto proprio nel territorio di Asti. Una questione che da anni è dibattuta nelle aule dei tribunali senza mai essere approdata ad una soluzione.
SdP