Siamo alle solite. Il Piemonte è la regione più vinicola d’Italia, ma gli italiani se ne dimenticano. Persino i cosiddetti esperti per le feste ignorano Asti, Barolo, Barbaresco e compagnia bevendo. Non ci credete? Leggete l’ultimo numero di La Cucina Italiana, mensile con redazione a Milano (sarà mica questo il problema?). Con una botta d’originalità, nel numero di dicembre in edicola in questi giorni, la “bibbia” di chef e gourmet dedica uno speciale di servizi e articoli a vini e piatti natalizi.
Carino il fotoservizio sulle ricette degli chef stellati piemontesi Mariuccia Ferrero, contitolare con il marito Piercarlo del San Marco di Canelli in provincia di Asti; e Walter Eynard ai fornelli del “Flipot” di Torre Pellice (Torino).
Ma quando si tratta di bollicine perfino quelli di Cucina Italiana s’inchinano alla grandeur dello Champagne, persino all’appeal rampante della birra, ignorando completamente e, a nostro parere colpevolmente, grandi vini piemontesi delle feste, come l’Asti spumante docg, che vende più di 80 milioni di bottiglie in Italia e nel mondo ed è di gran lunga lo spumante italiano dolce più venduto e conosciuto all’estero.
Senza parlare poi del territorio di produzione: 10mila ettari compresi tra le province di Asti, Alessandria e Cuneo e un comparto che coivolge 53 Comuni, 7mila aziende agricole, 15mila addetti, una cinquantina di industrie e cantine sociali, con un fatturato di più di 300 milioni di euro l’anno. Quisquilie? Per quelli di Cucina Italiana forse sì.
Per i loro esperti, del resto, sono appena due i vini piemontesi degni di essere affiancati a ricette natalizie e di fine anno. Uno è un vino aromatizzato, un Barolo chinato, dirà qualche nostro lettore. Eh no, troppo facile. È una Barbera chinata di un produttore dell’albese. L’altro vino è un Moscato d’Asti docg, di un noto produttore con vigne e cantina tra albese e astigiano, che viene abbinato al panettone, e anche qui l’originalità non manca.
Ora, è pur vero che la rivista per confezionare il servizio ha chiesto l’ausilio di sommeliers, ma una cosa che insegnano al corso di preparazione all’esame da giornalista professionista è che le notizie delle fonti, anche quelle più attendibili e “esperte”, vanno verificate e, se è il caso, integrate con il bagaglio di conoscenze e esperienze che il giornalista dovrebbe avere.
Insomma a nostro avviso il mensile La Cucina Italiana ha fatto una gaffe grossa come una casa. Il fatto è che purtroppo sembra essere in buona compagnia; Poste Italiane, infatti, proprio poche settimane fa ha dedicato un francobollo ad un’azienda vinicola privata del Bresciano presentandola come azienda pionieristica in materia di vini spumanti, dimenticando oltre all’Asti spumante, che il primo spumante d’Italia è nato nel 1865 in Casa Gancia, in Piemonte.
Detto questo di “armonie sotto l’albero”, come recita il titolo, nel servizio natalizio de La Cucina Italiana non è che ce ne siano molte. Così forse è meglio seguire il consiglio del mensile: massì “beviamoci sopra”
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)