Moscato: tre notizie, due nazionali, la terza d’oltreconfine. Lunedì 10 giugno è prevista la prima riunione della Commissione paritetica, gli animi non sono molto sereni, i mercati rispondo come possono e si prospetta la solita disputa su rese e prezzi per ettaro. Come non bastasse la lite infinita sull’inserimento della città di Asti (e delle vigne, 20 ettari, che Zonin ha a Portacomaro) si arricchisce dell’ennesimo capitalo da aula giudiziaria. Intanto, negli Usa, proprio in questi giorni, Nicki Minaj, la più famosa, formosa, fascinosa e ricca, rapper donna d’America, ha annunciato di essere entrata nel business del vino, socia di una compagnia che produce Moscato, la Myx Fusions. Insomma in Piemonte sul moscato si discute e litiga, dall’altra parte dell’Oceano col moscato si fanno soldi.
Il Myx Moscato e la rapper
Non è la prima volta che il mondo della musica rap, seguitissima e ricchissima, si occupa di Moscato. Tre anni fa era stato proprio un famoso rapper a citare il Moscato di un produttore cuneese. E da lì era partita la Moscatomania che aveva indotto, checché ne dicano alcuni pseudo-osservatori, le grandi aziende a produrre Moscato facendo schizzare le vendite in Usa e quelle totali di Asti e Moscato docg a oltre 106 milioni di pezzi. Ora è la volta di Nicki Minaj che non solo canta di Moscato tout-court, ma addirittura diventa socia e portavoce di un’azienda americana che lo produce e vende.
Stabiliamo subito una cosa: il Moscato che firma la signorina non può neppure lontanamente accostarsi a quello docg che si produce in Piemonte. Però ne parlano anche Wine Spectator qui e altre riviste Usa che parlano apertamente di Moscatomania qui.
Ma si sa che nel buio delle discoteche newyorchesi o dentro a qualche limousine un sorì o una bibita dolce gasata sembrano la stessa roba, o quasi. E, in questo momento, appare considerato del tutto marginale il fatto che il Piemonte avrebbe la possibilità di produrre, oltre a eccellenti Asti e Moscato d’Asti docg, anche un prodotto ben differenziato dal docg e dal doc, per così dire, più “à la page”, cioè aggiornato a quelli che sono gusto e tasche dei consumatori che non possono essere solo quelli coi soldi, specialmente in questo periodo. E il Myx Moscato, tradizionale o aromatizzato, in bottiglie di vetro blu da 66 cl. con tappo corona, costa 4 dollari al pezzo, un costo d’attacco per un mercato che ancora crede alla “moscatomania”.
La lite infinita
Mentre scriviamo giunge la notizia che il gruppo Zonin, che ad Asti ha 20 ettari di moscato (Castellod el Poggio) e vorrebbe diventassero a docg, ha fatto ricorso contro l’ennesima sentenza del Tar Lazio che escludeva la città di Alfieri dalla zona di produzione di moscato bianco atto a fare Asti e Moscato docg.
A questo progetto si sono già opposti e lo faranno ancora Assomoscato (vignaioli e produttori), Comuni del Moscato e alcune associazioni di categoria. I giudici dovranno decidere ancora su una cosa che con un po’ di buonsenso si sarebbe dovuta chiudere anni fa. Così, invece di pensare come arginare l’attacco dei tanti “moscati” che arriveranno da ogni parte del mondo, anche se sono già molti i produttori piemontesi che vendono Moscato aromatizzato, in Italia si impiegano tempo e risorse a litigare e discutere.
I progetti
Tra i pochi segnali positivi ci sono le partecipazioni di produttori e aziende a importanti fiere e eventi in Italia e all’estero. Assomoscato ha portato i suoi a Perpignan, in Francia; il Consorzio dell’Asti ha presenziato al Sial di Shanghai e a breve tornerà in Cina con una missione commerciale così come sarà, tramite il consorzio dei consorzi dei vini “Land of Perfection” (qualcuno aveva criticato questo nome, ma è rimasto), al prossimo Vinexpo di Bordeaux. Basteranno queste iniziative a fare da volano ad Asti e Moscato docg sui nuovi mercati? Tutti se lo augurano
La paritetica (cose di casa nostra)
La commissione che determina l’accordo annuale sulle uve (rese e prezzi) si riunirà lunedì 10 giugno con la supervisione della Regione Piemonte. Un incontro, come si dice, interlocutorio, anche se sul piatto, secondo le prime indiscrezioni, ci sono alcune ipotesi che potrebbero animare il dibattito (affaire Asti/Zonin a parte). Un fetta consistente di parte agricola, infatti, vorrebbe la diminuzione delle rese/ettaro docg a 80 quintali (108 l’anno scorso) e contemporaneamente un aumento del 10% del prezzo delle uve, da circa 10 a 11 euro al miriagrammo. Altre componenti miste (organizzazioni di categoria, associazioni di vignaioli e aziende) spingono per rese attorno ai 100/105 quintali. Su tutto grava una situazione commerciale in linea con la crisi globale, ma mitigata dall’export che resta la meta dei vini piemontesi e italiani, non solo Asti (81% all’estero pari a 66 milioni di bottiglie su 80) e Moscato docg (78% 20 milioni di pezzi su 25).
Riuscirà il “gigante dai piedi d’argilla”, come è chiamato il comparto piemontese del Moscato, a trovare l’equilibrio che cerca da decenni? Difficile. Ma un punto fermo lo prova a dare l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto, intercettato qualche giorno fa da SdP: «Il perno deve essere la tutela di un reddito adeguato ai vignaioli». Senza carte bollate e tanti casini, per favore.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
@A tutti; ci vorrebbero i mille ettari, o due mila, dello scorso anno….per fare la frittata,altro che 20 milioni di Moscato d’asti Spumante….il problema, sapete ci sono troppe teste di…………………………………………………….
non lo dico. saluti
@ filippo gira e rigira è sempre la solita minestra, sempre i soliti problemi e dire che con la forte richiesta di Moscato che c’è nel mondo (oltre un miliardo e mezzo di bottiglie vendute) basterebbero 20 milioni di Moscato d’Asti Spumante per risolvere il problema delle giacenze, delle rese per ettaro e del reddito dei produttori. Le stesse cose che dicevo quarant’anni fa a proposito del Moscato d’Asti tappo raso. Spero che la soluzione non ci metta altri 40 anni…io ci sarò ancora ma quanti altri?
Buon Moscato d’Asti…spumante
giovanni bosco