Non si chiama più “commissione paritetica”, ma “tavolo di filiera del Moscato” quello convocato oggi a Torino.
Ad avvertirci del cambio di denominazione è stato oggi l’assessore regionale all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero. «Definizione che va bene a tutti. Quella di prima no» spiega.
Dunque al “tavolo” di che si è parlato? Di vendite soprattutto. Davanti a parte industriale e agricola, assessore e associazioni di filiera, il Consorzio di Tutela ha snocciolato i dati 2016: oltre 85 milioni di pezzi venduti di cui più di 31 di Moscato d’Asti docg, il resto, circa 54 milioni, sono le bollicine dell’Asti docg.
Che se ne evince? «Che il “tappo raso” è cresciuto di 2 milioni rispetto il 2015 e che l’Asti ha arrestato la discesa stabilizzandosi» dice Ferrero.
Quindi tutto ok? Beh non proprio. «C’è da essere moderatamente soddisfatti – ammette l’assessore -. Il Moscato conferma la crescita ed è un bene. L’Asti ha arrestato la caduta di vendite e anche questo è un bene. Tuttavia resta lo scoglio di procedere ad azioni che garantiscano un progresso. Non possiamo arenarci. Vanno fatti passi in questo senso».
Quali siano questi passi la Regione lascia che sia la filiera a indicarli. Uno di questi sarà la versione non dolce dell’Asti docg, il “secco” che ha fatto infuriare quelli del Prosecco preoccupati che i piemontesi vogliano sfruttare l’onda prosecchista.
«Sono stati fatti aggiustamenti – dice Ferrero -. La pratica trasmessa ora al Ministero parla di indicazioni comunitarie che prevedono la dicitura “secco” in etichetta degli spumanti».
Quindi i piemontesi si rifanno alle regole della tanto vituperata Europa. È da vedere se i veneto-friulani accetteranno o porranno condizioni nonostante le norme Ue.
«Ma se tutto andrà bene è ragionevole attendersi il via libera per l’estate 2017 e, magari, al Vinitaly essere già in grado di annunciare la prossima uscita dell’Asti Secco» annota Ferrero.
Intanto, su un altro fronte istituzionale, quello dei Comuni del Moscato, da registrare la presa di posizione del presidente dell’associazione, il sindaco di Santo Stefano Belbo, Luigi Icardi. «Siamo soddisfatti che la Regione Piemonte abbia ripreso in mano il tavolo di filiera e ne coordini i lavori». L’assessore, in qualche modo, frena: «Certo la Regione ha nel suo ruolo quello di mediazione tra le parti. Quasi di tratta di governare le politiche di tutela e sviluppo della filiera la Regione c’è in qualità di coordinatore, indicatore, compattatore, ma quando si tratta di affari, beh, quelli li devono fare gli attori preposti: le aziende, i vignaioli, le cantine, i vinificatori. Lo scopo deve essere avere prospettive di sviluppo importanti».
Nonostante i segnali di ripresa, che per il prossimo anno dovrebbero far mantenere rese e prezzi delle uve, il pensiero corre a cinque anni fa quando Asti e Moscato docg vendevano oltre 106 milioni di pezzi di cui 85 solo di Asti spumante. Da lì a qui una bella differenza che il comparto vuole quanto meno ridurre anche con l’aiuto di una nuova tipologia come l’Asti Secco.
Ma oggi a Torino si è anche parlato di una piccola quantità di mosto ancora da collocare. «Il Consorzio si è fatto carico di trovarne la collocazione perché è giusto che il comparto rispetti le regole che impongono il ritiro di tutto il prodotto».
Prossima riunione del tavolo già il 27 gennaio 2017. Tra i temi ancora vendite, promozione, sviluppo e, chissà, qualche novità sull’Asti Secco.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)