Moscato: dopo lo strappo M&R-Gancia/Consorzio dell’Asti, ecco i primi commenti a caldo

inserito il 10 Dicembre 2009
oro biondo?

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Lo strappo di Gancia e Martini & Rossi che, dopo averlo fondato nel 1932, hanno abbandonato il Consorzio di Tutela dell’Asti spumante è stato come un’onda sismica che si è propagata facendo sobbalzare il territorio del moscato. Non poteva essere altrimenti per un comparto che dà lavoro a 15 mila addetti, coinvolge tre province e 52 Comuni piemontesi, che conta un vigneto grande più di 10 mila ettari, dove operano 6 mila aziende agricole, decine di Case vinicole e che produce un fatturato che sfiora i 500 milioni di euro l’anno. Il “terremoto” non ha provocato crolli né, per fortuna, vittime. Ma contraccolpi, quelli, sì, eccome! Sdp li ha registrati e raccolto i primi commenti a caldo. Eccoli.

Massimo Fiorio, parlamentare astigiano, segretario della Commissione Agricoltura della Camera, rilancia la preoccupazione che aveva espresso pochi giorni fa: «Temo gli scossoni che questa vicenda porterà al settore. Spero che nessuno voglia toccare l’accordo interprofessionale che difende il reddito dei viticoltori del moscato». Mino Taricco, assessore della Regione Piemonte all’Agricoltura pensa positivo: «Sono preoccupato anch’io, ma voglio credere che la decisione delle due aziende storiche di abbandonare il Consorzio sia un modo per dare uno scossone e ripartire insieme con nuovo vigore per il rilancio di uno dei prodotti principe dell’enologia piemontese e italiana. Nei prossimi giorni convocheremo le parti per fare i punto sulla situazione». Fulvio Brusa, assessore all’Agricoltura per la Provincia di Asti è meno ottimista: «Convocherò un tavolo di confronto, ma la situazione mi appare seria e merita di essere analizzata con attenzione». Dino Scanavino, presidente della Cia astigiana (agricoltori) non esita: «Andarsene è sempre un errore. Auspico che gli interessi dei viticoltori siano tutelati». Valter Bera, produttore vinicolo, socio del Consorzio e presidente dell’enoteca regionale di mango “Colline del Moscato”, esprime desolazione: «È l’ennesima divisione di cui il mondo del moscato proprio non aveva bisogno». Analoga l’analisi di un altro produttore socio del Consorzio, Paolo Saracco di Castiglion Tinella, che è stato sempre una voce critica verso la gestione consortile e oggi indica colpe precise: «Quello che è accaduto è figlio delle scelte sbagliate che fatte fino ad ora. Una gestione miope che ha lasciato che il prodotto fosse svilito a tal punto che le case spumantiere storiche hanno deciso di uscire dal Consorzio. È un segnale che deve essere considerato per quello che è: un invito a cambiare registro e radicalmente, per il bene di un’intera filiera». Infine il commento di Giovanni Satragno, enologo, produttore vitivinicolo a Loazzolo e presidente di Assomoscato, la società-sindacato che raggruppa oltre duemila vignaioli della zona classica di produzione: «È troppo presto per calibrare contraccolpi ed effetti di una decisione così forte che sposta fuori dal Consorzio di tutela una fetta importante della produzione di Asti e Moscato docg (insieme M&R e Gancia fanno più di 30 milioni delle 90 bottiglie di Asti prodotte ogni anno ndr). Oggi posso solo dire che il Consorzio non ha mai avuto nei nostri confronti una posizione di appoggio. Ecco, spero che questo d’ora in avanti possa cambiare»

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

2 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. Carlo Poli 11 Dicembre 2009 at 23:20 -

    Ho avuto modo di intervenire alcune settimane fa al riguardo dello spinoso problema della “ristrutturazione” del Consorzio dell’Asti ponendo alcune riflessioni su gossip ascoltati da amici della zona tra un agnolotto al plin ed una ruota di formaggi. Col senno di poi potrei dire che tutto era ampiamente previsto.
    Ed adesso cosa succederà? Ancora una volta l’instancabile ed eccezionale presidente si sta prodigando per ricomporre i cocci ma i miei confidenti mi dicono che i giochi sarebbero oramai fatti ed infilare nuovamente il dentifricio nel tubetto sia davvero un’impresa ardua anche per una uomo del suo carisma ed autorevolezza.
    Fontanafredda, Gancia e Martini & Rossi costituiscono una massa critica di bottiglie, storia, tradizione, penetrazione sui mercati, immagine, potenziale di investimento e credibilità internazionale che non è discutibile. Se questo dream team di marchi avrà la forza di marciare in modo compatto, e perché non farlo a questo punto, con una strategia seria e ferrea, unendo potenza multinazionale con la storia di chi ha inventato il prodotto mixato dall’energia, prestigio e creatività di Mr. EatItaly …. parlare di svolta epocale nel mondo dell’Asti potrebbe essere riduttivo.
    Difficilissimo immaginare le conseguenze, di sicuro è iniziata una fase nuova in cui nulla potrà essere come prima, questa volta è stato veramente varcato il Rubicone. Non importa se la frattura verrà ricomposta o se le posizioni resteranno inconciliabili, in entrambe i casi grandi cambiamenti sono all’orizzonte.
    Come sempre il mercato sarà il giudice più severo ed inappellabile, sarebbe azzardato e presuntuoso fare previsioni. Al momento l’unica certezza e che i tempi dei compromessi e delle mediazioni, degli interessi superiori e della tolleranza che hanno portato a questa implosione sono finiti per sempre.
    Il problema è veramente serio considerando l’importanza della filiera Moscato nell’economia di tante famiglie coinvolte nel settore viticolo enologico del Piemonte. Iil sarcasmo è quindi fuori luogo ma un interrogativo il presidente se lo deve porre. Alla luce del nuovo regolamento che dice di aver emanato per non assegnare il simbolo consortile a chi vende il prodotto al di sotto di una certa soglia di decenza e sopravvivenza etica, considerando le aziende rimaste nel consorzio e relativi posizionamenti, ha fatto i conti di quanto dovrà ridurre l’assegnazione di tali simboli consortili?
    Mi dicono che da anni si sussurrava, sempre negando in modo ipocrita nell’ufficialità, che all’interno del consorzio convivevano due omonimi incompatibili. Uno dei due era di troppo. Il tempo dirà quale dei due aveva ragione.

  2. Adriano Salvi 11 Dicembre 2009 at 07:33 -

    Tanto tuonò che piovve……
    tutti gli altri commenti sono superflui per chi da trent’anni segue come cronista le vicende dell’Asti e del suo consorzio……tra fiumi di parole e “progetti”…..l’unica cosa che ha salvato il comparto è stato l’accordo interprofessionale….se cade quello sarà il caos totale…
    Forse…..si può ancora rimediare….ma con quei prezzi sugli scaffali…….

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