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Moscato caos. In Usa è di moda, ma sugli scaffali c’è di tutto, compreso l’Igt emiliano fatto dai… piemontesi

La Moscato mania è un dato di fatto e il vino dolce va da dio, soprattutto negli Usa. I piemontesi vendono il loro Asti docg, spumante e tappo raso, ma sugli scaffali a stelle e strisce c’è di tutto. Sdp è in grado di documentare l’estrema speculazione che è in atto sul mercato americano. Moltissime aziende stanno cavalcando l’onda. Ci sono Moscati californiani, australiani, ma anche, per fortuna, italiani. Anche se, per la verità, non solo piemontesi. Del resto si sa Moscato è una denominazione diffusa e utilizzabile in tutto il mondo.

Quello che, semmai, stupisce, è che tra le bottiglie di Moscato vi siano anche etichette piemontesi che presentano prodotti extra-Piemonte. Come il Moscato della zona di Pavia. Si tratta di lesa “moscatità”? Siamo davanti ad un tradimento delle radici enologiche o a un fare di necessità virtù a seguito delle diatribe che contrappongono aziende e rappresentanti dei vignaioli sul nodo dell’aumento delle rese davanti a richieste di acquisto sempre più pressanti? E, ancora, il fatto che tra le aziende che vendono all’estero Moscati non piemontesi vi siano anche cantine sociali, quanto è significativo di un atteggiamento disinvolto nell’aggredire nuovi mercati o mercati in ascesa? È la svolta della cooperazione enologica che si fa più manageriale e meno legata al territorio o si tratta di episodi legati a fattori contigenti?

Noi, non siamo analisti di mercato. Ci limitiamo a registrare i fatti. Perciò ecco le foto che documentano la Moscato mania negli Usa con Moscati italiani non piemontesi e i competitors americani

Crediamo possano offrire spunti di riflessioni per tutti gli “attori” della filiera: dalle Case spumantiere, al Consorzio di Tutela, fino alle organizzazioni di categoria. Il nostro augurio, in cui nonostante tutto e tutti crediamo fermamente, è che servano a far trovare un punto di intesa per disegnare strategie comuni future. Siamo degli illusi? Beh a noi piace sognare e, come si dice, a volte i sogni si avverano.

Infine pubblichiamo anche una bizzarra interpretazione dei connazionali di Obama in merito ad alcune denominazioni enologiche più prestigiose di Italia e Francia, alla faccia di qualsiasi legge e leggina Ue.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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  1. innanzitutto bisognerebbe spendere un pò di quei soldi che si sprecano sull’Asti spumante per far conoscere il Moscato d’Asti come prodotto di questo territorio per dar modo al consumatore finale di poter scegliere tra i vari moscati del mondo. Per il Moscato d’Asti il consorzio ha mai speso una lira e nemmeno…un euro. Per quanto riguarda il tavolo attorno al quale sedersi per discutere il Cepam unitamente al CTM lo mette a disposizione Mercoledì 8 dicembre alle ore 10 presso il salone del centro sociale a Santo Stefano Belbo. L’invito è esteso a tutti i produttori di moscato e anche a Te e a tutti gli appassionati di questo interessante blog. Buon Moscato d’Asti.
    giovanni bosco

  2. Caro Giovanni, se guardi bene, in una delle foto (quella con il gruppo di bottiglie) si vedono i prezzi, che sono abbastanza eloquenti sulla “guerra” commerciale che si è scatenata in Usa per quanto riguarda il Moscato. Per quanto riguarda i moscati non piemontesi ti posso dire che i prezzi vanno da poco meno di 5 dollari (Trebbiano) a oltre i 10 dollari (Castello del Poggio) passando per i circa 8/9 dollari della Avp (Araldica di Castelboglione – Asti). Basta per dare il senso del “casino”? Credo di si. A mio avviso bisogna prenderne atto prima che la cosa ci travolga (ammesso che non lo abbia già fatto). Nessuno, men che meno in questo blog, ha mai messo in discussione radici, tradizioni e qualità dei sorì, neppure il lavoro eroico di vignaioli e famigie che vivono e coltivano quelle terre. ma qui, consentimi Giovanni, il discorso è diverso e paragonarlo al conflitto balcanico mi sembra quanto meno fuorviante. Il fatto è che ora il Moscato bianco (di Canelli, come si diceva una volta) è al centro di una speculazione mondiale e il Piemonte, che la varietà migliore e che meglio si adatterebbe alle potenzialità del mercato, non può a mio avvisto perdere l’ennesimo treno e non affrontare questa sfida. In che modo? Francamente non lo so, non è il mio mestiere. Sarebbe – il mestiere – di persone che ora preferiscono litigare sui giornali invece di sedersi attorno ad un tavolo e trovare un’intesa. Ed è questo, permettimi, che è davvero scoraggiante insieme alla mancanza di strategie di squadra, alla incredibile abilità di preferire le polemiche sterili al confronto, alla convinzione di essere i soli a detenere la verità senza un minimo dubbio (che come sai sarebbe segnale si saggezza e lungimiranza) e alla difesa di posizioni acquisite tanto strenua da far sospettare che serva solo a giustificare ruoli o benefit personali. Insomma come avrai capito vorrei l’impossibile: una filiera più unita, meno litigiosa, più proficua nell’attivarsi pro Asti e Moscato e impermeabile a posizione preconcette che non servono a nulla. Un sogno? Spero di no…

  3. Per fare un servizio completo dovresti mettere anche il prezzo delle varie bottiglie. Purtroppo non vorrei che per seguire la moda i produttori di Moscato d’Asti e di Asti Spumante siano costretti a ridurre i prezzi a bottiglia con la conseguenza di dover ridurre i prezzi dell’uva e aumentare le rese.
    Purtroppo o per fortuna non tutti i vigneti possono produrre 140 q.li per ettaro o addirittura 180 q.li per ettaro come nell’oltrepò pavese. Se si aumentano le rese e si abbassano i prezzi che fine faranno i sorì dove è nato il moscato d’asti? Ci sarebbe un abbandono dei vigneti eroici e storici.
    Ti immagini Moncucco, la collina dei Mari del Sud di Cesare Pavese. a gerbido o peggio ancora con gli impianti fotovoltaici. Tu sai bene che sono le radici delle vigne e le cure dei vignaioli che sostengono le colline. Senza di queste due combinazioni quante frane dovremo sorbirci? Occhio, i Serbi per difendere i monasteri del Kossovo dove hanno le proprie origini hanno fatto una delle
    più cruente guerre degli ultimi anni. Non esasperiamo i produttori di moscato d’asti dei sorì. Costretti dalla vita a grosse fatiche sono disposti a tutto. Buon moscato d’asti.
    giovanni bosco
    presidente ctm

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