Mondo Moscato. Industriali e vignerons si fanno la “guerra” a mezzo stampa. Pessimo segnale

inserito il 15 Agosto 2010

Un’intera pagina sui quotidiani per pubblicare una lettera aperta nella quale spiegare la propria proposta commerciale. È l’ultimo atto della querelle che contrappone industrie e viticoltori del moscato. Al centro c’è l’accordo interprofessionale che, possibilmente prima della vendemmia prevista per i primi gironi di settembre, dovrebbe fissare prezzo e rese per ettaro delle uve moscato destinate alla vinificazione di Asti e Moscato d’Asti docg.

Una settimana fa c’era stata la rottura formale delle trattative. Case spumantiere (tutte, anche quelle che mesi fa avevano lasciato polemicamente il Consorzio dell’Asti) e viticoltori dell’Assomoscato (circa 2mila iscritti) si erano arroccati sulle proprie posizioni.

Sdp aveva seguito gli eventi dando puntuali e complete cronache che potete leggere qui.

In quella occasione Renzo Barbero (Campari), rappresentante delle industrie, aveva detto che le case spumantiere non si sarebbero più sedute al tavolo delle trattative se i viticoltori avessero continuato nell’atteggiamento di chiusura verso le proposte industriali, vale a dire in sostanza rese a 100 quintali/ettaro per i grappoli di moscato docg da qui fino al 2012, prezzo a 9,65 euro al miriagrammo, possibilità di avere per la vendemmia 2010 un 10% di uva in più da destinare, se lo richiede il mercato, alla quota docg (è il famoso blocage/deblocage).

Assomoscato e alcune associazioni di categoria aveva rigettato l’offerta giudicandola portatrice della volontà da parte degli industriali di sviluppare flussi e scorte in grado, secondo i rappresentanti dei viticoltori, di generare speculazioni negative per la filiera.

A seguito di quella rottura l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto, aveva annunciato incontri separati per ricucire i contatti.

Che videntemente non hanno dato grandi risultati se proprio la domenica di Ferragosto, sui quotidiani piemontesi, è uscita questa pagina.

Giovanni Satragno, leader di Assomoscato, interpellato da Sdp ha commentato così la lettera aperta delle Case spumantiere: «È un atteggiamento discutibile e immaturo. Noi risponderemo alla lettera degli industriali con un’altro annuncio pubblico sui giornali nel quale spiegheremo perché siamo contrari ad una proposta che mai come quest’anno è irricevibile. Il nostro dovere è difendere il reddito rurale e l’immagine del prodotto senza favorire speculazioni»

Paolo Ricagno, presidente del Consorzio dell’Asti e rappresentante delle cantine sociali in seno all’associazione Vignaioli Piemontesi, ha detto a Sdp: «Il messaggio delle industrie è chiaro e inequivocabile: in questo momento il mondo chiede Moscato d’Asti e non darglielo vorrebbe dire lasciare spazi e mercati a competitor agguerriti che già stanno operando per erodere posizioni all’Italia. Le cantine sociali vogliono conquistare mercati prima che lo facciano altri. La stessa cosa che vogliono le industrie. Dopo avere guadagnato clienti e commesse si potrà discutere degli altri aspetti che regolano i rapporti di filiera».

Insomma parte industriale e vignerons del moscato sembrano essere lontani da un accordo con un clima che, nonostante le temperature autunnali che hanno accompagnato il Ferragosto in Piemonte, appare ancora rovente.

Urge un “pompiere” che sappia spegnere ardori da una parte e dall’altra. Sarà il ruolo che si ritaglierà l’assessore regionale Sacchetto? Per saperlo non resta che attendere sviluppi. Un fatto è certo: se le parti hanno deciso di parlarsi a mezzo stampa, invece che nelle sedi istituzionali, certo non è un bel segnale.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

5 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. felice musto 18 Agosto 2010 at 19:10 -

    Se il mercato dell’Asti o del Moscato d’Asti è rimasto con degli inevasi bene. Un passo per la difesa del prezzo e la qualificazione del prodotto. I vini italiani (me lo diceva un commerciante “globale” di vini di quelli di basso profilo) sono deprezzati perchè.. ce n’è sempre, si trova sempre quello che lo fa saltare fuori dalla tasca, come Eta Beta. Le cose valide, per tenere un prezzo ad un certo punto devono finire. Pochi punti percentuali di inevaso non possono autorizzare la smagliatura dei disciplinari, che come tutte le smagliature è anelastica e rimane… Mi risulta che sia possibile spumantizzare delle uve aromatiche (extra bollini) con la denominazione delle uve di produzione , per fare un esempio come se Martini , anzichè fare le linee spumanti Grandi Auguri e Magici Istanti, avesse fatto una linea “MOSCATO per gli auguri” e lo poteva fare… Qualcuno lo fa già e chiede ancora di avere un fuori quota a disposizione, tanto per vedere se lo vende o meno. Cominciamo ad impedire che ciò si possa fare, potrebbe essere una rinuncia che gli industriali si devono sentire in dovere di fare . Il Moscato è solo d’asti e tappo raso, lo spumantizzato è Asti, questo è un impegnoserio che devono fare gli industriali.
    Per i prezzi e le quantità, sono sicuro che l’assessore Sacchetto saprà a chi consigliarsi e farà la sua parte a difesa del territorio e dei piccoli, come lo ha fatto per la querelle sull’Asti ad Asti , di decastriana memoria. Buon lavoro, gli agricoltori vi guardano con fiducia, neh!

  2. Fausto Fogliati 18 Agosto 2010 at 10:24 -

    C’è una terza “categoria” nella filiera del moscato, il contadino semplice: non è industriale – lo guarda sempre con sospetto e timore – e non è il “moscatista”, il mitico produttore del tappo raso, cui il contadino sa dovrà rivolgersi al comparire degli esuberi di produzione. Il contadino semplice, il milite ignoto del moscato, assiste allo spettacolino agostano, orami consueto anche per il finale gattopardesco che si riproporrà. Nei giorni scorsi ho avuto modo di parlare con alcuni conferitori di uve, i quali profetizzano, a breve, una crisi strutturale del mercato moscato; sulla scorta di un semplice ma efficace ragionamento, che mi ha colpito: del moscato non si è riusciti a fare un prodotto di eccellezza, con un consorzio a tutela forte, nè lo è diventato l’Asti; ora siamo semplicemente alla fase della svendita, dei saldi, degli stock. Le rese alte nell’arco di pochi porteranno ad una coltivazione più volta alla quantità (dalla potatura in giù) che alla qualità: ne pagheranno il pegno gli appezzamenti meno remunerativi (al…tamente collinari, i surì) a favore delle intensive di valle o giù di lì. Nell’arco di pochi anni assisteremo, dicono gli stessi contadini – magari a fronte di un mercato singhiozzante, di cui perlatro i numeri ed i contratti sono in mano alla parte produttiva, e possono essese comunicati con una certa tranquillità – a fronte ad un’aesplosione di produzione, nuovamente al fenomeno delle giacenze, degli stoccaggi, del contributo per i medesimi stoccaggi, del ruolo di ammortizzatore delle cantine sociali, alla revisione delle zone etc… Insomma, secondo i produttori, la storia della crisi del moscato si riproporrà. Nell corso delle varie feste patronali, da Canelli, a Calosso, S. Marzano, Moasca, S. Stefano: a spizzichi e bocconi questo recitano. Ricordano date, prezzi, rese, burocrazie, gradazioni. ll giro di giostra della storia del Moscato lo conoscono bene. E poi ridono, con un misto di rassegnazione e rabbia, e qualcuno di loro fà la considerazione più amara: io nel tempo son diventato vecchio e dopo di me non c’è più nessuno e meno male, per vedere uno spettacolo del genere dopo aver piegato le gambe e le mani dalla fatica. Una generazione di contadini sta finendo, senza speranza di poter tramandare un’attività minimamente redditizia. Forse un fallimento anche per la loro vita.

  3. ottavio 16 Agosto 2010 at 17:12 -

    Anche questa volta condivido in pieno le osservazioni argute e argomentate di Giovanni Bosco. E aggiungo che, di solito, i toni non li alzano né quelli che hanno ragione né quelli che hanno argomenti.

  4. giovanni bosco CTM 16 Agosto 2010 at 14:26 -

    La lettera fatta pubblicare a pagamento su “La Stampa” del 15.Agosto.2010 e indirizzata all’assessore all’agricoltura Sacchetto dimostra quanto l’industria abbia paura a rompere un’accordo che dura da oltre trent’anni. Mentre unitamente gli industriali parlano di 96,5 euro al quintale, sulla piazza si stipulano contratti a 110 euro al quintale, altre ditte sottobanco invitatano i contadini a tenere duro e a non accettare i 100 quintali + 10 di blocage dicendo loro che quella lettera l’hanno firmata controvoglia e aggiungo io su dati errati.Credo che quella lettera inviata all’assessore sia una forzatura per dire alla suocera quello che la nuora dovrebbe capire e cioè che l’assessore è nuovo ed inesperto e che loro lo sanno gestire. E’ importante a questo punto che l’assessore Sacchetto dimostri che ha personalità e che la sua decisione sarà presa nel rispetto dei dati certi e aggiornati.

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