Asti è il 53° Comune del Moscato. L’accordo, al termine di una lunga querelle anche con strascichi legali, è giunto venerdì scorso. L’intesa è stata votata dalla commissione paritetica, che raggruppa viticoltori e case spumantiere e a cui partecipano anche Regione, Consorzio di tutela dell’Asti e del Moscato, sindacati e altre associazioni interessate alla filiera, come l’associazione dei Comuni del Moscato.
In sostanza si è deciso che Asti entrerà nella lista del Comuni del Moscato, e i soli vigneti autorizzati alla coltivazione dei grappoli docg saranno quelli compresi nei tre ettari di filari di proprietà della scuola agraria di Asti che si trova in Viatosto 54, appena dietro il grande complesso dell’ospedale cittadino.
Il voto favorevole della commissione arriva dopo mesi di ostilità che sono sfociate anche in un duello legale.
Da una parte c’era il Comune di Asti che rivendicava il diritto – a partire dal fatto che i vini Asti e Moscato d’Asti portano il nome della città di Alfieri – ad essere inserito nella lista dei Comuni dell’area di coltivazione e, perciò, aprire ai terreni agricoli del suo territorio la possibilità di richiedere l’impianto di uve moscato per Asti e Moscato d’Asti docg.
Dall’altra c’erano la Produttori di Moscato Associati (Assomoscato), sindacato che rappresenta più di duemila vignaioli, i Comuni del Moscato e il Comune di Coazzolo (che per primo si oppose alle richieste astigiane) i quali hanno contestato metodo e tempi di una richiesta giudicata arbitraria e portatrice di interessi diversi da quelli della città – con un riferimento esplicito ad aziende, come la Zonin che nel Comune di Asti ha una grande tenuta vinicola – a cui avrebbe potuto far gola rientrare nella zona classica di coltivazione del moscato.
Ora il compromesso con l’ok dell’ingresso di Asti nella lista delle città del Moscato, ma con il via libera alla coltivazione solo per una micro-enclave di pochi ettari.
Chi si era opposto all’ingresso tout-court dei terreni agricoli di Asti giudica la decisione della paritetica una vittoria.
Giovanni Satragno, presidente di Assomoscato, ha detto a Sdp: «È la dimostrazione che avevamo ragione. Il territorio del moscato va tutelato. Noi lo abbiamo fatto e alla fine l’accordo è stato raggiunto anche contro chi ha cercato di forzare la mano e imporre alla filiera i propri interessi. Ora pensiamo alla vendemmia e a come garantire il reddito della vigna».
Soddisfatto anche il sindaco di Coazzolo, Fabio Carosso: «Abbiamo difeso gli interessi dei coltivatori, l’unica cosa che ci interessava».
Più critico il commento del sindaco di Santo Stefano Belbo, Beppe Artuffo, anche presidente dell’Associazione Comuni del Moscato: «C’è la soddisfazione di avere battuto interessi superiori, di grandi gruppi industriali che, se accettati, avrebbero stravolto l’assetto del moscato e della filiera. Ora si può parlare di una nuova via del Moscato e dell’Asti, una posizione davvero paritetica e di dialogo, a favore del territorio che va tutelato sempre e comunque perché è l’unico valore aggiunto che abbiamo».
Il presidente del Consorzio di tutela, Paolo Ricagno, conferma l’accordo e commenta: «Noi eravamo disponibili ad un’apertura maggiore verso Asti. La Paritetica ha decido per un accorto di compromesso che, finalmente, mette fine ad un caso che, a mio parere, non sarebbe dovuto neppure nascere».
Infine il sindaco di Asti, Giorgio Galvagno, che ha detto: «Che Asti non fosse nella lista dei Comuni dove si fa l’Asti spumante era un’incongruenza assurda che andava sanata. Sono contento che lo si sia fatto, sia pure attraverso un compromesso. Lo giudico un primo passo perché Asti veda riconosciuto il suo ruolo di capitale mondiale del vino».
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)