La querelle dei dazi Usa, il cui pericolo ancora incombe perché tra sei mesi il presidente Trump, in perenne campagna elettorale, potrebbe riproporli (e speriamo proprio di no!), da un lato ha fatto venire ha stimolato produttori e istituzioni preoccupati per il futuro del comparto, dall’altro ha ricordato a tutti quanto sia fragile e per nulla scontata la presenza dei vini italiani (e piemontesi) su mercati che si considera, candidamente, assodati.
Per questo il pezzo che il collega Franco Ziliani ha pubblicato sul suo blog Vino al Vino (leggi qui) merita considerazione e i commenti di autorevoli nomi del mondo dell’eno-impreditoria lo dimostrano.
Franco, in sintesi, dopo la recente missione in Usa del Consorzio del Barolo e Barbaresco, indica la necessità di puntare, oltre che sugli Usa, sull’Europa e, Cina a parte, su quell’estremo Oriente (Giappone) che da sempre ama la cultura italica. Come dargli torto.
E noi di SdP, nel nostro piccolo, concordiamo così tanto che rilanciamo e chiediamo che i Consorzi piemontesi del vino, che pure sono attivi come quello della Barbera che in questi giorni partecipa a eventi in Svezia e Norvegia, ragionino su un tour nelle Grandi Capitali d’Europa, magari comprendendo anche Londra, alla faccia della Brexit e anche l’Eterna Roma, nonostante le tante ambasce urbane, insieme a Torino e Firenze che prima di lei furono capitali dell’Italia unita.
Dieci anni fa, su questo blog, di ritorno da una storica degustazione di Champagne alla Reggia di Venaria (Torino), dove il 5 e 6 aprile prossimi si svolgeranno i Roero Days (leggi qui) chiedemmo a quando un’analoga manifestazione nelle sale della Reggia di Versailles (leggi qui).
Solo un anno dopo, nel 2011, la prima e unica esperienza perfettamente organizzata dal Consorzio dell’Asti e dal Moscato d’Asti che portò i moscatisti, in piena autonomia al Vinexpo di Bordeaux, dimostrò, se ce ne fosse stato ancora bisogno, quanto i cugini francesi, nonostante la loro sindrome da grandeur (spesso confermata nei fatti) e la naturale rivalità con noi italiani, non potessero fare a meno di amare i vini de “les italiens”. Lo disse persino “le roi” Gaia (leggi qui)
Beh, allora rifacciamolo, cribbio!
E per favore, come abbiamo già scritto su questo blog, riappropriamoci anche del mercato italiano. È vero, ci sono tanti eno-eventi, con più o meno successo, e vanno benissimo. Tuttavia non bastano.
Il consumatore italico è depresso, per vari motivi che sarebbe lungo spiegare qui. Ed è certo che la crisi dei consumi, insieme a una percentuale troppo alta di nuovi poveri, non faccia saltare di gioia. La vulgata, però, dipinge gli italiani come un popolo con le pezze al culo che non ha i “danè” per comprarsi un Barolo, un Barbaresco, una Barbera Superiore o un Nizza, un’Alta Langa o un Asti docg o un Moscato d’Asti come Dio comanda, o un Gavi o un Erbaluce, un Roero, un Nebbiolo, un Brachetto, un Dolcetto (che Dio ci conservi il Dolcetto) o un altro dei grandi vini autoctoni piemontesi. Davvero lo credete? Davvero credete che la casalinga di “Rocca Sabauda” che senza fiatare scuce 500 eurini per uno “smartfon” o suo marito che ne spende il doppio in un anno per andare a vedere allo Stadio la squadra del cuore, non possano spendere 40/60 euro un paio di volte al mese per un vino decente da gustarsi con amici e parenti?
Il sospetto è che sotto sotto ci sia un cortocircuito nella comunicazione di cosa è il vino e come e quando va consumato, senza parlare di cosa il mondo del vino rappresenta per il nostro Paese e la nostra economia.
Dunque in mancanza di atti sufficienti urge almeno il coraggio delle idee, di indicare quello che non va e quello che potrebbe andare, senza, naturalmente, pretendere di avere la verità in tasca, ma con l’impegno e l’onesta intellettuale da parte di tutti a ragionarci sopra.
Altrimenti basterà un Trump qualsiasi per mettere in crisi decenni di lavoro e secoli di tradizione. E non è bello.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Mercati futuri. Il coraggio delle idee a servizio della promozione del vino piemontese
inserito il 19 Febbraio 2020Lascia un Commento
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