Mariann Fischer Boel, Commissaria europea all’agricoltura e allo sviluppo rurale, parla della riforma europea del vino tra proposte curiose (abbassare l’alcol nel vino) e complicate (un unico registro di denominazioni per vini)

inserito il 17 Luglio 2009

 

Mariann Fisher Boel

Mariann Fisher Boel

Riceviamo e pubblichiamo il testo di un intervento, diffuso il 16 luglio, della commissaria europea per l’Agricoltura, Mariann Fischer Boel, sulla riforma europea in merito alle produzioni vinicole.“Un anno e mezzo dopo che i ministri europei hanno raggiunto un accordo su una riforma indispensabile per il settore vitivinicolo europeo, quella riforma è ancora all’ordine del giorno. Anche in un momento di recessione e notevoli difficoltà in tutto il mondo, il tema del vino è ancora abbastanza sentito in Europa per avvicinarsi alle prime pagine dei giornali.

Questa è la conferma di ciò che ho detto quel giorno, nel dicembre 2007. La riforma del vino è stata il più difficile negoziato che ho intrapreso da quando sono diventata Commissario all’agricoltura nel 2004.

 Il nostro settore vitivinicolo era come una bottiglia di spumante rimasta sotto il sole. La pressione aumentava sempre più. Quando abbiamo iniziato il dibattito sul futuro del settore, abbiamo levato il tappo. Tutto è saltato fuori dalla  bottiglia, e come!

Ma siamo chiari: le pressioni sulla bottiglia erano reali, e siamo stati obbligati a intervenire. C’era la pressione della caduta di consumo di vino nell’Unione europea, quella esercitata dai concorrenti di tutto il mondo, quella di onerose scorte di alcol di vino, e infine quella dell’opinione pubblica, che non è più disposta a tollerare la spesa di centinaia di milioni di euro per la distillazione di un prodotto ideato per essere bevuto da un bicchiere, e non certamente bruciato come combustibile.

Quelli di noi che hanno creduto nella necessità di una riforma hanno dovuto lottare con i denti e le unghie per rendere chiara questa necessità. Poi, naturalmente, abbiamo dovuto cercare dei compromessi. Sono fermamente convinta che la storia giudicherà il compromesso finale come un punto di svolta per il nostro settore vitivinicolo. La medicina sembrava forte ad alcuni, ma a volte sono le medicine dal sapore cattivo che di fatto rimettono una persona in piena salute.

Liberalizzare il sistema di regole per i vigneti darà nuove opportunità per i nostri produttori che potranno produrre più vino che la gente vuole bere. Il regime di estirpazione ha dato una preziosa via d’uscita per i produttori che erano stati in difficoltà per anni. Il riordino del bilancio che ha portato in linea con solidi principi di sostenibilità e con le aspettative del pubblico. E infine le varie modifiche alle nostre pratiche enologiche e alle norme sull’etichettatura consentiranno ai produttori europei di competere con altri fornitori a parità di condizioni. I principi della riforma sono buoni. Ora, naturalmente, siamo in fase di realizzazione: mettere in ordine le regole e fare in modo che la riforma dia dei risultati nella pratica.

Vorrei affrontare alcuni aspetti di questi temi. Primo punto: il regime di estirpazione. Che contrasto tra il punto di vista di chi contestava e quello dei produttori veri! La popolarità del regime di estirpazione è stata enorme: le domande sono state il doppio di quanto potevamo offrire. Ma, come sospettavo, a un sacco di produttori serviva un periodo di riposo! Questo è un regime con forti salvaguardie di tipo economico, ambientale e sociale, e l’evidenza suggerisce che stanno funzionando.

Tuttavia, lasciando questo sistema da parte, devo dire che ho preoccupazioni in merito all’attuazione da parte degli stati membri della riforma in generale, specialmente attraverso le loro dotazioni nazionali. Entro la fine di maggio di quest’anno, con più di mezzo esercizio chiuso, in media, gli Stati dell’UE hanno speso solo circa il 20 per cento delle loro dotazioni finanziarie nazionali. Alcuni non avevano speso nulla. Se questi soldi non vengono spesi entro il 15 ottobre, semplicemente scompariranno. Questo sarebbe un piccolo dramma per un settore che certamente ha bisogno di investire nel futuro! Così, a quei Paesi che non sono ancora usciti dai blocchi di partenza, io dico di mettersi le  scarpe da ginnastica in modo rapido e andare avanti! Ma questo non è solo un compito per i governi nazionali. Anche il settore deve promuovere progetti per ottenere i finanziamenti.  E sto pensando in particolare alla promozione!

Un altro dibattito è in corso sulla “de-alcolizzazione” del vino. Penso che abbiamo raggiunto un giusto compromesso su questo punto. Da un lato, alcuni Stati sono attaccati al concetto “tradizionale” di vino. Dall’altro, la libertà di togliere due punti percentuali di alcol – purché l’ultimo livello non scenda al di sotto di una certa soglia – è in linea con le norme dell’Organizzazione internazionale del vino. Inoltre, dobbiamo davvero prendere sul serio i problemi di salute legati all’alcol. Il vino non è certamente “responsabile” per questi problemi: gli uomini sono responsabili. Ma se alcune persone volessero godere del vino facendo attenzione al consumo di alcol, non dobbiamo negare loro la possibilità di acquistare vini di alta qualità contenenti meno alcol. O meglio, per essere più precisi: dovremmo consentire ai nostri produttori di soddisfare questa necessità, invece di lasciare una parte del mercato ai concorrenti non europei.

Vorrei concludere con un punto su una questione che va ben oltre il settore del vino: la nostra politica per la qualità dei prodotti agricoli. Stiamo esaminando la possibilità di creare un registro unico per le indicazioni geografiche di vini, liquori, prodotti alimentari e prodotti agricoli. E stiamo cercando di armonizzare i tre sistemi giuridici, nella misura del possibile. Sono consapevole delle preoccupazioni del settore vitivinicolo sulla questione. Certo, è importante che si tenga pienamente conto dei diversi aspetti del settore vitivinicolo.

L’intenzione è quella di far funzionare meglio le nostre regole per l’indicazione geografica. La semplificazione non ha senso se sembra buona in teoria, ma alla fine minaccia la qualità del prodotto. D’altra parte, vedo che l’armonizzazione potrebbe portare alcuni benefici. Le eventuali lievi differenze di terminologia e di processo possono rendere meno chiari i diritti legali di protezione del prodotto. E dove i diritti sono poco chiari, questo crea ampio disaccordo, ritardi e cause legali. Questo è il motivo percui stiamo guardando favorevolmente all’armonizzazione. Ma la Commissione non ha alcuna intenzione di affrettarsi: procediamo con cautela.

Nel complesso, sono sicura che abbiamo fatto bene a “stappare il tappo della bottiglia” e a riformare il nostro settore vitivinicolo. Sì, il tappo ha fatto un sacco di rumore – quasi come un colpo di pistola! Per alcuni, questo è stato allarmante. Ma il rumore è stato forte e la discussione feroce in parte a causa delle pressioni del settore che sono continuate a lungo.

Ora quella pressione è stata rilasciata. Il nostro settore vitivinicolo sta avendo nuove opportunità di usufruire del suo spirito d’impresa, con regole sensate, con misure di salvaguardia, con il sostegno finanziario.

Il giorno in cui la riforma è stato approvata, sono stati fatti saltare tappi di bottiglia, prima al Consiglio dei ministri e poi nel mio ufficio a Bruxelles.
Tra molti anni ci saranno ancora tappi di bottiglie europee stappati in tutto il mondo. E credo che, grazie a questa riforma, sentiremo sempre di più questo rumore gioioso, non meno”.

Mariann Fischer Boel

Commissaria europea all’agricoltura e allo sviluppo rurale

16 luglio 2009

Testo raccolto da Matteo Fornara, Rappresentanza a Milano della Commissione europea

Mariann Fisher Boel

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