Il paese è quello di Cesare Pavese, lo scrittore che meglio di altri ha scritto di vigne e di uomini senza condizionamenti viticoloindustriali. Lo scenario quello della chiesa che sta accanto al centro studi dedicato allo scrittore. L’argomento è la nascita di Opiv, l’osservatorio sulla proprietà industriale e intellettuale nel settore vinicolo e delle tecnologie enoalimenatri. Più lungo scriverlo che spiegarlo. Si tratta di un polo di studio e tutela su marchi e azioni industriali e intellettuali che hanno a che fare con il vino e l’enotecnologia. L’idea è stata di un avvocato canellese, Vittorio Merlo, specializzato proprio nella tutela giuridica di marchi e proprietà. Con lui altri professionisti della zona e il Comune di Santo Stefano Belbo dove il sindaco, Luigi Icardi, anche presidente dell’associazione dei Comuni del Moscato, ha condiviso il progetto. «In un momento di crisi per alcuni vini del territorio era importante dare un segnale di tutela e progettualità future» spiega.
Sul palco, davanti a una platea di produttori vinicoli, vignaioli e esperti di leggi ed economia, si alternano i relatori. Interventi brevi, mirati, chirurgici, con un comune denominatore: se il mondo del vino piemontese subisce qualche criticità l’unica via è perseguire la qualità sempre. Più facile a dirsi che a farsi. Il riferimento è soprattutto al mondo dell’Asti docg, l’unico spumante dolce a base moscato e docg che fino a qualche anno fa vendeva oltre 80 milioni di bottiglie e oggi stenta ad arrivare a 50. Ne hanno parlato esponenti di spicco del settore. Ma di questo parleremo in un altro post. Per quanto riguarda Opiv di tutto rispetto i relatori che lo hanno tenuto a battesimo. Oltre a Icardi e Merlo sul palco si sono alternati il commercialista Carlo Vicarioli che ha sottolineato gli aspetti fiscali e tributari della registrazione di marchi e tutele, e alcuni esperti dello studio Jacobacci & Partners di Torino, leader mondiale nella tutela di marchi e brevetti. Sono intervenuti: Enrica Acuto Jacobacci, Paola Gelato e Edgardo Deambrogi. A loro è toccato ricordare quante potenzialità abbiano le agroeccellenze italiane e quanto poco siano tutelate in giro per il mondo e anche a casa nostra alimentando quel settore di pataccari del “made in Italy” alimentare che, secondo recenti stime, rappresenta un giro da 60 miliardi di euro a colpi di falsi Parmigiano Reggiano, Gorgonzola taroccato e finto Barolo. Ma non è solo questo. Da quelli dell’Opiv, che sono a caccia di associati, è arrivato forte un richiamo alla tutela e alla difesa di marchi collettivi che identifichino un territorio votato da sempre a produrre eccellenze vinicole e enotecnologiche (la zona del Sud Piemonte è polo mondiale per la produzione di macchine enologiche e per l’industria alimentare). Non per nulla due anni fa l’Unesco ha riconosciuto questi luoghi, i paesaggi vitivinicoli piemontesi, 50° sito italiano patrimonjo dell’Umanità. Quindi il messaggio è stato: «Non basta lavorare, bisogna anche difendere quello che si fa da chi lo copia illegalmente». Inevitabile parlare del web. Lo ha fatto l’avvocato Emanuela Nespola portare alla luce tutte le incongruità della Rete e dei domini di cui su questo blog abbiamo parlato diffusamente. A presentazione finita resta l’incognita del futuro: al di là del progetto Opiv riuscirà a smuovere le coscienze un po’ assopite degli imprenditori di questo scorcio di Piemonte? Difficile prevederlo. Tuttavia il fatto che i mercati interno e esteri siano sempre più competitivi e che la crisi economica imponga continue scelte di innovazione e sviluppo, pena la chiusura, potrebbe essere un buon viatico. Per tutti.
F.L.