Londra 2011: Asti e Moscato docg introvabili da Harrods e nelle pasticcerie del centro, menù pseudo-italiani che propongono piatti improbabili e quando trovi un tartufo arriva dalla Francia. Questo, in pillole, è l’esito del breve viaggio fatto a Londra, a fine luglio, a pochi giorni dai disordini che avrebbero messo a ferro e fuoco alcuni quartieri della capitale inglese.
La facciamo corta: puntata di rigore ad Harrods, tempio dello shopping londinese e visitato da milioni di turisti che arrivano da tutto il mondo. Cerchiamo la cantina fornitissima, così celebrata sul sito del centro commerciale, è intercettiamo un commesso.
«Have you Asti spumante, please?» chiediamo. Il biondo ci guarda, sgrana gli occhi e chiede: «Asteee spumantiii?». Gli spieghiamo che è un vino nel Nord dell’Italia, del Piemonte. Gli si illuminano gli occhi: «yess, yess». si affretta a dire, ma poi ci spiega che l’Asti spumante è in stoccaggio e non è ancora sugli scaffali. Okkey, siamo sfortunati. Allora domandiamo un Moscato d’Asti. Il biondo ci dà la stessa risposta, anche il “rappo raso” è in magazzino in attesa di essere messo sugli scaffali. «Sorry» dice gentile il tipo.
Passeggiamo per la “cave” di Harrods. Di Asti e Moscato nessuna traccia, ma Prosecchi e Supertuscan imperversano insieme, ovviamente a francesi e resto del mondo. Eppure le bollicine dolci bianche piemontesi sono le più vendute al mondo. Eppure ci avevano detto che un produttore aveva piazzato il suo Asti qua. Mah.
Più tardi il sito Internet di Harrods confermerà l’assenza delle bollicine piemontesi. Tra i vini “sparkling” c’è solo un Brachetto docg della zona di Strevi. Di cui, però, viene indicata l’annata 2008! Sarà ancora buono? Abbiamo i nostri dubbi. E che dire del passito di Brachetto inserito tra i vini rossi e del Loazzolo doc tra i vini bianchi? Harrods forse dovrebbe fare più attenzione a questi particolari che, per chi apprezza il vino, non sono secondari.
Girovagando per i grandi magazzini londinesi che pochi mesi fa Al Fayed ha venduto ai reali del Qatar per una cifra astronomica – si parla di 1,5 miliardi di sterline, circa 1,8 miliardi di euro – vendiamo un corner, un angolo, dedicato al tartufo. Ci avviciniamo speranzosi, finalmente un angolo di Piemonte. E invece la trifola, il tartufo, vanto del Piemonte, ci è stato scippato dagli odiati cugini francesi. L’intero scaffale è infatti occupato dai prodotti della “Maison de la Truffe”. Tutto tartufo nero, s’intende, nulla a che fare col Tuber Magnatum Pico ch si raccoglie tra Alba e Asti, tra Langhe e Monferrato. Ma tant’è, se gli inglesi che vanno da Harrods vogliono acquistare un fungo ipogeo con cui condire gli “spagheddeee” o il “risoddoo” devono accontentarsi di un nero francese anziché di un bianco italiano.
Usciti da Harrods ci concediamo un frugale pasto, ma curiosiamo anche tra i menù pseudo-italiani che occhieggiano sulle strade della metropoli inglese. Scopriamo errori/orrori, come il “ventre di maiale”, che scopriamo essere «slow roasted pork belly on berlotti beans serve with seasonal greens», letteralmente, al netto dell’errore sul nome dei fagioli borlotti, uno stracotto di maiale con borlotti e verdure di stagione.
Poi c’è la “Scarmoza” che è null’altro che una scamorza affumicata avvolta in prosciutto (crudo) di Parma.
La sensazione di disagio cresce quando, tra Picadilly Circus e Saint Jame’s Park scrutiamo le vertine delle pasticcerie per rintracciare una bottiglia di Asti e Moscato docg che con i buonissimi dolci inglese ci starebbe più che bene.
Invece nulla, niet, nada, il deserto. Tra pudding e muffin, torte e pasticcini da tè, si vedono solo Champagne e qualche solitaria, ma presente, bottiglia di Prosecco.
Morale: è meglio che i piemontesi si sveglino. Sarà pur vero che il mercato inglese è difficile e super-tassato, sarà pur vero che la crisi colpisce duro tutti i Paesi. Però, ragazzi, francesi e veneti (ma anche siciliani, toscani, sudafricani, portoghesi e cileni e tanti altri) non si sono tirati indietro. Vediamo di muoverci anche noi. Perché al tà delle cinque, un buon Asti fresco, con sadwichs, tartine e pasticcini sarebbe davvero una pausa da re, anzi da regina.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Il mercato Inglese è sicuramente uno dei mercati piu affollati e difficili ma anche uno dei piu importanti . dobbiamo quindi applicarci con piu determinazione . I consumatori / intenditori inglesi anno approccio pragmatico al vino e su questo mercato troviamo tutti i vini del mondo . Tra i vini Piemontesi il Gavi ha una disceta immagine, il Barolo mantiene il suo prestigio, Asti e moscato d’asti non hanno mai fatto furore per gli altri bisogna fare ancora notevoli sforzi per farli conoscere.Concordo con Adriano che in Estate trovare del Tuber Magnatum Pico è un po improbabile , mentre è piu facile Trovare del nero Francese ( o Cinese). Comunque sui prodotti a base di tartufo ci sarebbe da discutere a lungo e sul fresco una grattata di tuber magnatum a Londra la si trova abbbastanza facilmente senza andare da Harrods.(a meno) in stagione.
Anche qui la crisi colpisce duro .
Detto tutto questo l’importanza di questo mercato impone un impegno maggiore da parte nostra e perderci in luoghi comuni serve a poco.
Sono anni che non vado a Londra, ma vedo che non è cambiato molto circa l’offerta di Asti e Moscato d’Asti, anzi……I francesi da quelle parti l’hanno sempre fatta da padroni nell’enogastronomia, nonostante si siano presi a cannonate per 100 anni con i sudditi britannici.
Sul tartufo, va detto, che è normale che in estate arrivi dalla Francia, penso che a fine anno si trovi anche il nostro pregiato tuber magnatum Pico, ovviamentea prezzi iperbolici. Sulla ristorazione il discorso è complesso, Londra è sicuramente la metropoli più cosmopolita del mondo ed offre la gastronomia di tutto il mondo. Il rovescio della medaglia è che questa offerta crea non poca confusione e tutta una serie di taroccamenti e pressapochismi che fanno leva ovviamente anche sulla cucina italiana che è comunque tra le più note e quindi viene “usata” per attirare cienti….Mi capitò anni addietro a Londra, per pura curiosità e non essendo tra i tanti italiani che vanno a Londra per mangiare una pizza (sigh) di essere attirato dall’insegna di un ristorante “Mongolo”. Scoprii subito che il cameriere era italiano (ci salutò calorosamente quando ci senti parlare nella lingua di Dante), il cuoco portoghese ed un altro addetto alle piastre tedesco…..di mongoli neppure l’ombra….Ovviamente ci sono anche ristoranti “original” delle varie etnie, ma penso che costino oggi come allora una tombola. Per quanto riguarda i nostri vini vedo che non è cambiato molto….per anni andò fortissimo il Soave, ora è la volta del Prosecco….noi piemontesi siamo come sempre “bugianen” evidentemente è una definizione che ci calza a pennello…..sui Consorzi che dovrebbero agire promozionalmente nella terra di Albione per favorire la diffusione dei nostri vini preferisco evitare ulteriori commenti…..