Pur sapendo che il sindaco di Verona, Flavio Tosi è in questi giorni in altre cose affaccendato (nella Lega c’è un po’ di maretta) non possiamo esimerci da dire due o tre cose (o anche di più) sul Vinitaly 2013 appena concluso, inviando idealmente al primo cittadino più maroniano d’Italia, e anche all’ente Fiera della città scaligera, una missiva virtuale. Eccola.
Cominciamo dalle cose positive. C’è gente che dice che i visitatori erano in calo, che i giorni di apertura (da domenica a mercoledì) facevano schifo e che la crisi economica avrebbe decretato il flop della rassegna giunta quest’anno alla 47ª edizione.
Ebbene, tutto sbagliato. Francamente il flusso dei visitatori era come gli altri anni, il fatto di aver evitato, almeno in parte, il weekend ha tenuto fuori gente che con il mondo del business vinicolo ha poco a che fare anche se domenica qualche torma di ragazzotti a caccia di ciucca facile s’è vista. Infine, nonostante la crisi che picchia duro, le aziende del vino lottano e riescono a creare attenzione e interesse. Certo nodi da sciogliere sono tanti. Il mercato italiano è depresso e chiede azioni di peso per risollevarsi, all’estero la concorrenza è spietata e non sempre produttori e consorzi sembrano capirlo e comportarsi di conseguenza. Comunque come ci ha detto qualcuno in fiera, il mondo del vino non è morto, viva il vino!
E viva il Vinitaly che lo tiene in vista. Ma in che modo? Essì perché nonostante gli strombazzamenti dell’ufficio stampa che, giustamente, ha sottolineato le note positive che già abbiamo citato, ci sono state anche note negative. Le solite. Intanto la logistica. Arrivare a Verona è sempre un’incognita. L’area della fiera di Verona continua ad essere al fondo di cul de sac che costringe a code auto e pullman. È giusto? Noi crediamo di no. negli ultimo vent’anni, quando ancora la crisi non mordeva, si poteva fare qualcosa. Non è stato fatto nulla. Peccato. Inoltre i parcheggi sono ancora inadeguati. Quello nell’ex mercato ortofrutticolo (circa 2100 posti) sembra piazzato in una zona di guerra, quello a fianco (meno di 500) è moderno e pulito, ma insufficiente. E non si capisce perché sull’area insistano ancora enormi capannoni (magazzini comunali?) da cui occhieggiano ruspe e carri carnevaleschi. Mah.
Passiamo all’interno della Fiera. Per fortuna l’accredito online ha permesso a molti di varcare i cancelli senza intoppi, a parte la non sempre perfetta lettura del codice a barre da parte dei lettori automatici. Ma sono macchine elettroniche, ci sta. Il nodo, però, più spinoso è stato quello che da tempo affligge il Vinitaly, cioè l’affollamento delle linee telefoniche che di fatto ha isolato parte dei visitatori una volta entrati nel recinto fieristico. Come mai? I più tecnologici hanno spiegato che la colpa era del sovraccarico delle linee 3g (il segnale che usano cellulari, smartphone e tablet). Tuttavia abbiamo visto possessori di linee di un gestore telefonare e ricevere senza problemi, altri rimanere muti. Come mai? senza parlare della connessione internet wifi per i giornalisti alla quale noi e altri colleghi non abbiamo mai potuto accedere nonostante dotati di password fornita dall’ufficio stampa.
Unici collegamenti web wifi funzionanti dentro alla fiera quelli assicurati da alcuni espositori che hanno pagato il servizio e poi lo hanno messo a disposizione dei propri visitatori.
Insomma ammesso e non concesso il sovraccarico delle bande telefoniche e di quelle Internet, forse un servizio più spalmato sulla fiera (non tutti i giornalisti vanno in sala stampa anche perché se sei lontano è una scarpinata mica da ridere) con web point assistititi per ogni padiglione (o ogni due) sarebbe stato gradito.
Infine una considerazione generale. Il Vinitaly è la più importante fiera enologica internazionale che si svolge in Italia. Forse varrebbe la pena spostarla in un’area extra urbana, come ha fatto Milano. Si dirà che in tempi di spendig review non è il caso. Ma forse uno sforzo si dovrebbe cominciare a considerarlo. Non tanto per evitare flop, perché espositori e operatori continueranno comunque a partecipare al Vinitaly, quanto per fornire un servizio migliore. Una roba che in Italia non fa più nessuno, ma che non passerebbe certo inosservata. Specialmente di questi tempi.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)