L’eno-sbandata. Per il mondo del rally Canelli è la capitale del Grignolino e Moncalvo quella del Moscato. Come mandare “in vacca” la comunicazione del vino di un territorio Unesco

inserito il 12 Marzo 2017

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Qualche settimana fa un amico ci aveva avvertito: «Quest’anno a Canelli si farà il rally del Grignolino e a Moncalvo quello del Moscato».
Lì per lì avevamo pensato a una barzelletta. Poi ci siamo imbattuti nel depliant che annuncia la gara canellese del 26 marzo e siamo caduti dal pero: era tutto vero, il rally che si correrà attorno alle colline canellesi, la patria del primo spumante d’Italia a base di uve moscato. è intitolato al… Grignolino che, come come si sa, ha la sua patri d’elezione in quel di Portacomaro, zona Asti, ben lontano dalla culla dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti docg e decisamente fuori dalla zona di produzione delle uve atte a fare questi due vini dolci (e tra poco anche la versione dry dell’Asti docg).
colli_monferrato_2017-copiaMa non è finita qui, perché andando sul sito web della società che promuove la gara (leggi qui) abbiamo scoperto che non solo a Canelli si correrà la gara “Colli del Grignolino”, ma, come ci aveva detto quel nostro amico, a Moncalvo, zona Nord dell’Astigiano, il 19 novembre si svolgerà il rally intitolato al Moscato.
La mente è immediatamente corsa a qualche anno fa quando, alla premiazione del rally del Moscato di Santo Stefano Belbo, perfetta sintesi sportico-geografico-motoristica, sul podio si erano stappati magnum di… Prosecco. L’anno dopo si “riparò” all’onta con fiumi di Moscato e Asti docg. Bene.
Ora questa cosa della Canelli spumantiera collegata al Grignolino e l’aleramica Moncalco affiancata ai grappoli di moscato. Insomma un eno-minestrone.
Prima di postarla su SdP abbiamo messo questo strano mix sui social con tanto di foto del depliant del rally grignolico-canellese.
Ne è scaturita una discussione tra l’ironico, l’incazzato e il desolato. Qualcuno ha fatto battute («Facciamo il Grignolino dolce!»), altri si sono arrabbiati, altri ancora, magari vicino all’organizzazione, hanno tentato di spiegare che ci sono regolamenti che obbligano a queste cose. Cose, però, che al di là delle spiegazioni tecniche, restano assurde e inconcepibili.
Ma come si può, ci chiediamo, fare confusione tra i vini piemontesi che non sono solo un patrimonio culturale e sociale, ma forniscono anche reddito e qualità della vita?
Come si può mandare in vacca, a quanto pare per rispettare un regolamento rallistico, la comunicazione collegata a una cosa non trascurabile come il sito Unesco dei Paesaggi Vitivinicoli Piemontesi che hanno proprio nelle produzioni di pregio vinicole e nelle vigne da dove nascono il loro punto focale?
No, non si può, neppure per stare dietro a una manifestazione di richiamo come, immaginiamo, siano i due rallies di cui sopra. A quando un rally Colli del Barolo a Gavi?
I Consorzi di Tutela dei vini piemontesi, dovrebbero, forse, cominciare a mettere dei paletti sull’uso delle denominazioni che difendono. Se ancora lo sanno fare.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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