Il Piemonte non ama i suoi vini. Almeno stando alla toponomastica avara di eno-intitolazioni. Potrebbe sembrare una facezia, ma il nome di un indirizzo è uno dei messaggi più diffusi, persino nell’era di Internet. Così, mentre nel resto d’Italia e all’estero strade, vie, viali, piazze, rondò e villaggi portano il nome di enovarietà piemontesi, nella regione del Barolo e del Moscato d’Asti, del Barbaresco e della Barbera, del Brachetto e della Barbera d’Asti, dell’Alta Langa e dell’Asti spumante, di eno-intitolazioni stradali poco o nulla.
Qualche esempio? Basta fare una ricerca su Google Maps, bibbia dei navigatori satellitari e via web, e digitare il nome di un vino. I risultati sono sorprendenti. Una “via Moscato” si trova a Sorbara, nel Modenese, patria di uno dei tanti moscati che si fanno in Italia e nel mondo, in alcuni paesi in provincia di Roma e Viterbo, in centri della Sicilia e del Napoletano. Negli Usa, dove è in atto una vera Moscato mania tra i consumatori che amano questo vino prodotto oltre che in Piemonte anche nelle regioni vinicole di Stati Uniti, le Moscato streets si sprecano. Per contro a Canelli o a Santo Stefano Belbo, patria del vitigno moscato bianco di Canelli e culla del Moscato e dell’Asti docg, non ce n’è una. E non c’è neppure ad Asti città dove pure ribolle una polemica sul tema se inserire o no il luogo natale di Alfieri nel novero dei Comuni (52) dove si coltiva e vinifica il moscato docg, da cui, giustamente per alcuni ingiustamente per altri, è esclusa.
Col Barolo va un po’ meglio. Una via Barolo c’è in ben tre centri piemontesi: Venaria Reale, Cuneo e Gattinara. Ad Alba, grazie a Dio, c’è un corso Barolo. Nel paese di Barolo c’è una via Collegio Barolo e a Torino c’è il famoso Palazzo Barolo. Inutile dire che le Barolo streets e place e avenue sono moltissime negli Usa.
Passiamo ad altro vino simbolo del Piemonte: la Barbera, declinata al femminile come vogliono i puristi del rito enologico sabaudo. Ebbene una “via Barbera”, sempre però riferita ad un cognome molto diffuso in Italia e non al vino, c’è nel Torinese, nel Biellese, in provincia di Palermo e nel Veronese. In Piemonte, specificatamente nella zona del vitigno barbera, cioè tra Astigiano, Cuneese e Alessandrino, no.
È la volta del Brachetto che si coltiva e vinifica tra Astigiano e Acquese. Sembra che via, strada o corso Brachetto esistano solo negli Stati Uniti, rispettivamente nella città di Paw Paw nello Stato del Michigan e a Sparks, in Nevada, mentre a Charlotte, nella Carolina del Nord esiste un Brachetto Place.
Da segnalare anche che in molte città degli Usa esistono interi quartieri con strade e piazze intitolate a vini italiani (ma anche francesi e australiani), una sorta di toponomastica enologica poco praticata in Italia che, giova ricordarlo, si vanta di essere la Nazione più vinicola del mondo e nell’antichità era conosciuta con il nome di Enotria. Mah.
E via Dolcetto, c’è solo negli Usa; via Barbaresco a Torino e Cuneo, ma anche a Roma nel Veronese e a Sao Josè dos Campos, sobborgo di San Paolo del Brasile.
Per consolarci via dell’Arnesi c’è a Piobesi d’Alba, e anche a Tulare, centro della California (Usa) da mezzo milione di abitanti, che ha una avenue dedicata al bianco piemontese proprio vicino a “streets” dedicate a Cortese e Malvasia, altri vini che si trovano spesso nella toponomastica delle città americane.
Ma se i vini sono ignorati, anche le altre eccellenze piemontesi non se la passano meglio. Prendiamo il tartufo bianco d’Alba e del Monferrato dove, però, di una strada, una piazza, un vicolo perfino intitolato al famoso e prezioso fungo ipogeo non c’è traccia. C’è invece una via del Tartufo a Faeto, in provincia di Foggia, a Vaccarizzo Delfino nel Catanese, c’è una piazzetta del Tartufo, per la verità non bella, a Carbonara di Po (Mantova), e naturalmente un vicolo del Tartufo a Norcia in provincia di Perugia. Ad Alba no, nella città della famosa fiera e del centro studi neppure un paracarro porta il nome del Tuber Magnatum Pico. Nei soliti Usa invece ci sono tante Truffle street, sarà in onore all’opera di Moliere?
Massì, dirà qualcuno, poco male. In fondo chi si ricorda il nome di una strada, di una piazza, di una via. Già, chi se lo ricorda? Google Maps e i navigatori satellitari, per esempio, che attraverso smartphone e tablet, sono gli strumenti di comunicazione usati ogni giorno da milioni di persone nel mondo. Non sarebbe giusto e utile che l’Italia ricordi le sue eccellenze agroalimentari anche intitolando loro strade e piazze. Tempo fa Walter Massa, mitico produttore del raro vino Timorasso, disse a SdP: «Quando si arriva a Bordeaux o nella Champagne, si vedono grandi cartelli che informano che si sta entrando nelle regioni enologiche di Francia. Chi entra in Piemonte non si accorge di quello che si fa qui. Abbiamo perso l’orgoglio per le nostre eccellenze». Oggi, come allora, condividiamo il pensiero di Massa. E sale il sospetto che tutto passi in cavalleria, venga dimenticato, banalizzato. Ma in fondo non è questa, per dirla con il regista Sorrentino, la Grande Bellezza dell’Italia?
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)