L’Asti docg esce dall’impasse. Il comitato nazionale vini ha approvato il nuovo disciplinare. Approvati le sottozone, “metodo classico” e la valvola di sfogo del blocage/déblocage. Ma non Asti 53° Comune. La notizia arriva quando sul piemonte si fanno sentire i primi scrosci di pioggia di un temporale estivo che bagna e non bagna: a Roma hanno dato il via libera al nuovo disciplinare dell’Asti docg. Mica una roba da poco per un comparto che fattura ogni anno 320 milioni di euro, muove 92 milioni di bottiglie tra Asti spumante e Moscato “tappo raso” con prospettive sempre in crescita tanto che per il 2011 si parla di vendite in Italia e non mondo tra i 105 e i 108 milioni di pezzi.
Ma veniamo al sodo. Secondo le prime notizie filtrate dal Ministero il nuovo disciplinare prevede la possibilità di indicare in etichetta il metodo classico (fermentazione in bottiglia) come tecnica di vinificazione. Di solito per i grandi volumi l’Asti si fa con il metodo Martinotti-Charmat (autoclave refrigerata). La pratica del metodo classico, come quella della vendemmia tardiva, era usata da tempo, per produzioni di nicchia, ma di fatto non regolamentata dal disciplinare. Ora lo è.
La resa delle uve è rimasta a 100 quintale per ettaro a docg, più un 20% di tolleranza, ma niente aumenti, come volevano alcuni, fino a 120 quintali più il 20% in annate particolarmente favorevoli.
La decisione eclatante, mutuata dai cugini francesi, è l’intriduzione del blocage/déblocage. È in pratica la possibilità di “congelare” una quantità di uva fino a 10 quintali per ettaro, che potrà passare da “supero” a docg a seconda delle richieste di mercato.
Per il Moscato d’Asti docg partono le cosiddette sottozone (anche se sarebbe stato meglio chiamarle soprazone o con altro termine più qualificante). Sono: Strevi, Canelli e Santa Vittoria, comprenderanno i Comuni vocati che le cricondano e potranno comparire in etichetta come indicazione di una sorta di “cru” del moscato.
Sula spinosa questione dell’ingresso del comune di Asti nel territorio di produzione della docg il Comitato nazionale ha preferito non decidere e pilatescamente passare la palla a Bruxelles. Colpa delle liti che questa vicenda a portato, insieme al fatto che l’azienda più interessata alla questione è Zonin che in quel di Asti ha una tenuta da 20 ettari coltivati a moscato, per ora non docg. La questione è stata stralciata dal Comitato nazionale, dopo che la Regione Piemonte si è fatta carico di interloquire direttamente con Bruxelles per scongiurare il “rischio Tokai”, cioè la cancellazione della Denominazione così com’è accaduto per il vino friulano.
Quanto alle reazioni da registrare quella di Dino Scanavino, vicepresidente nazionale della Cia (agricoltori), ma anche vignaiolo astigiano che ha posto l’accento sulla questione Asti città: «Non è una bocciatura. Non c’è nulla contro l’inserimento della città di Alfieri nella docg. Solo ci vuole un percorso condiviso e secondo le regole. Confido che a Bruxelles avremo tempi rapidi. Per il resto io avrei voluto rese più alte per andare incontro al mercato che chiede moscato nel rispetto della qualità».
Insoddisfatto delle rese anche un altro membro del Comitato nazionale vitivinicolo, l’enologo Ezio Pelissetti, ex direttore del Consorzio dell’asti e oggi al timone di Valoritalia, ente di certificazione in molte regioni d’Italia. Dice: «Il blocage/déblocage sulla docg dell’Asti va bene. Ma io avrei dato via libera a rese per ettaro più alte. In questo modo si sarebbe evitato qualsiasi rischio di usi poco ortodossi dei superi di uva, che comunque ci saranno. Il disciplinare li avrebbe normati con tutte le tutele di qualità. Invece la maggioranza ha votato per non aumentare le rese. Secondo me è stato un errore».
Romano Dogliotti, patron della maison Caudrina di Castiglione Tinella, una delle firme del Moscato e dell’Asti si dichiara soddisfatto: «Per fortuna hanno approvato il disciplinare. L’asti e il Moscato non potevano restare in quel limbo per troppo ancora. Per il resto di uva moscato sulle viti ce n’è, ma non così tanta come dice qualcuno. Le rese fissate a Roma vanno bene. Per il resto mi auguro che siano fissati in fretta i prezzi delle uve che in questo momento sembrano un po’ impazziti perché qualcuno specula. Urge una manovra per calmierare il mercato altrimenti si rischia di destabilizzare tutto il comparto»
Sulla questione Asti città 53° Comune del Moscato, Claudio Sacchetto, assessore regionale all’Agricoltura della Regione Piemonte, è categorico: «Ha vinto il mondo del moscato contro chi voleva bypassare le regole. Ora ci faremo interpreti delle questione a Bruxelles e l’iter procederà secondo la procedura più corretta».
Ora si attende solo l’esito della Commissione Paritetica, quella composta da vignaioli, industrie, sindacati con il coordinamento della Regione Piemonte e la supervisione del Consorzio di Tutela, che dovrebbe decidere sulle rese 2011 per l’uva moscato per Asti e “tappo raso” docg e soprattutto sul prezzo dei grappoli. L’anno scorso si sfiorò i 10 euro al miriagrammo, con i superi i viticoltori portarono a casa quasi 12 mila euro ad ettaro. Ora c’è chi vorrebbe un aumento. «Almeno indicizzato all’Istat, cioè al costo della vita» dice a Sdp Scanavino, mentre tra i filari si cominciano a sentire strane storie, di mediatori e aziende che offrono 2, 3 addirittura fino a 5 euro in più al miriagrammo. Voci fatte correre per destabilizzare o è già scoppiata la guerra del moscato? Chissà. nel dubbio è meglio che la paritetica decida in fretta, preferibilmente prima della vendemmia perché l’uva matura senza aspettare nessuno. L’assessore Sacchetto assicura: «Ci riuniremo a giorni».
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
E allora tutti felici e contenti? Purtroppo ancora una volta si sono fatti favori a destra e a sinistra.
L’unico a restare a bocca asciutta è stata la Zonin…ma gli altri? Premesso che Asti deve entrare nella zona DOCG perchè Asti ha dato il nome ai due prodotti, vediamo i grandi o piccoli favori che sono stati fatti. Innanzitutto la possibilità di passare il prodotto da Asti a Moscato d’Asti, chi ha ancora convenienza ad acquistare come Moscato d’Asti l’uva dei sorì e pagarla qualche centesimo in più? ” Sottozona “Canelli”. Qualcuno dovrà dimostrarmi che l’uva prodotta a Serralunga d’Alba ha le stesse caratteristiche dell’uva di Canelli, mentre quella di Bubbio non li ha. Qualcun’altro dovrà spiegarmi che mentre l’uva di Loazzolo “sulla sinistra oleografica del fiume Bormida” ha le stesse caretteristiche dell’uva di Sant’Antonio di Canelli, mentre quella di pochi metri sempre “sulla sinistra oleografica del fiume Bormida” ma del comune di Cessole non li ha…….Sottozona di “Strevi”. Sarei curioso di sapere quale sono le caratteristiche che uniscono l’uva prodotta nella valle Bagnario di Strevi con quelle prodotte nel comune di Alice Bel Colle…..e altro ancora…
Buon Moscato d’Asti
giovanni bosco
èresidente CTM