Attenti a quei due! Lorenzo Tablino, enologo (ha lavorato per Fontanafredda), scrittore e giornalista, scrive a Sdp e mette in guardia sui pericolosi contraccolpi al comparto del moscato che potrebbero derivare dall’uscita di Gancia e Martini & Rossi dal Consorzio dell’Asti. Ecco il Tablino-pensiero. «La pausa natalizia ha portato ad altre riflessioni sul grave problema correlato allo strappo di Martini e Gancia dal Consorzio Tutela Asti. In vero non sono del tutto comprensibili i motivi della scelta. Se, come è stato dichiarato i due soggetti interessati intraprendono da soli un progetto per valorizzare l’Asti con i loro marchi aziendali alcune domande sono legittime. È cosi semplice? Hanno risorse e mezzi?
La nuova Ocm, ex legge 194, in approvazione in questi giorni, con la cosiddetta erga omnes, non complica tutto. Forse l’obiettivo più generale delle due aziende è una diversa strategia imprenditoriale verso gli spumanti, settore considerato meno importanti dei liquori e aromatizzati. Se fosse vero, quali saranno le sorti del prossimo accordo interprofessionale sul prezzo delle uve moscato? Prezzi liberi per un libero mercato? Follia pura! Roba da sociologi, per un vino con maggiori valenze a carattere sociale a livello mondiale: 7000 famiglie di viticoltori in ben 53 comuni.
Se l’uva moscato crollasse ai prezzi indecenti pagate per le uve nelle ultime vendemmie si aprirebbe uno scenario da incubo! Qualche avvisaglia c’è già adesso. Rinasce in zona lo spontaneismo, ritorneranno i cortei di protesta affollati come non mai, con gli slogan urlati.
In mezzo a tante preoccupazioni una frase saggia, molto saggia, che è un preciso monito per tutti: “Non distruggiamo, per favore, cosa hanno creato, con enorme fatica, i nostri padri”».
Lorenzo Tablino – Enologo
A mio parere, Maurizio e Giovanni Bosco hanno messo il dito sulla piaga, e tutto ciò non riguarda solo il Moscato, ma, ad. esempio, anche il Barbera.
Che cosa si può fare? Vediamoci e organizziamoci.
Scusate se intervengo ancora.Maurizio giustamente lamenta il fatto che l’Asti Spumante si trova nei supermercati a pochi euro e questo va a danno dei contadini.Giusto.Ma perchè viene venduto a pochi euro? sarà mica perchè molti contadini hanno consegnato nelle passate vendemmie il Docg,l’aromatico e anche i superi?Contadini che avevano dimenticato la propria dignità.Forse è ora di inziare a ridare ai contadini la loro dignità inserendoli in un progetto di valorizzazione del territorio, partendo proprio da loro,perchè piaccia o non piaccia il territorio prima delle vigne sono gli uomini e le donne che queste vigne le lavorano.
suvvia, la guerra dei prezzi per arrivare agli scaffali della GDO non è di adesso, e si sa chi l’ha condotta per anni… poi ci sarà anche la singola etichetta che spunta prezzi migliori, ma la massa e i volumi si fanno al ribasso, e i prezzi delle uve al chilo non potranno che risentire del prezzo di quelle bottiglie. Con buona pace anche dei “furbetti” dei superi in vigna e dei filtrati dolci.
se così non sarà, sarò il primo a gioirne.
Intanto, caro Maurizio, grazie del commento, anche se ti devo dire che con i tempi che corrono ti assicuro i giornalisti non sono poi tanto “beati”. Per sincerasene basta andare sui siti dell’Ordine o della Fnsi (il sindacato dei giornalisti) per rendersi conto quanto la situazione del mondo dell’informazione si simile a quella di altri comparti in crisi, con licenziamenti, contratti capestro, sfruttamento dei lavoratori e disoccupazione, tantissima disoccupazione. Quanto alla redditività è un argomento che a molti giornalisti interessa eccome, specialmente quelli che non hanno un contratto, sono freelance (bella parola per dire che devi cucire ogni giorno il pranzo con la cena) e magari non hanno neppure santi in paradiso per guadagnarsi qualche consulenza ben pagata. Difesa della categoria a parte, mi spiegheresti quali sono quelli che hanno guidato finora la nave e poi, secondo te, se la sono svignata? M&R? Gancia? Vallebelbo? E ammesso che sia andata come dici tu, chi consentiva a questi presunto padroni del vapore di fare il bello e il cattivo tempo? E perché? Come vedi, caro Maurizio, il compito dei giornalisti è fare domande e avere, se possibile delle risposte. Noi di Sdp lo facciamo proprio perché crediamo nel business (virtuoso) del Moscato. E anche delle nocciole, della robiola, del riso, persino dei kiwi che domenica, su una trasmissione Mediaset, l’assessore regionale all’Agricoltura, Mino Taricco, ha presentato in un paniere di prodotti tipici piemontesi. Più attenzione alla redditività di così!
beati i giornalisti che non hanno e non si pongono il problema della redditività.
al massimo, se ci saranno espianti di vigneti, potranno sempre scrivere di nocciole.
resto dell’opinione che con l’Asti sugli scaffali a pochi centesimi, il danno sia fatto: quando mai si vedrà una ripresa dei prezzi dopo averli portati così in basso? e chi ce li ha fatti arrivare? abbastanza comodo chiamarsi fuori ora, dopo aver gestito per decenni i centri decisionali…
Giusto il richiamo alla qualità: ma siamo solo all’inizio della crisi, non solo per il Moscato, ma per tutto il comparto vinicolo: presto per dire che cosa ne uscirà.
Bingo! Caro Giovanni, credo che tu abbia fatto centro. Perché inutile girarci attorno. Ai contadini (e non solo), in questo periodo (e non solo), interessa portare a casa i “danè”, gli “euri” necessari per portare avanti aziende agricole sempre più pressate da tasse, costi e balzelli. Esattamente come le altre imprese commerciali e chi è lavoratore autonomo sa a che cosa mi riferisco. Epperò vignaioli del moscato e aziende vinicole piemontesi devono trovare un centro di gravità permanente. Può incentrarsi solo sul prezzo delle uve? Della serie se la tua uva è più buona te la pago bene (2 euro al chilo?), molto meno se è meno pregiata? Veleggiamo verso un superAsti? E come si farà a spiegare al consumatore le grandi differenze di prezzo (che già oggi ci sono) tra prodotti simili se non uguali? Ecco, secondo me tutti gli attori, Consorzio, vignaioli, case spumantiere, cantine sociali, dovrebbero cominciare a discutere su questo. Se ce la fanno. Sennò ognuno per la sua strada e Dio per tutti. (Ma non mi sembra una buona idea).
Chissà perchè io non sono così pessimista come l’amico Lorenzo Tablino, la sua Fontafredda è da alcuni anni fuori dal Consorzio eppure paga le uve moscato molto meglio di altre ditte vinicole, anzi puntando sul moscato “Moncucco” ha dato ai conferenti di quella famosa collina citata da Cesare Pavese speranze che la qualità paga ancora. Per una volta voglio credere alle parole dei Gancia nella lettera scritta ai conferenti “Nella nostra visione è fondamentale promuovere, non soltanto un prodotto, ma un insieme di valori di cui fanno parte integrante la storia,il territorio, le persone che con passione producono le uve”. Se così fosse non tutto è perduto…anzi!
Per tutti i satanassi! Come si diceva il mitico Kit Carson nei fumetti di Tex Willer (chi ha più di 40 anni sa di cosa parlo), quante certezze hai, caro Maurizio. Io ne ho meno. Sicuri che il libero mercato sia proprio quello che vogliono le maison che sono uscite dal Consorzio? Sicuri che il libero mercato, se arriverà, sarà una catastrofe peggio di quella profetizzata dai Maia per il 2012? Mah. Sicuri che le aziende non rientreranno nel Consorzio, magari ottenendo in cambio una radicale ristrutturazione dell’ente? Gli interrogativi sono tanti, troppi. E io, da giornalista, ho solo domande, non risposte.
Buon Moscato, comunque.
Filippo
il libero mercato, considerato i prezzi demenzialmente bassi a cui l’Asti viene svenduto sugli scaffali, significherebbe il crollo definitivo del marchio, e quindi del sistema, e il ritorno dei gerbidi sulle colline.
i consorzi sono sicuramente pieni di difetti, ma il dividersi premia solo speculatori e industriali al ribasso. divide et impera!
un esempio extra-vino (ma non troppo): la sinistra settaria delle scissioni è sparita dalla politica italiana.