Ci voleva il “battesimo” dell’Opiv, l’osservatorio della proprietà intellettuale e industriale in campo enologico, a Santo Stefano Belbo dove si coltivano mille dei diecimila ettari che compongono la zona di produzione del Moscato docg per ascoltare un paio di battute sulla crisi dell’Asti spumante.
Ne hanno parlato prima Alessandro Picchi, presidente della Gancia di Canelli, da qualche anno di proprietà del tycoon russo Roustam Tariko; poi Giovanni Satragno, enologo, vignaiolo e presidente storico di Assomoscato, l’associazione che raggruppa alcune migliaia di vignaioli del moscato. Interventi che, non senza qualche imbarazzo, hanno affrontato una situazione critica, quella di uno spumante dolce, l’unico in Italia ad essere ottenuto da uve moscato e a fregiarsi della docg, che in pochi anni è passato da oltre 80 a circa 50 milioni di pezzi venduti in Italia e nel mondo. Qualcuno parla di “momento di riflessione” del comparto, altri apertamente di débâcle, di un disastro che rischia di compromettere una filiera strategica per il Sud Piemonte e per l’Italia del vino.
A Santo Stefano Belbo il primo a prendere la parola e parlare dell'”affaire Asti docg” è stato Picchi. «C’è poco da fare bisogna puntare alla qualità» ha detto il presidente dell’azienda che oltre un secolo e mezzo fa ha inventato il primo spumante d’Italia proprio creando le bollicine dell’Asti. Picchi ha illustrato lo sforzo della Casa canellese che in questi ultimi tempi sta sperimentando tecniche di raccolta e vinificazione per ottenere un prodotto di alta gamma, che rispecchi di più il territorio. «Il tempo dell’Asti inteso come la “bottiglietta” da aprire nelle feste comandate è finito – ha detto Picchi -. In Italia il mercato è in crisi e solo parzialmente le difficoltà sul mercato russo hanno influito su questo stato di cose che va affrontato in modo adeguato. Serve un concetto nuovo, un prodotto di qualità, che sia venduto a prezzo alto e sia valorizzato adeguatamente». Come? Picchi è stato categorico: «Bisogna tutelare la qualità, dalla vigna alla cantina».
Insomma il messaggio sembra essere quello di staccarsi dalla guerra “dei poveri”, degli spumantelli da panettone venduti a meno di 3 euro, e risalire la china. Ma si sarà ancora in tempo? E quale tipologia di prodotto potrà aggredire i mercati? sarà un’Asti docg più tradizionale, più vicino al “fratello” Moscato d’Asti docg che va a gonfie vele con i suoi 30 milioni di pezzi? E ci saranno altri prodotti “base Asti” come un Asti Dry e un demi-sec? Su questi fronti sembra che diverse aziende si stiano muovendo con l’assistenza del Consorzio. Staremo a vedere.
Intanto sul tema della qualità Giovanni Satragno ha concordato con il manager Gancia con qualche distinguo: «La crisi dell’Asti ha responsabili conosciuti. Gli stessi che hanno governato male fino ad oggi la politica di valorizzazione dell’Asti docg». E giù accuse, seppure non così esplicite, al mondo industriale e al Consorzio di Tutela che non avrebbero promosso al meglio quelle che erano le bollicine dolci italiane a docg più brindate al mondo. Un esempio alla fine Satragno lo fa: «In Cina si sono spesi milioni di euro di fondi pubblici per una campagna di valorizzazione. Intanto nel resto del mondo abbiamo perso milioni di bottiglie». Un numero per tutti: «In Italia si vendevano 14 milioni di bottiglie di Asti spumante. Oggi sono 7. Che cosa è accaduto?» chiede Satragno. Poi l’affondo alle case spumantiere: «La qualità è una bella cosa. Ma fino ad oggi le industrie ai vignaioli hanno chiesto solo quantità. Bisogna cambiare passo, ma con attenzione. Si parla di rese per ettaro decurtate a 70/80 quintali. Vuol dire che i vignaioli incasseranno meno. Non ci sta bene. Perché la qualità deve essere pagata e a guadagnarci devono essere tutti per il bene della filiera».
Parole che, a tre mesi dalla vendemmia con i “giochi” ancora da fare, sembrano già un avvertimento.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Uno degli sbagli piu’ grandi e’ la mancata promozione o addirittura una promozione sbagliata. l’asti anche in sede nazionale deve essere sempre presente perche’ il consumatore finale e’ la persona che lavora che si diverte e che festeggia. ma e’ soprattutto importante rivedere la qualita’ del prodotto che secondo il mio parere e’ abbastanza anonimo.
La soluzione è a portata di mano: il Moscato d’Asti con più di due atmosfere e mezza con tappo a fungo, ovvero il Moscato d’Asti Spumante. Ci arriveranno anche” i bugia nen” La rivoluzione è appena cominciata , ma nel ….Consorzio.