La Bagna Cauda, la famosa salsa a base di acciughe e aglio, non si fa in Piemonte, ma Sicilia, all’ombra delle zagare e degli aranceti. Bizzarrie del “made in Italy” del gusto che, non contento dei cloni stranieri, ora clona sè stesso. È il caso della Bagna Cauda pronta da scaldare confezionata da un’azienda che ha sede a Sciacca, in piena terra sicula, a due passi da Agrigento, con buona pace dei tanti cultori e paladini della piemontesità della Bagna Cauda.
La foto che testimonia la stranezza della Bagna Cauda siciliana è stata postata da un lettore di SdP che ha visitato lo stand dell’aziende produttrice a Tuttofood, la fiera dell’alimentare in corso a Milano, nella stessa area dell’Expo dedicato al cibo. Altra curiosità è il fatto che l’azienda in questione (il marchio che si legge sulla confezione è quello della Talatta io cui sito, talatta.it, ieri era ancora in manutenzione) è produttrice di acciughe sott’olio. Una produzione di eccellenza legata all’industria ittica della Sicilia. Non è difficile, tuttavia, immaginare che i manager siculi abbiano pensato di ottimizzare la produzione di pesce azzurro in conserva puntando sulla famosa ricetta sabauda. E poco importa se “Bagna” e “Cauda” (cioè “salsa” e “calda”) sono parole piemontesi. Business is business e d’altra parte non esiste un disciplinare che regola una doc della Bagna Cauda.
Possiamo quindi aspettarci anche un “Bunet” (famoso budino al cioccolato piemontese) fatto in Calabria o una Cassata (nota torta dolce siciliana) preparata in Toscana o in Liguria. Tanto sempre “made in Italy” è.
Certo gli affari sono affari, ma l’identità sulla quale si basa la cucina e la produzione agroalimentare italiane un po’ di contraccolpi potrebbe averli.
Altra foto, questa, però, in perfetto italian soundig è quella di una mozzarella fatta in Belgio.
Qui siamo nel classico agrotarocco. Anche perché, almeno a giudicare dall’immagine, quella mozzarella nulla sembra avere a che fare con il famoso formaggio italiano che, del resto, è clonato al pari del Parmigiano Reggiano o del Gorgonzola.
In questo senso impossibile non ricordare le denunce fatte da associazioni di categoria contro l’uso di nomi italiani per identificare prodotti alimentari che copiano i nostri ma sono fatti all’estero.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)