Maurizio Montobbio (foto) è uno che l’uva Cortese per il Gavi docg la produce e conosce molto bene la sua filiera e i mercati di riferimento. Maurizio Montobbio è uno che si è fatto l’esperienza istituzionale sul campo perché è stato già presidente del Consorzio di Tutela dal 2015 al 2018. Ora poteva dedicarsi alla sua azienda, poteva delegare ad altri l’onere e l’onore e invece ha accettato un nuovo incarico da “timoniere” dell’ente di governo del Gavi docg, dopo il triennio della presidenza Ghio, oltretutto in un momento non proprio felice e con non poche incognite. La domanda sorge spontanea: perché? «Perché mi è stato chiesto e anche perché il nuovo CDA del Consorzio ha accettato alcune mie condizioni» risponde. Le condizioni riguarderebbero soprattutto la visione futura del Gavi docg, più ad ampio respiro e in chiave globale. Su questo sembra che Montobbio sia stato categorico. Spiega: «Sono certo che oggi si debba pensare ai prossimi trent’anni della denominazione e porre le basi per uno sviluppo in quella direzione. Altrimenti non si va da nessuna parte. Inoltre, se da un lato è stato corretto, in questi anni, valorizzare e promuovere il territorio, oggi, con la pandemia ancora in corso e con i cambiamenti che essa ha già determinato e determinerà in tema di relazioni commerciali, credo sia venuto il tempo di rivolgersi sempre di più verso l’esterno della nostra filiera. Forse per troppo abbiamo rivolto la nostra attenzione al nostro mondo. Ora, insieme al patrimonio territoriale, dobbiamo scoprire nuovi territori esterni per divulgare e far conoscere il nostro vino». E pensare che il Gavi docg è tra i vini piemontesi più conosciuti e venduti al mondo con una quota di export di ben l’85% della produzione, tra i 12 e i 13 milioni di bottiglie vendute con una forbice ampia che può andare dai pochi euro fino a oltre i 10 euro a bottiglia per le selezioni più pregiate. «In questo senso c’è molto da lavorare – avverte Montobbio -. Il nostro vino deve conquistare mercati e consumatori in tutte le parti del mondo. Questo deve essere un nostro imperativo». Per farlo il presidente pensa ad attività su nuovi e vecchi canali di promozione, dal web ad eventi in presenza all’estero appena l’emergenza Covid lo consentirà. Non è l’unico fronte di innovazione. Montobbio parla esplicitamente di un nuovo modo di produrre e chiarisce: «Mi riferiscono alle biotecnologie applicate alla viticoltura. Sono convinto che quella sia la strada per trovare un nuovo modo di fare vigneto e sostenibilità. Il mondo del Gavi docg deve essere al passo con i tempi e battere tutte le strade per consentire a chi coltiva le vigne di limitare al minimo gli interventi».
Insomma la seconda presidenza Montobbio vuole lasciare il segno, da qui ai prossimi trent’anni, con un cambio di passo e innovazioni sostanziali.
Del resto di un cambio di marcia, con prospettive allargate, progettualità innovative, azzeramento di piccole e dannose rivalità, azioni realmente corali, ne avrebbe bisogno anche il resto del mondo vitivinicolo piemontese.
Filippo Larganà
(filippo.largana@libero.it)