Si potrebbe buttarla in cinismo e parlare di facile buonismo, di aria fritta, di strategia eno-politica. Però vedere una sala gremita di contadini e sentire vignaioli ultranovantenni parlare con amore del loro duro lavoro, beh, è stato davvero impagabile.
Sì perché quello che ha fatto il Consorzio dell’Asti a Canelli, nell’Astigiano, dove più di un secolo e mezzo fa è nato il primo spumante italiano prodotto con uve moscato, è stato davvero di una portata storica. E tutti i cinici del mondo (neppure noi di Sdp) non potranno negare come ci sia davvero della magia in un “grande vecchio” di 96 che dal palco dice con semplicità: «Non vedo l’ora che venga domani per andare a coltivare i miei “sorì”».
Ma andiamo con ordine e partiamo proprio da questi benedetti sorì. Il nome è piemontese e identifica da sempre quelle vigne benedette da una posizione esposta al sole. L’uva lì, a patto che ci sia una stagione climaticamente normale, vien su che è una bellezza, sana e buona. Sorì, quindi, perché soleggiati, ma c’è anche chi dice che sorì (o surì) significhi sorriso, quello che hanno i vignaioli quando vendemmia i grappoli sani e buoni, o “sudati”, per la fatica che si fa ad andare a coltivare vigne ripidissime dove, spesso, i trattori non arrivano e si deve fare tutto a mano o quasi.
Ebbene Regione Piemonte e Consorzio dell’Asti, sulla spinta della base, hanno accolto e sviluppato proprio questo concetto di vigneti storici e disagiati. Hanno costituito una commissione qualità, hanno trovato fondi (300 mila euro) da distribuire ai vignaioli “epici” che ancora mantengono vigneti ripidi i quali secondo i geologi, hanno anche funzione di tenuta del paesaggio e dell’assetto idrogeologico del territorio. E hanno deciso, Regione e Consorzio, di premiare questi contadini eroici.
Convegno e premiazione proprio Canelli, il 22 marzo, al cinema-teatro Balbo, una sala non bellissima (l’edificio è degli Anni Settanta e si vede), per mettere finalmente al centro del dibattito i protagonisti principali: uomini, donne e vigneti.
Ne è venuta fuori una festa gradevole, forse un po’ lunga per via degli interventi “istituzionali”, ma che è filata via liscia. Soprattutto quando il giornalista Sergio Miravalle, una delle firme piemontesi del vino, ha “cavato” fuori da 13 vignaioli-testimonial, fotografati in modo così sorprendente dal nostro Vittorio Ubertone, storie di vita e ritratti davvero originali e bellissimi.
Tra i vignaioli che coltivano le viti scoscese con oltre 50% di pendenza (per dire, peggio delle tappe del Giro d’Italia o del Tour de France) c’è l’ex impiegata dell’Olivetti che trent’anni fa, decide di cambiare vita e torna nella Langa astigiana a coltivare la vigna del padre; ci sono i compagni di scuola che si ritrovano a diventare contadini, c’è quello che si dice abbia la nonna “masca” (le masche erano le donne “magiche” della Langa di Pavese, un po’ fate un po’ fattucchiere) che ha fatto innamorare il nonno e lo ha “legato” alla vigna di collina; c’è l’ex muratore che si è innamorato della figlia di un contadino ed è diventato vignaiolo per amore.
Tante storie tra cui splendono quelle dei patriarchi, uomini tutto d’un pezzo, gente nata quando la Grande Guerra era appena iniziata o appena finita, che ha visto ripetere l’orrore nella Seconda Guerra mondiale, ha vissuto la guerra di liberazione con partigiani e nazifascisti che si ammazzavano tra i filari di moscato e l’uva si tingeva di sangue.
Ora è tutto passato. Ora c’è da pensare al futuro dei giovani che ancora coltivano le vigne di moscato. Non è facile. Il mercato non aiuta, La crisi economica ci mette le corna, la concorrenza pure. Eppoi ci sono le divisioni interne, le ruggini che devono essere limate via. Si può fare, con la buona volontà di tutti. A Canelli s’è visto un barlume. Ci sono state anche dichiarazioni di buone intenzioni. L’assessore regionale all’Agricoltura, Claudio Sacchetto, ha detto che le istituzioni ci sono. Il direttore del Consorzio dell’Asti, Giorgio Bosticco, ha richiamato tutti all’unità; il suo presidente, Gianni Marzagalli, ha assicurato impegno per valorizzare al meglio Asti e Moscato docg. La speranza è che non siano fuocherelli di paglia
Anche perché dopo la festa di Canelli sorridono un po’ di più i “sorì”, che si sono scoperti risorsa culturale e turistica dopo che l’assessore provinciale di Asti, Annalisa Conti, ha parlato di loro come tassello fondamentale del progetto Unesco che candida i paesaggi vitivinicoli piemontesi a Patrimonio dell’Umanità. E anche strumento che aiuta a gestire un patrimonio viticolo al riparo da patologie vecchie e nuove (hanno parlato di Flavescenza, gli agronomi Eberle e Morando) tutelandone l’integrità ambientale e geologica (il geologo canellese Claudio Riccabone ha parlato dei rischi dell’abbandono delle colline); e a valorizzarlo partendo dalle tradizione e dalla storia, ma sempre guardando al futuro come ha detto Giovanni Bosco del Ctm, il movimento che da vent’anni si batte per il mondo del moscato.
Insomma tante voci, tante storie, tanti volti, collegati da un unico filo rosso: il moscato.
Loro, gli 802 orgogliosi vignaioli dei sorì, hanno ascoltato e sorriso, proprio come le loro vigne, che li aspettano ogni giorno baciate dal sole, lassù in collina.
Sdp
Le interviste
Le immagini della premiazione
I vignaioli epici dei sori’
Caro Marco, ma allora non venderlo ‘sto moscato… spezza questa “catena” e vatti a cercare chi ti dà di più per un’uva, la tua, che vale di più. Magari non è il periodo migliore della storia, però, se non sei soddisfatto di quello che ti danno, se ti senti sfruttato e sottopagato, mollali… Quanto alla festa dei “sorì” la sensazione che fosse una passerella è venuta un po’ a tutti tanto che Bosco ha detto una cosa che, una volta tanto, condivido, che cioè l’anno prossimo i soldi che premiano i sorì epici siano le aziende a darli e non la Regione, cioè i contadini… fa ridere sennò… Quanto alle lezioni non credo che su questo blog ci siano “maestri” solo gente che vuole confrontarsi… un po’ di trombonaggine fa parte del gioco… prugne al posto del moscato… mi trovi d’accordo solo se intendi le prugne in dialetto piemontese… in caso contrario conviene ancora il moscato che resta, nonostante tutte le polemiche e parole al vento, uno dei frutti pagati di più al chilo… Quanto alle associazioni del moscato, è vero, sono tante e, ho paura, non tutte così rappresentative che dicono di essere… però servono a rappresentare le anime del comparto. È un male? Non necessariamente. Serve dialogo e non tutti la pensano, per fortuna, allo stesso modo. Infine la battuta sul chi mangia scrivendo: io sono uno di quelli, dovrei sentirmi in colpa? Credo proprio di no. E un consiglio non richiesto: non fare allusioni, se vuoi dire qualcosa qui puoi farlo nei limiti del rispetto delle persone, ovviamente…
metà del mio moscato supera il 50 per cento e poi lo vendo allo stesso prezzo di quello che vedo posizionato al livello della provinciale.Certe polemiche e discorsi da parte di maestri che insegnano ai giovani e a noi come lavorare la terra mi fanno veramente piangere.Quasi quasi mi viene voglia di piantare delle prugne.Speriamo che quelli che mangiano scrivendo mi diano una risposta,certamente l,allusione .non è difficile da capire . Ringrazio tutte le associazioni del moscato e quelli che ci campano sopra .
Ed è per questo che ho voluto rimarcare quella che è stata l’idea iniziale per apprezzare e far apprezzare il tuo bel servizio.
Buon Moscato d’Asti…dei Sorì
È quello che abbiamo scritto…
Qualcuno ha scritto che è la prima manifestazione di tal genere al mondo. Io non lo so. Certamente è la prima volta che nel “mondo” del Moscato d’Asti e dell’Asti Spumante si premia non solo la qualità delle uve ma soprattutto la qualità delle donne e degli uomini che lavorano questi difficili vigneti. Donne e uomini, come dice Paolo Castellengo di Alba, che dovrebbero avere, per non fare troppa fatica, una gamba più corta dell’altra.
Buon Moscato d’Asti…dei Sorì