È come se Luigi Veronelli, buonanima, avesse stilato una classifica dei dieci vini più importanti d’Italia senza menzionare il Barolo. E avesse, invece, inserito nella top-ten un, sia pure buono e dignitoso, vino di collina che ancora non ha doc né disciplinare di produzione.
È quello che ha fatto ieri il Corriere della Sera che nell’edizione on-line, al link di enogastronomia http://www.leiweb.it, una sorta di “Donna Moderna” (meno popolare e più radicalchic) ha proposto una guida ai formaggi d’Italia senza inserire la Robiola di Roccaverano, che è uno dei formaggi dop del Piemonte più pregiati e celebrati. Il tutto mentre a Bra, in provincia di Cuneo, si svolge la edizione di Cheese, il salone del formaggio organizzato da Slow Food, il movimento del gusto fondato da Carlin Petrini. Un fatto è certo chi ha curato, per conto del Corriere, quella guida è, dal punto di vista caseario e anche giornalistico, incompetente.
Nella lista dei caci top, invece, è stata inserita la Robiola d’Alba, dota anche di link supplementare che ne fa scoprire doti e caratteristiche che nulla hanno a che fare con il più pregiato Roccaverano, anche se, come indicato nel sito della Regione Piemonte, proprio per la Robiola d’Alba è in corso la domanda per la denominazione d’origine protetta.
Resta il fatto che un elenco che si dichiara composto dai migliori formaggi d’Italia non può non comprendere anche la Robiola di Roccaverano dop.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)