Per i vini piemontesi in questo periodo, e non solo, è tutto un tourbillon (e meno male!) di eventi e tour all’estero.
Barolo e Barbaresco sono andati recentemente a New York con un grandioso evento organizzato dal Consorzio condotto da Matteo Ascheri. In mancanza di una cronaca diretta ecco il bilancio sulla manifestazione fatto dallo stesso ente consortile: leggete qui.
Ora anche il Consorzio Vini del Piemonte, d’intesa con lo Slow Wine Tour, va negli Stati Uniti «dal 18 al 25 febbraio 2020 I Vini del Piemonte prenderà parte per il quinto anno consecutivo allo Slow Wine Tour negli Usa» e spiega che: «Il tour 2020 prevede cinque tappe: San Francisco (18 Febbraio), Seattle (19 Febbraio), Denver (21 Febbraio), New York (24 Febbraio) e Boston (25 Febbraio). Ogni tappa sarà rivolta esclusivamente al settore trade (importatori, distributori, giornalisti, opinion leader, sommelier, agenti, enotecari, ristoratori), con l’eccezione della tappa di New York, dove è prevista anche una sessione per i consumatori, riservata alle aziende già importate». Info qui.
C’è Poi il Consorzio della Barbera e vini del Monferrato, quello presieduto da Filippo Mobrici, che, con la partnership di E4Quality, progetto che raggruppa anche i formaggi di Assopiemonte, è in terra svedese da oggi (17 febbraio) al 19 con degustazioni, forum e proiezioni di video promozionali sui territori vinicoli del Monferrato e caseari langaroli. Info qui.
E chissà che hanno in serbo altri consorzi, come quello dell’Asti e del Moscato d’Asti docg o quello del Gavi che rappresentano e tutelano vini molto venduti soprattutto all’estero. Staremo a vedere.
Tuttavia, nonostante l’ottima attività vero i mercati non italiani, non si può fare a meno di chiedersi che cosa si stia facendo per ravvivare, consolidare e magari incrementare il mercato interno su cui, spesso, cadono gli strali di osservatori e operatori commerciali che parlano del mercato Italiano come di un paziente in coma perenne da almeno una dozzina d’anni.
È davvero così?
Interessante, in questo senso, la lettura delle analisi de inumeridelvino.it. Leggete qui.
Nel Belpaese le bollicine sembrano correre, merito soprattutto di Prosecco doc e docg a ruota e di altri spumanti secchi a denominazione o sotto l’ombrello di brand aziendali. Per il Piemonte bene l’Alta Langa che, però, per ora, è fenomeno di nicchia (un paio di milioni di pezzi), sia pure di altissimo pregio e valore. Molto lavoro, invece, deve essere fatto sull’Asti spumante (circa 90 milioni di pezzi insieme al Moscato d’Asti docg) che segna il passo sul mercato italiano e deve assolutamente riprenderselo, sfruttando la storica tipologia dolce che, è bene rammentarlo, è unica nel suo genere in Italia e nel mondo, e, magari, dando continuità a un corposo progetto di comunicazione e promozione per quella non dolce con sempre più produttori che oggi virano su extra dry di assoluta qualità. Assaggiare per credere prima di sputare sentenze.
Quanto ai vini “fermi” anche qui pare esserci crescita, ma con dati piatti o altalenanti. Se le cose stanno così, forse sarà il caso che, a difesa dei vini doc e docg che sono il grande patrimonio di biodiversità d’Italia, si torni a investire sull’Italia con progetti di crescita e valorizzazione che siano indirizzati ai consumatori italiani finali, ai giovani, alle donne.
Oppure il mercato italiano non vale la pena?
In questo senso, poco tempo fa il Consorzio di Asti e Moscato docg ha allestito un tour per giornalisti italiani e le corrispondenze ci sono state su carta, web e tv.
Proprio in questi giorni, inoltre, il Consorzio della Barbera ha lanciato il progetto “Solo Autoctoni” in favore dei vitigni indigeni del Piemonte. Vedremo come sarà strutturato e applicato.
Certo non è solo una questione di volumi, c’è da fare anche i conti con il valore delle vendite e poi, considerato tutto questo, una domanda sorge spontanea: ci sono e ci saranno ancora, sia in ambito pubblico sia in quello privato, volontà e risorse da spendere o, meglio, da investire per il “povero” mercato italiano?
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)