Formaggi piemontesi dop. Dai 6 Consorzi cartolina in chiaroscuro. Bene Bra, Castelmagno e Robiola dop

inserito il 13 Maggio 2010

Gli italiani amano i formaggi dop e li scelgono per la loro dieta. Meglio, però, se sono del territorio e venduti a prezzi convenienti. È quanto emerge da un’indagine di mercato commissionata da Afidop, l’associazione di produttori di formaggi dop, alla società di ricerche The Nielsen Company.

E i piemontesi? Unico riferimento nella ricerca Nielsen è relativa all’identikit del consumatore tipo di formaggi dop: si tratterebbe di famiglie con almeno due componenti o superiori a 5 membri, che vivono nel Nord-Ovest (Piemonte compreso, quindi) e che hanno un reddito medio-alto. I formaggi dop, inoltre, entrerebbero più facilmente nelle case di giovani famiglie senza figli, in quelle con un responsabile d’acquisto over 55 e quelle con figli di età inferiore ai 17 anni.

Per avere dati più mirati sulla produzione di formaggi dop made i Piemonte ci siamo rivolti ad Assompiemonte, l’organismo che raggruppa i consorzi dei 6 formaggi dop che si producono esclusivamente nella regione (Gorgonzola, Grana Padano e Taleggio coinvolgono solo in parte il Piemonte).

I numeri sono stati elaborati con la collaborazione di Inoq (organismo di controllo) cioè l’Istituto nord ovest di qualità, e i consorzi.

Ne è venuta fuori una fotografia in chiaroscuro rispetto ai volumi dei caci piemontesi a denominazione d’origine protetta.

Vediamo nel dettaglio. Assopiemonte ha messo a disposizione una tabella in cui sono riportati dati di Bra, Castelmagno, Murazzano, Maschera, Robiola di Roccaverano e Toma Piemontese.

Le voci sono suddivise tra produzione in tonnellate, numero di forme, tonnellate di latte utilizzato e numero dei soci del rispettivo consorzio di produzione.

Il lasso temporale parte dal 2002 e arriva al 2009, per il 2010 le rivelazioni sono in corso.

Il Bra fa segnare una performance eclatante. Lo scorso anno sono state, infatti, prodotte poco meno di 134 mila forme, trentamila in più rispetto al 2008, pari a 937 tonnellate di formaggio. Manca, però il dato relativo al latte impiegato. Mentre i soci sono 21.

Dati positivi anche per il Castelmagno, consorzio con appena 7 soci. Nel 2009 sono state prodotte 38.564 (227 forme) forme del famoso formaggio friabile, quasi seimila in più del 2008, con una crescita pressoché costante negli ultimi dieci anni. In aumento anche le tonnellate di latte impiegato: 2412 contro 1890 di due anni fa.

Anche la Robiola dop di Roccaverano, prodotta tra Astigiano e Acquese, beneficia di buoni numeri, seppure legati ad una produzione di nicchia. Nel 2009 infatti ne sono state prodotte quasi 289mila forme, trentamila in più rispetto al 2008, pari a 88 tonnellate di formaggio, quatto in più dell’anno prima. Il latte, in maggioranza ovicaprino, utilizzato è stato pari a 514 tonnellate. I soci del consorzio nel 2002 erano 36, oggi sono 19.

Numeri in discesa per il Murazzano la cui produzione è passata da 21 tonnellate nel 2008 a 16 nel 2009 (era 28 nel 2006). Le forme sono diminuite da 66 mila a 47 (più di 78 mila 5 anni fa), il latte utilizzato da 108 a 104 tonnellate (nel 2006 erano 135). Infine come si è detto i soci sono 4 ed erano 14 fino al 2006.

Per il Raschera 2009 e 2008 segnano variazioni al ribasso. La produzione è passata da 780  a 745 tonnellate; il numero delle forme da 95 mila a 88 mila. Al contrario il latte utilizzato è cresciuto: dalle 7.712 tonnellate del 2008 si è passati alle 9.160 del 2009 (effetto di uno stoccaggio?). In aumento anche i soci del Consorzio che ha acquistato tre unità rispetto alle 30 del 2008.

Infine al Toma Piemontese. Nel 2009 se ne sono prodotte 1.048 tonnellate (1.077 nel 2008), pari a poco meno di 150 mila forme (più di 196 mila l’anno prima). I soci sono calati due unità passando da 41 a 39. I dati del latte si fermano al 2008, ne furono impiegati 10.363 tonnellate.

Filippo Larganà (info@saporidelpiemonte.it)

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