Mentre, come tutti gli anni, parte agricola e industrie del moscato litigano su rese per ettaro e prezzi delle uve moscato, all’estero si tarocca Asti e Moscato. Alla faccia dei piemontesi. Questa volta la segnalazione è arrivata da Cristiano Veglio, socio del Consorzio di Tutela e patron di un’azienda vinicola che fa Barolo, Moscato e Asti docg con vigneti e cantine a Serralunga d’Alba.
Veglio ci ha indicato la Botticelli, cantina brasiliana che sul suo sito, tra vini bianchi e rossi, presenta un Asti, scritto proprio così, ottenuto da uve Moscato Canelli, «originarie della Grecia», un vino spumante aromatico e dolce.
Il richiamo all’Asti docg piemontese il cui nome e denominazione sono tutelati a livello internazionali è evidente. E c’è da sbalordire anche per il prezzo. La casa brasiliana infatti dichiara per l’Asti-non-Asti un prezzo di 108 reais, cioè tra i 47 e i 48 euro, per una cassa da 6 bottiglie, 8 euro al pezzo, un costo non proprio alla portata del cliente medio brasiliano. Non male per un tarocco.
Ma non finisce qui. Botticelli produce anche un Moscato Canelli, clone del Moscato d’Asti docg, venduto a 130 reais, cioè oltre 57 euro per 12 bottiglie.
«Sono rammaricato da questa ennesima enopatacca a danno dell’Asti e del Moscato – ha dichiarato Cristiano veglio a Sdp – Sono certo che nei prossimi giorni il Consorzio di Tutela prenderà le contromisure opportune. So che l’Asti vende circa 200 mila bottiglie in Brasile, ma non è escluso che sul mercato ci siano anche questi Asti tarocchi».
Quello brasiliano è l’ultimo di una serie infinita di agro-patacche che hanno come vittima l’Asti e il Moscato. In particolare, qualche mese fa, in Russia gli “007” del Consorzio di Tutela avevano scovato false bottiglie di Asti prodotte da aziende della Federazione Russa. Un giro d’affari enorme che, secondo le stime consortili, avrebbe generato più di 5 milioni di bottiglie taroccate per un valore di milioni di euro.
In quel caso i legali del Consorzio si erano mossi intimando alle aziende russe di ritirare il prodotto tarocco (in alcuni casi bevande aromatizzate artificialmente) dal commercio. Per l’Asti brasiliano la strategia potrebbe essere la stessa anche in considerazione di altre rivalse già vinte in passato.
«È vero abbiamo già vinto cause contro falsi Asti in Brasile dove la nostra denominazione è protetta» ha detto a Sdp il presidente del Consorzio, Paolo Ricagno che, d’intesa con il direttore consortile, Giorgio Bosticco, avvierà immediatamente le indagini del caso.
sempre in tema di agropirateria proprio pochi gironi fa i produttori veneti di Prosecco avevano denunciato la vendita, sempre in Brasile, di un brut che si dichiara “Pro-sec” (ma sull’etichetta la scritta è prosecco) ed è prodotto dalla cooperativa Vinìcola Garibaldi – 300 soci e 820.000 bottiglie all’anno di spumanti prodotte – che si trova nella città brasiliana intitolata all’eroe dei Due Mondi e dell’Unità d’Italia (sia detto senza ironia alcuna).
Per il Pro-sec brasileiro i veneti si sono arrabbiati e hanno promesso azioni di tutela.
Ma tra i vini della Vinìcola Garibaldi poteva mancare un simil-Asti? Certo che no. Così tra gli spumanti della cooperativa ecco che abbiamo scovato un Garibaldi Muscat Sparkling Wine, fatto con uve moscato bianco e giallo, ma come metodo di produzione è indicato un non meglio identificato “Asti process”.
Cosa voglia dire “Asti process” i “garibaldini” brasiliani non lo spiegano, ma l’italian sound, cioè lo sfruttamento indebito del nome Asti, è garantito.
Ecco, magari vignaioli e industrie dovrebbero ragionare anche un po’ su quello che accade nel mondo e non solo ad uno sputo dalle vigne.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)