Euroburocrati e enologia. Fiorio: «Bruxelles ha il suo “comitato vini”, ma non funziona». Centinaia le pratiche italiane ferme. Gli europarlamentari italiani tacciono

inserito il 4 Luglio 2015

Di Europa se ne sente parlare fin troppo in questi giorni. I fatti di Atene, l’orrendo neologismo Grexit, i maldipancia degli Stati membri accreditano l’immagine di un Continente in preda alla confusione e allo smarrimento. Il mondo del vino, che fino ad oggi tra alti e basi sta reggendo ai colpi della crisi, non fa eccezione. Ed ecco spuntare l’ennesima possibile beffa europea. Ce la segnala Massimo Fiorio, parlamentare astigiano, vicepresidente della Commissione agricoltura della Camera, il quale ha scoperto che i comitati nazionali vitivinicoli non sono gli unici a decidere su denominazioni e disciplinari. Ha parola anche un comitato vino Ue (Unità Qualità della “DG AGRI”) il quale, però, sembra a causa di elevati costi di gestione e di una struttura non adeguata, non sarebbe mai entrato veramente a regime.

Il risultato è stato il blocco di fatto di «…centinaia di pratiche (moltissime delle quali di provenienza italiana) che riguarderebbero il settore del vino…» con danni e disagi per le imprese e il comparto italiano.

Così Fiorio ha preso carta e penna e scritto una lettera ai colleghi europarlamentari italiani (leggi qui Lettera Fiorio Eurodeputati procedura conferimento protezione)

Il parlamentare, che su questo tema ha anche presentato un’interrogazione al Parlamento (qui),  riferisce delle denunce già avanzate dalle associazioni di categoria e avverte che «La domanda di protezione di una denominazione di origine o di una indicazione geografica, che può essere presentata da qualunque associazione di produttori, è uno strumento irrinunciabile per promuovere le specificità del settore, della tradizione e del rilievo socio-economico e culturale delle denominazioni nei principali Paesi vitivinicoli europei». Quindi ammette a SdP: «Fino ad oggi mi ha risposto sono Paolo De Castro».

Un po’ avvilente, no? Il ora rischio è che, come è già accaduto per altri prodotti del Made in Italy, se non si metterà mano a questo tema l’Europa potrebbe mettere le mani sul vino italiano, dettando regole nuove, magari elaborate da un organismo terzo (da indiscrezioni tutte da verificare non è escluso che i compiti dell’Unità Qualità DG AGRI potrebbero essere cedute a consulenti esterni) con ripercussioni impossibili da prevedere su un settore come quello del vino italiano che pur essendo strategico per l’economia nazionale non gode e non ha mai goduto delle maggiori attenzioni delle più alte istituzioni.

Come, al contrario, accade per i “soliti” francesi dove il premier Hollande non ha mai fatto mistero di considerare il vino francese come una vera economia nazionale da difendere. Analoghe parole non si sono ancora sentite da nessun premier del Belpaese.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

 

 

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