Gancia e Martini & Rossi, le due aziende che un mese fa hanno fatto scoppiare la “bomba” uscendo clamorosamente dal Consorzio di tutela dell’Asti che loro stesse hanno contribuito a fondare 77 anni fa, spiegano i perché del loro gesto. Lo fanno attraverso comunicati e lettere inviati nei giorni scorsi, a ridosso o nel bel mezzo delle festività di fine anno. Sdp ha visionato questi documenti. Ecco quello che c’è scritto.Le lettere inviate ai conferenti sono datate 10 dicembre. Portano entrambe, in calce, le firme dei due ad, Paolo Fontana per la Gancia, Stefano Leonangeli per M&R.
A parte qualche variazione di poco conto i due testi sono grosso modo identici. Sia Gancia che M&R ricordano le proprie radici e il contributo che hanno fornito alla crescita dell’Asti e dello stesso ente consortile. Poi spiegano che sono uscite dal Consorzio e all’unisono scrivono: «Nella nostra visione è fondamentale promuovere, non soltanto un prodotto, ma un insieme di valori di cui fanno parte integrante la storia, il territorio, le persone che con passione producono le uve». Ed ecco la prima asserzione: «La marca è l’unico ambasciatore e garante in grado di veicolare l’immagine dell’Asti nel mondo». A cui segue la seconda: «Intendiamo qui confermarvi che il nostro rapporto non viene a modificarsi in alcun modo». Sia Gancia che M&R infine si dichiarano certe di un «rafforzamento delle relazioni» con i conferenti che giudicano «elemento imprescindibile».
Poi c’è un comunicato emesso dalla Gancia tra Natale e Capodanno e pubblicato sull’ultimo numero di Moscato d’Asti, la rivista della Produttori di Moscato d’Asti associati. Il testo ricalca, con poche aggiunte, la lettera inviata ai conferenti.
Siamo davanti ad un’azione congiunta, messa in atto per gettare acqua sul fuoco delle polemiche che l’uscita di Gancia e M&R dal Consorzio di tutela dell’Asti ha inevitabilmente fatto divampare, ma c’è anche l’intenzione di smentire la tesi, sostenuta da alcuni, secondo cui la decisione delle due maison spumantiere potrebbe rimettere in discussione l’accordo interprofessionale che fissa rese e prezzo delle uve e aprire la porta al mercato libero, cioè a contrattazioni tra aziende e contadini fuori da ogni intesa.
Se questo dovesse accadere (e non è affatto detto che accada) per alcuni osservatori sarebbe una iattura, per altri un modo per azzerare una situazione incancrenita e rilanciare un comparto che, a scanso di tante parole, non ha mai fatto della valorizzazione del prodotto una vera bandiera.
Intanto per la metà di gennaio dovrebbero riunirsi i vertici del Consorzio dell’Asti. In agenda nuove regole e politica per controbattere lo svilimento del prodotto (anche quest’anno ci sono stati Asti e Moscato docg venduti a prezzi di saldo). L’obiettivo è anche di ricucire lo strappo con Gancia e M&R.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)