Due le notizie che riguardano l’editoria piemontese legata al vino e alle agro-produzioni di eccellenza: il passaggio di mano di Barolo & Co. la più storica rivista di vino ed enogastronomia del Piemonte e tra le più longeve d’Italia; e il caso della condanna in primo grado di Maurizio Gily, agronomo prestato alla comunicazione, reo, secondo un giudice, di aver criticato senza “contenersi” l’inchiesta dell’Espresso “Velenitaly” che nel 2008 mise a rumore, non senza polemiche e danni d’immagine, il mondo del vino italiano. Dunque Barolo & Co.: fondata nel 1983, la rivista che porta il nome del famoso vino rosso, spesso preso a simbolo del Piemonte, ha sempre avuto come direttore il giornalista Elio Archimede, un profondo conoscitore non solo del mondo del vino e delle dinamiche che lo regolano, sia in campo pubblico che privato, ma anche delle tecniche di comunicarlo. Ora, dopo 31 anni di attività, guida e proprietà passano a Vignaioli Piemontesi. Il passaggio è confermato dallo stesso Archimede che curerà anche il primo numero del 2014 e precisa: «Con la cessione di Barolo & Co. alla VP è garantita al continuità editoriale di una rivista che pur essendo nazionale ha nel Piemonte il suo dna». Su chi succederà ad Archimede alla direzione del periodico ancora nulla di ufficiale.
Come si legge sul sito web VP “… è la più grande organizzazione di produttori vitivinicoli d’Italia, riconosciuta dalla Unione europea. Riunisce 41 cantine cooperative ed oltre 500 aziende vitivinicole singole, per un totale di circa 8 mila aziende vitivinicole. La produzione delle aziende associate è di 950 mila ettolitri in media all’anno, che rappresentano più del 30% della produzione regionale di vino». Insomma una eno-realtà di tutto rispetto, che fa della rappresentatività della filiera agricola del vino il suo punto di forza e che non è nuova a progetti editoriali e di comunicazione. Infatti compartecipa Mille Vigne, organo di informazione indirizzato ai viticoltori e agli imprenditori del settore vitivinicolo, e Wine Pass, complessa struttura di comunicazione che comprende una rivista e vari canali web.
Ed è certo un segnale di crescita importante il fatto che una realtà così legata al fronte agricolo della filiera vitivinicola stia investendo in un settore così difficile, competitivo e in veloce evoluzione come quello della comunicazione, dentro e fuori la Rete.
Infine il caso che coinvolge l’agronomo Maurizio Gily, anche direttore responsabile del periodico Mille Vigne. La querelle che lo contrappone ad uno dei giornalisti del settimanale L’Espresso che avevano firmato l’inchiesta “Velenitaly”, pubblicata proprio il giorno dell’apertura del Vinitaly di 5 anni fa, è raccontata nell’intervista di Slow Wine allo stesso Gily. La potete leggere a questo link, e anche sul sito di Mille Vigne qui, insieme a tante prese di posizione pro Gily e, naturalmente, a favore della libertà di espressione e di critica sul web, soprattutto.
Segnaliamo anche che, per finanziare il ricorso alla sentenza che lo condanna, è stata aperta una sottoscrizione. Per chi vuole aderire questo il link. Una considerazione finale: è, a nostro avviso, davvero un segno di decadimento civile il fatto che un giornalista invece di difendersi con la penna dalle critiche, quando anche fossero aspre, si rivolga ad un giudice.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)