La notizia è che il Piemonte, dopo decenni passati a parlar di Tuber Magnatum Pico, cioè di tartufo bianco d’Alba, sta per varare un robusto progetto di promozione sul tartufo nero ovvero il Melanosporum Vit, varietà pregiata invernale, e l’Aestivum o “scorzone” che si raccoglie d’estate. Sdp ha già raccolto le prime indiscrezioni.
Anche se per la verità già ad ottobre, nell’ambito del Salone del Gusto si era svolto un convegno dedicato al tartufo nero. Era stato precisato che, al contrario del bianco, che cresce spontaneo, può essere coltivato e controllato. Si era ricordato come la Regione Piemonte è stata partner di un progetto di cooperazione transfrontaliera cofinanziato dall’Unione Europea il cui scopo era verificare la possibilità di creare una filiera agroeconomica basata sul prodotto tartufo nero. Era anche stata presentata una ricerca realizzata dal dipartimento di Biologia vegetale dell’Università di Torino.
L’assessore regionale Bruna Sibille (Montagne e Foreste) aveva detto: «Il successo internazionale del tartufo caratterizza alcune zone del Piemonte, in particolare l’Albese ed il Monferrato, che sono punti di richiamo degli appassionati di gastronomia, ma anche di turisti attratti dalle diverse manifestazioni dedicate. Ne consegue quindi che sia importante valorizzare il tartufo come veicolo trainante dell’enogastronomia locale, nell’ottica dell’integrazione delle molteplici risorse turisticamente rilevanti che costituiscono una preziosa ricchezza».
Parole che ora, alla luce delle indiscrezioni raccolte da Sdp, sembrano anticipare il progetto di promozione del tartufo nero di cui è trapelato il titolo provvisorio: «L’Oro Nero del Piemonte». Il lancio è previsto a marzo, con un logo appropriato e una compagna d’informazione. Ancora top secret costi e particolari della campagna.
Ma è davvero conveniente puntare sul tartufo nero? Bisogna verificare.
Di certo aspetti positivi ce ne sono: il “nero” può essere coltivato, vantaggio incommensurabile rispetto al “bianco” che nasce spontaneo e va cercato. Inoltre va cotto e non mangiato crudo, risultando, più del celebrato parente, sfruttabile in cucina. E poi, aspetto non trascurabile in periodo di ristrettezze economiche, il costo d’acquisto è notevolmente inferiore, si parla di almeno un decimo rispetto ai 300/400 euro all’etto per il Tuber Magnatum Pico, ma con rese per ettaro che potrebbero arrivare anche a alcuni quintali.
L’area di coltivazione e raccolta sarebbe già stata individuata tra Albese e Monferrato, con due capitali: Alba e Canelli, già disposte a creare enormi riserve-coltivazioni di “oro nero”. Insomma dopo i vini, i formaggi, la frutta e la verdura, il tartufo bianco, ecco che le eccellenze dei Sapori del Piemonte si estendono anche alla trifola nera.
Come dire che i piemontesi, oltre al granata dei loro grandi vini rossi, non disdegnano il “derby” bianconero dei tartufi.
Filippo Larganà – filippo.largana@libero.it