È guerra virtuale sull’assegnazione di due nuovi dominii web, .wine e .vin che, ovviamente, sono legati al mondo del vino e quindi molto appetibili da parte di molti soggetti con relativo rischio speculazione. I primi segnali di una possibile “giungla” delle denominazioni legate all’enologia, emersero un paio di anni fa (leggi qui). Il rischio era (ed è) reale, tanto che anche il Governo, proprio nel 2014, si mosse annunciando, in sede europea, azioni di protezione per i nomi di vini. Funzionò? Dal piccolo reportage on line che pubblichiamo pare proprio di no.
Dunque la prima domanda è: qual è oggi la situazione dei dominii .wine e .vin, con riferimento ai vini piemontesi? Ce lo siamo chiesto dopo che, un mese fa e con grande enfasi, quelli del Consorzio del Prosecco docg annunciarono l’acquisto di prosecco.wine e prosecco .vin (leggi qui). E i consorzi piemontesi? Ci chiedemmo.
Diciamo subito che il più antico, grande e strutturato consorzio vinicolo del Piemonte, quello dell’Asti docg che sovrintende alla politica di tutela e valorizzazione della denominazione che muove in media tra i 90 e i 100 milioni di bottiglie all’anno, è riuscito ad aggiudicarsi i dominii .wine e .vin per gli indirizzi web (url) relativi a astidocg e moscatodasti. Resta da vedere quando l’ente che ha sede in piazza Roma ad Asti metterà on line siti o blog con queste estensioni. Ad oggi esistono siti e blog con estensioni classiche (it, com e info) non sempre usati al meglio e spesso, specie negli ultimi tempi, al centro di qualche critica mirata soprattutto ai contenuti ritenuti non all’altezza del più antico Consorzio di tutela italiano in tema di vino.
La musica cambia se si digita la parola “moscato” su alcuni siti di ricerca specializzati nella tracciatura dei domini, per esempio whois.domaintools.com o http://who.is/ (ma attenzione alcuni pongono limiti al numero di ricerche). I due dominii, moscato.wine e moscato.vin, sono di proprietà rispettivamente di un operatore milanese e di una società londinese di consulenza web. Che se ne faranno? Non si sa, ma il fatto che il marchio moscato sia così appetibile sui mercati di tutto il mondo, Usa in testa, apre scenari interessanti per chi è a caccia di affari sulla Rete.
Ma andiamo avanti. Barolo, Barbaresco e Barbera (insieme a Gavi e Alta Langa) sono protetti da norme dell’Icann (Internet corporation for assigned names and numbers), ente no-profit con base negli Stati Uniti, nato come agenzia del Dipartimento del commercio americano, che dal 2011 si occupa di liberalizzare i domini di primo livello di Internet. Quindi niente trippa per gatti. Questi domini sembrano bloccati insieme a nebbiolo, roero, alba e asti (questi ultimi due anche nomi geografici).
Dolcetto.wine, invece, è stato acquistato da un’agenzia web cuneese, mentre .vin sembra sia disponibile. Curiosa la situazione dei dominii brachetto.wine e brachetto.vin che sono di proprietà di una cantina della zona di Barolo. Perché un barolista si interessi al Brachetto resta un mistero. Per ora. Il nome Brachetto d’Acqui, invece, risulta sotto tutela Icann, ma non di proprietà del Consorzio di tutela. Lo stesso accade per Barolodocg.wine di proprietà di un produttore vinicolo dell’Astigiano e non del Consorzio del Barolo. Poi c’è il “caso” Nizza, che oltre a essere il nome che accomuna diverse città tra cui Nizza Monferrato patria della Barbera d’Asti, è anche la menzione territoriale (con una brutat parola: sottozona) della Barbera d’Asti Superiore docg. Il Nizza, tra l’altro, ambisce a una propria denominazione docg. Sia come sia nizza.wine è in mano ad una pr milanese, il .vin non dà risultati disponibili. Da Nizza Monferrato, sede dell’associazione di produttori del Nizza, fanno notare che la denominazione corretta è “il Nizza”. Messa così, secondo la nostra ricerca, il .wine è disponibile, .vin non dà notizie certe.
Infine c’è il Comune di Canelli, capitale astigiana dello spumante, che, muovendosi per tempo, si è aggiudicato i dominii .win e .vin per le denominazioni “moscatocanelli” e “cattedralisotterranee”. La prima si rifà ai produttori canellesi di moscato che hanno una propria associazione e puntano a una propria docg sulla falsariga dei colleghi barberisti del Nizza; la seconda richiama le cantine storiche (Bosca, Contratto, Coppo e Gancia) da cui è nato il progetto, poi diventato realtà, del sito Unesco Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte oggi inseriti nella lista Patrimonio dell’Umanità. Dal Comune fanno sapere che metteranno i dominii a disposizione di enti o istituzioni che abbiano progetti di promozione e valorizzazione o li destineranno a proprie iniziative.
La nostra mini inchiesta finisce qui. Chi vuole può divertirsi a scoprire in che mani sono finite altre denominazioni, non solo di vino (per esempio robiolaroccaverano.it è di proprietà non del Consorzio di Tutela ma di un casaro privato del Cuneese, mentre castelmagno.it e tomapiemontese.it sono di una società pubblicitaria bolognese)
In chiusura: nonostante le rassicurazioni e le buone intenzioni ministeriali quella dei dominii del vino in Italia non è una battaglia, ma una vera guerra, anzi un Far West, una giugla con scarse regole e una corsa all’accaparramento del dominio. Sullo sfondo sembrano esserci interessi disparati, suddivisi tra chi punta a speculare e chi a recintare il proprio orticello. Manca, ancora una volta, una visione di insieme. E per prime sono mancate le istituzioni pubbliche che avrebbero potuto, se non governare una cosa così ingovernabile come Internet, almeno gestire la corsa ai dominii, magari blindando quelli a difesa di quel benedetto Made in iItaly che è sempre buono per gli slogan da declamare in pubblico, ma spesso è tradito nei fatti che alla fine sono quelli che contano.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)