
«Lavorerò per ritrovare l’unità consortile. Spazi di manovra ce ne sono», sono le prime dichiarazioni a Sdp di Paolo Ricagno, presidente del Consorzio di tutela dell’Asti docg, da un paio di giorni nella bufera per l’annuncio con cui la Martini & Rossi e la F.lli Gancia hanno ufficializzato l’intenzione di abbandonare il sodalizio, uno dei più antichi e stimati d’Italia, alla cui costituzione queste due stesse aziende hanno contribuito ben 77 anni fa. I toni di Ricagno sono amari: «Il 17 dicembre del 1932 – dice – il Consorzio di tutela dell’Asti è stato fondato anche da Gancia e Martini & Rossi, le stesse aziende che oggi hanno annunciato di uscirne. Il Consorzio può andare avanti, ma senza l’aiuto di due marchi che hanno fatto e fanno la storia dell’enologia italiana sarebbe tutto più difficile. Spero in una riconciliazione. Sono fiducioso».
L’occasione per le esternazioni pubbliche di Ricagno l’ha data il convegno sul futuro del vino italiano organizzato, venerdì 11 dicembre 2009, dal parlamentare astigiana Massimo Fiorio, segretario della Commissione Agricoltura della Camera. Il luogo dell’incontro è il teatro “Alfieri” di Asti. Ospiti e relatori sono arrivati alla spicciolata. C’è Lamberto Vallarino Gancia, della quinta generazione della famiglia di industriali spumantieri, presidente Federvini e Ceev che, però, non parla dell’uscita dell’azienda di famiglia dal Consorzio: «Dice tutto il comunicato» taglia corto; c’è Romano Dogliotti, una delle griffe del mondo del Moscato e dell’Asti che difende a spada tratta l’operato del Consorzio; e c’è Ricagno, che è anche presidente della Cantina sociale Vecchia Alice di Alice Bel Colle, vicino ad Acqui Terme, considerato da tanti, nonostante le radici “contadine”, un uomo di M&R. «Lo fossi stato davvero questo non sarebbe accaduto» commenta laconico.
Poi risponde alle domande dei giornalisti e chiarisce che l’uscita dal Consorzio di M&R e Gancia «non è ancora definitiva. Potrebbe non essere operativa in quest’anno. Nel comunicato le aziende hanno indicato “a far tempo dal 31 dicembre 2009”». Interpretazioni linguistiche a parte, però, quello che Ricagno ammette è che alla base della clamorosa uscita di scena di delle due maison storiche potrebbe esserci lo svilimento continuo del prodotto con la moltiplicazione sregolata delle etichette aziendali (le cosiddette private label) e, cosa ancora più grave, la crescita di Asti e Moscato docg a prezzi bassi che “sputtanano”, per dirla con Oscar Farinetti il patron-re-mida di Fontanafredda, azienda che guarda caso è uscita già anni fa dal Consorzio di Tutela, i marchi più blasonati.
«Ma su questo punto – annuncia a Sdp Ricagno – ci siamo già mossi. Ho varato un regolamento severo che impedirà l’assegnazione del marchio consortile a chi venderà l’Asti al di sotto di una certa soglia di decenza e sopravvivenza etica. Inoltre ho messo in atto un freno alle etichette aziendali, le Private Label. Ho risanato il bilancio dell’ente: oggi il Consorzio, meno di venti dipendenti con un giro d’affari di 2,5 milioni di euro ha un milione in banca contro i cinque di debiti che aveva quando sono stato eletto presidente nel maggio scorso. Agiremo per promuovere il marchio e ridare redditività al prodotto. E sono pronto – ha aggiunto Ricagno – ad altre rivoluzioni, ma insieme a tutti, insieme a chi ha fondato e creduto in questo Consorzio. Senza non avrebbe senso. Per questo nei prossimi giorni incontrerò i manager M&R e Gancia. Voglio capire se la decisione di lasciare è una scelta di gestione interna alle due aziende o un segnale per fare cambiare politica al Consorzio. Di certo, comunque farò di tutto per ricompattare le fila del sodalizio».
In caso contrario Ricagno prefigura scenari negativi. «Un mercato libero – ha sostenuto – causerebbe danni enormi a aziende e vignaioli, smantellando l’accordo interprofessionale che per trent’anni ha garantito l’economia e lo sviluppo del Piemonte vinicolo e di una filiera tra le più trasparenti e invidiate d’Europa». Insomma Ricagno manda a dire a M&R e Gancia che è disposto a venire a patti, ma rispettando le regole consortili, senza diktat o ultimatum. L’alternativa, per il presidente, sarebbe un salto nel vuoto, «Del resto oltre l’80% del mercato dell’Asti è in mano a quattro aziende» avverte. Resta da vedere se M&R e Gancia hanno gi stessi dubbi e timori di Ricagno. Allo stato sembra proprio di no.
E intanto c’è anche chi sostiene che dietro al divorzio tra le due Case spumantiere e il Consorzio ci sarebbe la voglia di costituire un nuovo organismo, magari con altri fuoriusciti e aziende che non sono mai entrate nell’ente. Gli appassionati di fanta-enologia già prefigurano un’asse Gancia-M&R-Fontanafredda-Altri in contrapposizione a quello filo-consortile Campari-Bosca-F.lli Martini-Cantine Cooperative. Esercizi di fantasia o ipotesi verosimili? Non è facile dirlo.
In ogni caso questo sarà un Natale e un Capodanno senza spot e réclame per Asti e Moscato. Niente campagna istituzionale, niente campagne delle aziende. Un silenzio assordante per chi era abituato ai George Clooney, alla modella tra le vigne o al mitico “Oh happy day”. Ricagno ha spiegato così la scelta no-spot: «Le aziende non era d’accordo. Non s’è potuto programmare nulla. Ci sono state solo partecipazioni a trasmissioni tv con alcune che andranno in onda a gennaio». Un po’ poco.
E il piano di rilancio da 40 milioni? «Siamo in attesa – ha detto il presidente – di 8 milioni dal Ministero. Fanno parte delle ingenti risorse di cui può disporre la filiera per promuovere l’Asti. Ma ci deve essere il concorso di tutti. Senza divisioni». L’appello a M&R e Gancia e lanciato.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)