Non guarisce, ma aiuta a vivere. L’ironia è una delle armi migliori che abbiamo per sconfiggere tristezza e scoraggiamento. Ne sanno qualcosa i ristoratori italiani e stranieri che, insieme a baristi e altri titolari di luoghi di convivialità e raduno, stanno soffrendo a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. Tra le sacrosante proteste per aiuti inadeguati e azioni insufficienti da parte dei Governi, ecco che spunta anche l’arma dell’ironia.
Il giorno dell’Epifania un gruppo di ristoratori di Canelli, nell’Astigiano, complice il fatto che tra loro ci siano anche un paio di attori, hanno affidato ai social il video dei “ristorattori”. Seduti sul divano i titolari di alcuni locali della città dove nel 1865 nacque il primo spumante d’Italia aspettano qualcosa, ma esattamente cosa non si sa. Una parodia, con tutte le enormi differenze e il rispetto del caso, di testi teatrali come “Aspettando Godò” o “Sei personaggi in cerca d’autore”. Nessun paragone, figuriamoci. Ma l’atmosfera surreale, anch se tra l’ironia e il sarcasmo amaro, c’è tutta. Guardate il video qui.
Qualche giorno fa altro video, sempre sui social, di un ristorante torinese che si è inventato una visita guidata al museo del ristorante dove l’attività del ristoratore è trattata come una puntata di archeologia di Alberto Angela tra citazione archeologiche e risate incredule dei visitatori alle spiegazioni di cos’è una tavola imbandita, un menù o uno scontrino. Vedi qui.
Certo si ride, ma con profonda amarezza perché il settore della ristorazione, che nel momento in cui scriviamo, festeggia per l’entrata nel colore “giallo” che permette ai locali di aprire dal mattino fino alle 18 con possibili colazioni e pranzi “in presenza”, a livello nazionale segna perdite di miliardi di euro con ripercussioni su posti di lavoro e filiere collegate, dall’agricoltura all’arredo, dal turismo ai trasporti.
Quindi ben venga l’ironia e il sarcasmo, ma che nessuno pensi che la situazione sia leggera perché è pesantissima ed è meglio ci si sbrighi a fare qualcosa che sia davvero di sostegno per un settore che non è solo reddito e occupazione, che puro sono valori fondamentali per la nostra società, ma rappresentano anche un formidabile strumento di tutela e divulgazione della cultura, dell’arte e dello spirito iconico e inimitabile della cucina italiana nel mondo.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)