
Il mondo dell’Asti e del Moscato d’Asti è in fermento prenatalizio. Non è una novità. Questa volta, però, ad agitare le bollicine dolci piemontesi più vendute al mondo ci sono indiscrezioni e dichiarazioni pubbliche che parlano di un Consorzio di tutela sull’orlo di una crisi di nervi, tra malumori e fronde interne. Gossip, maldicenze o disagio vero? Di certo c’è che per questo Natale il Consorzio non spenderà un centesimo in pubblicità e che il piano di rilancio da 40 milioni di euro pro asti e Moscato è fermo. Lo ha confermato a Sdp il presidente del Consorzio, Paolo Ricagno. Ecco quello che ha detto.
Presidente, è dunque vero che il piano di rilancio ha subito una battuta d’arresto?
«Sì. Il piano è fermo perché è in atto una profonda ristrutturazione del Consorzio. Per questo nell’imminente periodo natalizio non ci saranno presenze promozionali firmate dal nostro ente»
Il che, considerato che la fine anno è il periodo di vendita privilegiato dell’Asti, non è poco…
«Non si poteva fare diversamente»
Tuttavia si parla di 10 milioni di euro fermi destinati proprio al rilancio del prodotto…
«Veramente sono 27 – il piano di rilancio ne prevede 40, metà dallo Stato e altrettanti dalla filiera: case spumantiere, cantine sociali, vinificatori e vignaioli ndr –. E diventeranno anche di più, perché a ristrutturazione finita partiremo con più forza per rilanciare l’Asti»
Ci sono, però, voci che parlano di divisioni all’interno del Consorzio, di aziende associate che vorrebbero uscire e di “maldipancia” anche tra i moscatisti. Cosa c’è di vero?
«Cose che non mi risultano. Ripeto: stiamo preparando una ristrutturazione»
In che consiste?
«L’idea è quella di dare grande rilevanza al marchio del Consorzio e meno al prodotto. È un’operazione che va fatta proprio per ripartire alla grande»
Insomma più che una fermata vera e propria una sorta di pit-stop?
«Diciamo che siamo ai box per questioni tecniche e che riscenderemo in pista inngranando la quarta»
Però ci sono malumori tra vignaioli e moscatisti. I primi lamentano il prezzo troppo basso dell’uva, i secondi sostengono che l’aumento del volume di bottiglie di Moscato d’Asti, che ormai sfiora i 12 milioni, è da imputare all’ingresso sul mercato di aziende che oggi puntano sul mercato con prezzi troppo bassi. E c’è chi palesa il rischio reale che questo faccia male al Moscato creando una corsa al ribasso del prezzi alla vendita con un danno d’immagine. Un po’ come accade un tempo all’Asti. Come commenta queste prese di posizione?
«Dico che con la ristrutturazione consortile avremo strumenti e risorse per fare ripartire al meglio tutto il comparto»
L’intervista a Paolo Ricagno finisce qui. Il dibattito sul futuro dell’Asti spumante e del Moscato d’Asti docg no. Se ne parlerà ancora in dicembre, a ridosso dei brindisi natalizi e di fine anno, a Mango e a Santo Stefano Belbo, dove sono previsti convegni e forum.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Caro Poli, rumors o boatos che siano è certo che siamo davanti ad una situazione perlomeno in trasformazione che coinvolge direttamente il Consorzio dell’Asti. Le indiscrezioni raccolte e pubblicate da Sdp, oltre che da lei, lo dimostrano. E se da una parte le dichiarazioni del presidente Ricagno tendono a smorzare, dall’altra la conferma di una ristrutturazione profonda sembra avallare la necessità urgente di rinnovamento di uno dei più importanti organismi enologici d’Italia. Politica? Soldi? Grande aziende che fanno le bizze? Tutti tasselli di un grande quadro in cui manca ancora il protagonista principale: l’Asti spumante inteso non come mucca da mungere, ma come risorsa di un territorio orgoglioso delle proprie eccellenze. Sentimenti troppo spesso lasciati alla demagogia di manager e funzionari più interessati al proprio stipendio che alla bontà di un progetto di rilancio. Così l’Asti torna ad essere un gigante dai piedi d’argilla. E pensare che la sua zona di produzione è al centro del territorio candidato a diventare Patrimonio dell’Umanità tutelato dall’Unesco. È un’iniziativa che, al di là del risultato, andrebbe comunque supportata dai fatti oltre che dalle belle parole. Ora, insomma, serve uno scatto, un colpo d’ala. Il presidente Ricagno ci pare stia lavorando in questo senso. Altri no.
Non conosco il Presidente Ricagno, mi dicono sia persona equilibrata e da tempo in prima linea per la difesa e la tutela del suo territorio e delle eccellenze dell’agricoltura. La sua intervista è in linea con il ruolo istituzionale e la pacatezza della persona ma il gossip che mi arriva da amici locali, aimè, e molto diverso.
Il Consorzio sarebbe oramai una vera e propria polveriera pronta ed esplodere da un momento all’altro. Un big bang nel mondo dell’Asti che nessuno può sapere a quali conseguenze portare, altro che ristrutturazione.
Ai box per questioni tecniche?
Il piano di rilancio è stato un vero e proprio fallimento, i volumi sono a picco e non parliamo poi del valore, i margini non ci sono più da tempo.
Alcune aziende molto importanti (praticamente i massimi finanziatori del piano per la parte privata, perché non è vero che ha contribuito tutta la filiera.. ma solo la parte industriale pagando maggiormente le uve) sono sul piede di guerra e parlano con sempre maggior insistenza di strappi che potrebbero avere conseguenze traumatiche per la sopravvivenza del consorzio stesso.
Mi dicono che ci sia chi non ne può più di spendere soldi per investire su un marchio o un simbolo che tutela sia chi punta alla qualità e sia chi punta unicamente ai volumi ed alle quote di mercato continuando a massacrare un prodotto certamente non percepito dal mercato per la qualità, la cultura e la tradizione che rappresenta.
Ancora una volta una delle massime eccellenze agricole italiane è in serissimo pericolo a causa di anni di compromessi ridicoli, cerchiobottismo, tolleranza (quando non parlare di connivenze) incredibile nei confronti di chi ha sempre operato in modo a dir poco “border line” ed in fine le solite divisioni. Aggiungiamo una spruzzata di politica, associazioni infinite tutte alla ricerca di uno spicchio di palcoscenico, sindacati ed il gioco è fatto.
Uno scenario da far tremare davvero i polsi visto che i primi due produttori sono oramai multinazionali completamente sganciate dal territorio ed il terzo produttore è in crisi profonda.
Che la forza sia con lei Presidente.