Consorzio dell’Asti. La Vallebelbo rientra nell’ente, che cambia presidente. Scoppia la pace del moscato?

inserito il 26 Aprile 2012

La cantina sociale Vallebeldo di Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, ha chiesto ed ottenuto di rientrare nel Consorzio di Tutela dell’Asti docg da cui era uscita, in polemica con i vertici, un paio di anni fa. La notizia è stata confermata a Sdp da Alessandro Pio, sindaco di Rocchetta Belbo, sempre nel cuneese, e vice presidente della cooperativa vinicola (presidente è il neivese, Romano Scagliola).

«La richiesta di rientrare nel Consorzio dell’Asti è stata decisa qualche settimana fa dall’unanimità del direttivo della Cantina – ha detto  Pio -. All’origine della determinazione soprattutto le ripercussioni sulla filiera dovute all’Erga Omnes, cioè alla disposizione di legge secondo la quale, avendo la rappresentanza della maggioranza della filiera di produzione del moscato, il Consorzio potrà d’ora in poi decidere progetti e iniziative che dovranno essere pagati da tutti, anche da coloro che sono fuori dall’ente. Stante questa situazione abbiamo preferito rientrare per essere parte attiva della politica che determinerà il futuro del moscato».

Pio non fa mistero delle ambizioni consortili della Vallebelbo, dice: «vorremmo sede nel Consiglio di amministrazione, come era prima della nostra uscita dal Consorzio», ma allo stesso tempo puntualizza posizioni: «No a nuovi impianti tout court e alla svendita del Moscato d’Asti sui mercati internazionali perché se è vero che il mondo chiede Moscato – afferma il vicepresidente della Vallebelbo – è anche vero che dobbiamo aspettarci una contrazione delle vendite e non permetterci errori che poi farebbero andare l’uva a prezzi svilenti. Se poi il Consorzio ha avviato uno studio per capire se servono altri impianti e se i mercati sosterranno queste produzione, beh, questo è un passo avanti».

Sulla questione del Comune di Asti nella lista dei Comuni del moscato Pio auspica una soluzione che metta la parola fine ad una querelle trascinata per troppo tempo. E sulla possibilità che altre cantine seguano il rientro in Consorzio della cooperativa santostefanese ammette: «Può essere, ma allo stato non ho elementi per affermare che siano altri rientri».

Certo l’erga omnes potrebbe indurre altre cantine e associazioni a rientrare nel Consorzio. Se ne starebbe parlando, ad esempio, anche all’interno di Assomoscato, il sodalizio che raggruppa duemila tra viticoltori e cantine vinicole e che, con altre cantine, uscì dal Consorzio sbattendo la porta e avanzando critiche anche aspre alla politica dell’ente. Più lontane le posizioni di altri “grandi ribelli” come Fontanafredda, ora del patron di Eataly Oscar Farinetti, già fuori dal Consorzio da alcuni anni, del gruppo Martini & Rossi (che ha cambiato da poco il suo Ad) e della Gancia, la storica Casa canellese oggi di proprietà dell’oligarca russo della Vodka (ma con interessi finanziari anche in banche e assicurazioni) Roustam Tariko.

Sarebbe tuttavia riduttivo non considerare anche altri motivi che stanno inducendo molti “ex ribelli” a rientrare nel Consorzio per la Tutela dell’Asti. Tra questi anche questioni squisitamente economiche e politiche. Non può essere ignorato il fatto, ad esempio, che nei primi giorni di maggio cambieranno i vertici consortili. Giunto alla scadenza del suo mandato, il presidente uscente,  Paolo Ricagno, a capo di una di Cantina cooperativa (di parte agricola, quindi) e anche del Consorzio del Brachetto e dei vini d’Acqui, lascia il passo ad un successore che, per consuetudine di alternanza, dovrebbe essere un rappresentante delle Case spumantiere. Rumors a parte tutto dovrebbe sapersi alla fine della riunione del CdA, prevista per il 4 maggio.

Ma basterà questo a placare la litigiosità del comparto del moscato? Basterà il cambio del presidente e del CdA a mettere fine a quella che molti media di settore hanno battezzato “la guerra del moscato”?

C’è da sperarlo anche se i primi segnali sembra già aprire altri fronti di discussione. «C’è da sanare il fatto che le Case spumantiere hanno 14 consiglieri in Cda contro i 13 della parte agricola» tuona Giovanni Bosco, presidente del Ctm, il comitato nato più di dieci anni fa dal movimento dei cobas del moscato. «Certo quella suddivisione è poco democratica. Bisognerebbe modificare lo statuto. Ogni parte deve avere pari dignità» commenta Alessandro Pio.

La discussione è aperta.

Sdp

5 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. Adriano Salvi 30 Aprile 2012 at 08:04 -

    Perr urdin del Podestà ranchè el Moscato davante la cà…….

  2. filippo 26 Aprile 2012 at 19:53 -

    @Giovanni: concordo su tutto, tranne l’ultima intenzione, quella secondo me è da marinaio delle vigne… 😉

  3. giovanni bosco 26 Aprile 2012 at 18:38 -

    @ Filippo. E allora faccio una proposta: 13 consiglieri alla parte industriale (compresi i 2 rappresentanti dei vinificatori) 13 consiglieri alla parte agricola e un Presidente sopra le parti come c’era quando è nato il Consorzio, Il sindaco di Asti potrebbe andare bene? nel 1932 la città di Asti non venne inserita fra i comuni produttori ma il Sindaco, pardon il Podestà di Asti, fu eletto Presidente..(.mi verrebbe da dire sì che allora nel Consorzio c’era democrazia). Se avvenisse questo, giurò che starò almeno quindici giorni senza parlare di moscato.
    Buon Moscato d’Asti
    giovanni bosco

  4. filippo 26 Aprile 2012 at 17:57 -

    @Giovanni: con Predappio metterei anche Berlino, Mosca, Pechino e Pyongyang… paragoni geo-storico-politici a parte è evidente uno squilibrio tra la parte che rappresenta le Case spumantiere (per favore smettiamo di chiamarla parte industriale, lo so che siamo noi giornalisti a sbagliare sempre termini, però proviamo a cambiare la comunicazione…) e la filiera agricola. Io, però, sono convinto che nel consorzio ci siano le giuste forze per correggere tutto… sono ottimista? forse, ma credo che molti oggi abbiano capito, o per ragione o per forza, che alzando muri non si va da nessuna parte.

  5. giovanni bosco 26 Aprile 2012 at 17:40 -

    @Filippo. La battuta che ti ho fatto e che Tu hai riportato ha bisogno di alcune spiegazioni.Il consiglio direttito deel Consorzio dell’Asti Spumante da quest’anno ha 27 consiglieri: 14 sono per la parte industriale, 2 vanno ai vinificatori e solo 11 alla parte agricola, dei quali 7 alle Cantine Sociali, 2 ai produttori di uve e 2 ai contadini-produttori di bottiglie.
    Sarebbe del tutto normale se non fosse che l'”erga omnes” è stata ottenuta grazie al mondo agricolo (40% dei contadini prouttori di uve con il 66% di prodotto).
    Concludendo: grazie al mondo agricolo il Consorzio ha l’erga omnes e può tassare tutti soci e non soci, ma dentro al Consorzio la parte agricola conta 11 consiglieri su 27.
    Qualunque persona di buon senso a questo punto si domanderebbe “ma il Consorzio dell’Asti Spumante è nato ad Asti o a Predappio?
    Buon Moscato d’Asti
    giovanni bosco

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