Succede nelle presentazione belle, come quella della terrazza Alta Langa, che giornalisti e invitati non vedano l’ora, con il debito rispetto per gli oratori, che i discorsi ufficiali finiscano per degustare i vini di cui si è parlato, magari in abbinamento a cose buone del territorio.
È successo anche ieri (13 giugno) a Moasca, però, prima di tuffarci tra i calici colmi delle “alte bollicine”, abbiamo trovato tempo e occasione di rivolgere un paio di domande al presidente del Consorzio, Giulio Bava.
Il tema è stato quello del momento: l’allargamento ad altri vitigni oltre a pinot nero e chardonnay.
Bava ha confermato ancora una volta: «Ne stiamo parlando», ma ha anche aggiunto, ed è questa la novità, che servirà un’assemblea dei produttori per confermare il sì al progetto. Ha spiegato: «Non ho intenzione di imporre una decisione che, se deve essere presa, ha bisogno di essere condivisa. Chi è contrario lo dovrà dire argomentando. Come sarà argomentata la posizione del sì al progetto».
Il presidente consortile ha illustrato i vantaggi dal suo punto di vista: possibilità di maggiori volumi e di «giocarsela» a livello internazionale vantando un blend di vitigni di tutto rispetto.
Resta da vedere, ma allo stato è davvero più che prematuro anche solo pensarlo, se oltre ad allargare la base ampelografica, cioè le tipologie di vitigni da usare per fare il vino, si avrà anche la possibilità di piantare nebbiolo per Alta Langa anche in territori lontani come l’Alessandrino o l’Ovadese.
Bava, anche per questo, lavora per avere larghe intese. Che servono come il pane perché sembra che non tutti siano concordi a far entrare il nebbiolo o altri vitigni nel disciplinare dell’Alta Langa. Giorgio Rivetti della Contratto, ad esempio, a SdP ha dichiarato: «Bisogna andare avanti con il progetto iniziale», una dichiarazione secca e ferma la sua. Altri sono convinti che l’entrata di attori albesi potrebbe essere positiva per il decollo definitivo della denominazione, ma anche in questo caso c’è chi la pensa all’opposto.
Poi ci sono le frasi non dette, per ora. «Se si parla di nebbiolo – commenta un produttore che vuole mantenere l’anonimato – perché non pensare anche a cortese e soprattutto al barbera che avrebbe dignità di entrare nel disciplinare?».
Insomma una situazione non da poco nelle mani di Bava che può contare sull’appoggio dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero il quale, testimone del nostro scambio di battute con Bava, ad un certo punto è intervenuto: «Io vedo bene un autoctono nel disciplinare dell’Alta Langa» ha detto in modo cristallino. «Ma che non siano i grappoli di diradamento del Barolo/Barbaresco!» abbiamo replicato provocatoriamente. Bava e Ferrero liquidano la nostra battuta con una risata e negato qualsiasi contrattazione con i barolisti che, secondo alcuni rumors, sarebbe in vena di farsi uno spumante docg da uve nebbiolo.
Intanto il segmento delle bollicine piemontesi va affollandosi: dopo Asti Secco, Acqui Rosé e Alta Langa, il nebbiolo sembra volere ritagliarsi una fetta tutta sua al di là di alleanze con altre docg (vedi Alta Langa). Lo dimostra la rassegna Nebbiolo Noblesse, con vetrina di spumanti tutti a base nebbiolo, prevista il 18 giugno a Torino e il 25 ad Alba, durante la quale si rilancerebbe il progetto Nebbione, spumante metodo classico di uve nebbiolo.
Il nome è così così (del resto anche l’Asti Secco ebbe problemi di naming), ma il progetto sembra tanto andare in rotta di collisione con altri brut docg piemontesi come, appunto, l’Alta Langa o l’Acqui docg Rosè.
Insomma in Piemonte se non si fa squadra si organizza un bel torneo tra squadre sorelle. Chissà chi ci gode?
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)